2018-12-30
Centomila italiani sterminati nei lager austriaci e tedeschi
Un prigioniero su sei non è più tornato, morto a causa di freddo, malattie e denutrizione. I soldati catturati trattati da vigliacchi.I soldati italiani caduti prigionieri degli austrotedeschi nel corso della prima guerra mondiale furono circa 600.000, come stabilito agli inizi degli anni Venti dalla Commissione reale parlamentare d'inchiesta sulle violazioni del diritto delle genti commesse dal nemico, presieduta dal magistrato di Cassazione, legislatore e senatore, Lodovico Mortara. Un numero che equivale a quello dei caduti, e la sola disfatta di Caporetto del 1917 ne fece affluire verso i campi di concentramento dell'Europa centrale oltre la metà. Di questa massa di soldati uno su sei non è più tornato a casa, perché deceduto a causa di freddo, malattie e denutrizione. La mortalità nelle fila italiane, un'ecatombe, era il triplo che tra i prigionieri francesi, e non casualmente. Per il governo e il Comando supremo quei soldati erano per pregiudizio «vigliacchi» che si erano arresi e quindi «indegni» di essere assistiti, tanto che a essi erano negati tutti quegli aiuti in vestiario, medicinali e viveri che tutte le altre nazioni garantivano ai propri militari. L'atteggiamento del comandante supremo del Regio esercito, Luigi Cadorna, non cambiò neppure alla fine del 1917 dopo il cambio al vertice con il generale Armando Diaz: più si era duri nei confronti dei soldati catturati, più si soffocava in essi la tentazione di arrendersi e farla finita con la guerra. Il poeta soldato Gabriele D'Annunzio aveva definito i soldati prigionieri «imboscati d'oltralpe» e il Comando supremo condivideva questa sprezzante e ingenerosa sintesi.L'unica speranza di aiuto era la Commissione dei prigionieri di guerra della Croce rossa italiana, con sede al civico 115 di piazza Montecitorio, a Roma, dove lavoravano febbrilmente circa 200 civili e volontari. Da giugno 1915 al 31 ottobre 1917 la Commissione smistò oltre 48 milioni di lettere, 1.897.000 richieste di informazioni (di cui 998.000 evase), 3.241.000 franchi svizzeri e 3.724.000 colli di pane. Nell'agosto 1916 più di un milione di pacchi aveva preso la via degli Imperi centrali (820.049 in Austria e 312.758 in Germania), e fin allora ne erano transitati 12.947.210 verso l'Austria e 1.915.601 in Germania. La Commissione era stata affiancata da giugno 1915 da un analogo organismo militare che gestiva invece i prigionieri di guerra austroungarici nei campi italiani, presieduto dal generale Paolo Spingardi. Questi soldati, al contrario, venivano trattati bene, per spingere i loro camerati al fronte a disertare.I campi di prigionia nei territori che all'epoca componevano gli Imperi centrali (attualmente Austria, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia) erano almeno un centinaio. I soldati italiani di truppa venivano inquadrati nelle cosiddette Compagnie di lavoro e destinati ad attività pesanti di circa 12 ore al giorno per le quali l'apporto calorico e la quantità del vitto era insufficiente; poteva però essere integrato nel caso di lavori in campagna o nelle fattorie, dove le possibilità di nutrirsi erano leggermente migliori nonostante le diffuse difficoltà di approvvigionamento nelle quali gli Imperi centrali si dibattevano. I soldati dormivano su pagliericci sistematicamente infestati da pidocchi. Ogni minima violazione del regolamento era punita con la razione a pane e acqua, la bastonatura o la tortura del palo. Quanto agli ufficiali, circa 19.500, godevano in linea di massima di condizioni più favorevoli ed erano esclusi dai lavori: ciò spiega anche perché di essi ne morirono 550, cioè meno del 3%. Le baracche di legno ospitavano solitamente dalle 100 alle 250 persone, suddivise per nazionalità e per rango: ufficiali e soldati non venivamo mai sistemati insieme. A differenza della truppa, gli ufficiali ricevevano una diaria mensile equivalente a quello dei pari grado avversari, e pacchi viveri dall'Italia; avevano poi la possibilità di acquistare cibo supplementare nei negozi dei paesi vicini ai campi, dove potevano recarsi dietro solenne impegno a non fuggire. Nei campi dell'Austria Ungheria i prigionieri venivano alimentati con caffè d'orzo al mattino, minestra acquosa con qualche foglia di rapa a mezzogiorno, una patata con una fettina di pane integrale e un'aringa la sera; un paio di volte a settimana veniva distribuita una razione di carne. Al di là della qualità e della quantità dei viveri, erano le stesse cose che costituivano il rancio dei soldati di sorveglianza. Per americani, inglesi e francesi, belgi, russi e persino serbi, invece, i pacchi dono arrivavano regolarmente.La dimensione del conflitto mondiale aveva da subito dimostrato l'inapplicabilità concreta del Trattato dell'Aja del 1907 tanto che la Croce rossa internazionale aveva creato a Ginevra l'Agenzia di soccorso a favore dei prigionieri di guerra, cui aderirono tutte le nazioni belligeranti. Era stata la Croce rossa internazionale a farsi carico dell'iniziativa di ottenere nell'aprile del 1916 che Germania, Francia ed Inghilterra si accordassero anche per lo scambio di soldati malati o feriti. Il governo italiano, invece, nonostante fosse a conoscenza delle condizioni dei lager, manteneva una linea di totale intransigenza, rifiutando ogni scambio di prigionieri, come testimoniano eloquentemente i documenti diplomatici italiani. L'idea era che la prospettiva della prigionia dovesse apparire ai soldati assai peggiore della vita di trincea e dei rischi della guerra.Dopo l'armistizio di Villa Giusti del 3 novembre 1918 il governo, pur temendo il contatto tra i soldati liberati e la popolazione civile, non ebbe il coraggio di concretizzare l'idea, risalente a marzo, di un invio in massa nella colonia di Libia. I prigionieri liberati dai lager austrotedeschi vennero però rinchiusi in campi di riordino per essere interrogati sulle modalità della loro cattura. Quelli scagionati dall'accusa di diserzione saranno inviati in licenza, poi ai reparti e quindi trasferiti in Macedonia e Albania, per essere congedati solo un anno dopo. Il 21 febbraio 1919 una parziale amnistia interesserà i reduci dei campi di riordino e il 2 settembre, col regio decreto n. 1502, arriverà l'amnistia di massa, voluta dal capo del governo Francesco Saverio Nitti, con la liberazione degli ultimi 40.000 soldati e la cancellazione di 110.000 processi, dei quali metà in corso. Centomila soldati, giovani strappati alle famiglie e alle case per una guerra lontana, non erano però tornati. Nei cimiteri di mezza Europa ci sono, dove è stato possibile recuperare e identificare i resti, le tombe di quei ragazzi falcidiati da fame, freddo e malattie, dove di tanto in tanto qualcuno depone un fiore o un lumino. A Milovice (Repubblica Ceca) qualche giorno fa l'ambasciatore italiano Aldo Amati ha reso omaggio a 5.170 caduti; e a Wroclav (Breslavia, Polonia), ai piedi del monumento ai soldati italiani la cui memoria è tenuta viva dalla console onoraria Monika Kwiatosz, è apparsa una corona dell'Associazione dei minatori polacchi.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson