2020-03-25
«Certi generi alimentari scarseggiano perché c’è eccesso di domanda»
Luigi Scordamaglia (Ansa)
Il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia: «Lavoriamo tra mille difficoltà, anche logistiche, per nutrire il Paese. Ma la materia prima non manca».Sulla trincea del coronavirus c'è quella che in linguaggio militare si chiamerebbe l'intendenza. «Non facciamo paragoni esagerati, ma è vero che siamo impegnati tutti per nutrire l'Italia. E ogni giorno è sempre un po' più complicato». Chi parla è Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia: mette insieme dai campi ai banchi del supermercato tutto l'agroalimentare di qualità.Partiamo dagli orari dei supermercati e dal fatto che alcuni generi come la farina, le scatolette, il lievito sono di fatto introvabili. Che ne pensa?«Sono sempre stato contrario alla chiusura la domenica che tra l'altro è il secondo giorno di maggiore incasso per la grande distribuzione. Ma oggi il personale sta lavorando sotto stress, se gli diamo un giorno di riposo come peraltro ha suggerito Franco Pugliese di Conad credo sia utile e doveroso. Quanto al fatto che scarseggiano alcuni generi è perché c'è un picco di domanda. La gente compra più farina e lievito perché stando a casa sta riscoprendo - ed è un bene - le tradizioni. Ma la produzione è tarata sui consumi medi non su picchi eccezionali. Le vendite di farine, a esempio, sono aumentate del 65%. Ma stiamo ponendo rimedio. Ci sono poi più in generale difficoltà legate alla logistica. Se si fermano i trasporti perché non si fa benzina è difficile rifornire i punti vendita.».Avete firmato un manifesto per il made in Italy e di trasparenza del mercato che unisce anche tutta la grande distribuzione. Serviva?«Noi rappresentiamo all'incirca un quarto del Pil; ci sono 3,6 milioni di persone impegnate nell'agroalimentare abbiamo voluto affermare i nostri valori. I punti qualificanti sono tre: tutto il comparto dalla logistica alla trasformazione alla distribuzione è impegnato a garantire i beni necessari per le famiglie; siamo impegnati nella difesa del prodotto italiano, della salute dei cittadini e dei nostri lavoratori: le regole ci sono e le facciamo rispettare; operiamo perché sia premiato chi adotta pratiche commerciali corrette e trasparenti e denunciamo chiunque tenta di speculare comprimendo i prezzi a chi produce o innalzando artificiosamente il prezzo finale dei generi più richiesti.».Vuol dire no alle aste al massimo ribasso? «Sì e vuol dire che l'agroalimentare italiano è schierato a difesa della qualità, del prodotto italiano in un rapporto di fiducia con il consumatore e con il coltivatore che deve avere il giusto guadagno».E' possibile che manchino dei prodotti?«Nell'industria di trasformazione dobbiamo continuamente adeguare il nostro modo di produrre. Dobbiamo salvaguardare la salute dei nostri lavoratori, dunque fare fronte alle distanze di sicurezza, ai presidi personali. In più ci sono forti difficoltà logistiche: i trasportatori italiani subiscono blocchi di frontiera, gli stranieri non vogliono venire in Italia. Però dal punto di vista della materia prima chi s'approvvigiona lungo la filiera italiana non ha problemi. Non ci sono nel comparto carni, non ci sono per chi lavora cereali italiani, finora non ci sono stati nell'ortofrutta anche se il mancato arrivo dei lavoratori stagionali dall'Est Europa potrebbe creare delle difficoltà. Lo sforzo c'è ed è grande: il 75% della produzione sta nelle regioni dove il virus ha colpito più duro.».Per il latte e per la pesca si parla però di crisi conclamata.«Chiusi i bar, i ristoranti, le pasticcerie, il latte e il pescato italiano si trovano privi di sbocco. Con la grande distribuzione stiamo aprendo dei corner per il pescato italiano. L'impegno di Filiera Italia e anche del governo è di spingere a comprare italiano.»Si può dire che l'agricoltura sta ritrovando centralità?«Si. Faccio un esempio di casa mia. Mio figlio opera nella finanza e fino a ieri mi prendeva in giro: vi date da fare per due spiccioli. Oggi mi ha detto: beh penso che tu andrai avanti, io non so. Questa crisi cambierà alcuni paradigmi: la globalizzazione priva di regole, il ritenere che l'economia reale sia trascurabile. Il free trade è finito perché ha avuto una visione miope».La ripresa riesce a vederla? «Ci sono due aspetti. Il primo è come si riprenderà una parte di distribuzione: i ristoranti, i bar, quella che si chiama in gergo horeca. Come sarà il turismo. Per questo è indispensabile che si garantisca oggi con la cassa in deroga la sopravvivenza di questi settori. Vi sono parti del decreto Cura Italia che vanno migliorate. L'Inps deve erogare la cassa in deroga a presentazione di domanda, dobbiamo salvaguardare la manodopera e non possiamo perderla perché si è esaurito il plafond della prestazione di sostegno. Secondo aspetto: bisogna che sia garantita la liquidità delle aziende. Gli strumenti individuati vanno anche bene ma bisogna aumentare i volumi e semplificare. Il fondo di garanzia funziona, ma le Pmi ancora non possono accedere al credito perché si richiedono rating e certificazioni incompatibili con la crisi. I pagamenti fiscali vanno sospesi per tutto l'anno. Infine dobbiamo mettere in campo una difesa forte delle nostre produzioni e un'offensiva sui mercati esteri. La ripresa passa da qui».
Il ministro della Giustizia carlo Nordio (Imagoeconomica)