La Cgil chiede burocrazia contro l’afa. Glissa su Carrefour in fuga dall’Italia
È difficile farsene una ragione ma la Cgil non riesce proprio a focalizzarsi sui veri problemi dei lavoratori. L’ultima battaglia sposata dal sindacato di Maurizio Landini riguarda il caldo. Mentre le temperature si abbassano in parte dell’Italia, si chiede che i committenti pubblici e privati «si facciano parte attiva nella sospensione di lavori, servizi, forniture e manutenzioni nelle ore più calde e rinviino interventi non urgenti, riconoscendo in automatico dilazioni dei tempi di consegna o lavorazione ai fini delle responsabilità commerciali». Lo chiede Alessandro Genovesi, responsabile contrattazione inclusiva e appalti della Cgil nazionale. «Soprattutto», prosegue, «non si strumentalizzi ciò che rientra nel concetto di pubblica utilità o messa in sicurezza, come il ripristino di una linea ferroviaria dopo un guasto o una riparazione negli ospedali, con attività ordinarie o già programmate. Da diversi territori, le Camere del lavoro ci segnalano tentativi di tal fatta, nell’indifferenza delle stesse istituzioni locali». Per Genovesi, «se da una parte occorre, come richiesto da molto tempo da Cgil e le sue categorie, un intervento strutturale e immediatamente efficace contro il caldo, dall’altra serve che i grandi committenti pubblici e privati dimostrino subito di essere responsabili, non solo per motivi di responsabilità sociale, ma anche legale, sia ai sensi del decreto legislativo 81/08 sia ai sensi, per esempio, della legge 231/01 in caso di responsabilità per infortunio grave».
Insomma, per la Cgil il decreto messo in campo dal ministero del Lavoro non è sufficiente. Gli interventi su informazione-formazione, sorveglianza sanitaria, abbigliamento, riorganizzazione turni e orari di lavoro devono diventare strutturali, calati dall’alto quindi dallo stesso committente pubblico, eventualmente. Al di là dell’opportunità della misura richiesta, appare evidente che si tratterebbe di introdurre una nuova procedura burocratica non necessaria se non al solo fine di mostrarsi duri e puri sui temi del clima.
Con loro, come spesso accade, anche Alleanza verdi sinistra. «In questi giorni vediamo lavoratori che collassano per il caldo, l’asfalto che si scioglie in autostrada, incendi e blackout continui, 20 città col bollino rosso sopra i 40°: ma loro, quelli che parlano sempre (il governo, ndr), di tutto questo non vi dicono nulla», attacca il leader Nicola Fratoianni, che insiste: «Pare proprio che vivano in un mondo incantato dalla loro propaganda, ma c’è una ragione precisa per cui non parlano di queste cose: perché hanno paura che emergano i loro fallimenti. Non sono in grado di rispondere alla crisi climatica perché», conclude Fratoianni , «loro sono i campioni del climafreghismo». Con il termine «climafreghismo» si può dire raggiunto l’apice del suo intervento. E ci sarebbe da ridere se non fosse terribilmente drammatico.
Infatti mentre si attacca il governo per il caldo («governo ladro»), Carrefour annuncia 175 esuberi negli uffici centrali a Milano e non una parole viene spesa da Landini, Fratoianni e Bonelli. Forse si gioisce perché 175 lavoratori non lavoreranno al caldo, peccato che non gli verrà consentito neanche con il fresco. E questa decisione dei francesi appare solo l’inizio. Negli uffici di Milano attualmente lavorano circa 700 persone contro il migliaio dell’era pre Covid, ma quello di Carrefour viene considerato un altro passo compiuto lungo il progetto di uscita dal mercato italiano.
Ad annunciare il piano è Carrefour Italia che, in una nota, parla di «accelerare il percorso di trasformazione del business e rilanciare la sostenibilità finanziaria e commerciale dell’azienda». Dal sindacato di Landini e dalle altre sigle è arrivata solo una dichiarazione pro forma per chiedere un confronto con l’azienda. Non stupisce, considerato che la sinistra non si indigna neanche per quei migliaia di lavoratori che aspettano da anni i loro rinnovi contrattuali. Alla fine di marzo risultano in vigore 40 contratti, che regolano il trattamento economico di circa 6,9 milioni di dipendenti e corrispondono al 50,7% del monte retributivo complessivo. Quest’ultima quota sale al 65,9% nel settore privato, differenziandosi per attività economica: 100% nel settore agricolo, 42,4% nell’industria e 84,6% nei servizi privati. Nella pubblica amministrazione l’incidenza è pari a zero, in quanto i contratti rinnovati si riferiscono al triennio 2022-2024 e quindi risultano già scaduti.
Questo accade perché la Cgil non firma. Se fosse stato per loro e per la Uil, 580.000 statali non avrebbero ricevuto il rinnovo del triennio 2022-2024 arrivato due settimane fa, dopo mesi di attesa grazie al via libera di Nursing Up. E mancano ancora tutti gli altri: infatti nella Pa, se si osservano i dati, il 100% dei contratti (secondo l’ultimo report di Cnel-Istat pubblicato a fine marzo, ndr) è in attesa di essere rinnovato. L’incidenza dei rinnovi 2025 è pari a zero, in quanto i contratti rinnovati si riferiscono al triennio 2022-2024 e quindi risultano già scaduti.






