2024-09-05
C’è un giudice in Germania. «L’obbligo di vaccinazione violava i diritti fondamentali»
La norma sui sanitari limitava la libertà di lavoro senza fermare i contagi: lo ammette pure il capo dell’Iss tedesco. La sinistra in pressing: «Ora la commissione d’inchiesta».C’è un’aria nuova nelle aule di giustizia tedesche. Almeno per quanto riguarda le questioni legate alla gestione della pandemia. Martedì il tribunale amministrativo di Osnabrück, nella Bassa Sassonia, ha sospeso il procedimento nei confronti di un’assistente infermieristica alla quale nel novembre 2022 era stato vietato di continuare a lavorare perché non vaccinata. Secondo i giudici amministrativi, ci sono enormi dubbi sulla costituzionalità della norma 20 della legge sulla protezione dalle infezioni, entrata in vigore il 19 marzo 2022 in strutture quali ospedali, ambulatori, Rsa. L’obbligo di vaccinazione non era giustificato, come hanno rivelato i protocolli del team di crisi Covid-19 dell’Istituto Robert Koch (Rki), oggi disponibili. «Viola il diritto fondamentale all’integrità fisica e alla libertà di lavoro», evidenziano i giudici amministrativi. Ecco perché hanno deferito il caso alla Corte costituzionale federale di Karlsruhe. La decisione del tribunale non può essere impugnata.La motivazione dell’obbligo era stata proteggere le persone vulnerabili dall’infezione da parte del personale non vaccinato, in base alle raccomandazioni dell’Istituto. Al processo ha testimoniato anche il presidente del Koch, Lars Schaade, che fu a capo della squadra anti Covid, e dal verbale è emerso che già pochi mesi dopo l’entrata in vigore della legge si sapeva che la vaccinazione non proteggeva dalla trasmissione. Perciò, il Tribunale amministrativo di Osnabrück ha messo in discussione l’indipendenza del processo decisionale, che nella primavera del 2022 portò la Corte costituzionale federale a dichiarare legali le vaccinazioni sanitarie obbligatorie: gli attuali sviluppi relativi ai protocolli Rki pubblicati mostrano altri scenari decisionali. Gli Rki-Files erano documenti riservati, migliaia di pagine di verbali dell’unità di crisi dell’Istituto con valutazioni sui vaccini anti Covid, misure di distanziamento, blocchi, chiusura delle scuole, requisiti di mascherine e altre norme che determinarono le restrizioni adottate in Germania, molto similmente a quanto avvenne in Italia. ll team di crisi Rki Covid-19 si era riunito da gennaio 2020 a giugno 2023, più volte alla settimana e a porte chiuse. Lo scorso marzo erano diventate pubbliche solo le prime parti dei verbali, desecretate dal tribunale amministrativo di Berlino, mentre a luglio un ex dipendente del Robert Koch li ha forniti a un gruppo di ricerca che ha caricato online i file. Pochi giorni fa il ministro della Salute Karl Lauterbach si è lamentato: «Ora si cerca di fare scandalo per il fatto che allora ci siamo accordati per determinare i livelli di rischio. Ma quello era un processo del tutto normale. L’Rki fornisce una valutazione, il ministero e il ministro stesso portano nella discussione il loro punto di vista tecnico». Peccato che non concordassero con le valutazioni del rischio dell’Istituto, che non lo riteneva più molto alto. Lo stesso Lauterbach ha ammesso ufficialmente di aver influenzato per motivi politici la valutazione, tant’è che Adf ne ha chiesto le dimissioni. E non è tutto: il partito politico Bsw ha chiesto una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia. C’è un altro caso che rivela una nuova sensibilità di giudici e procuratori, o forse solo la paura che non risulti più conveniente andare contro l’evidenza scientifica. Il rappresentante del procuratore generale federale, Tobias Handschell, durante il procedimento d’appello davanti al Bundesgerichshof (Bgh), Corte di giustizia federale, ha chiesto di annullare la sentenza di «perversione della giustizia» contro un giudice della famiglia di Weimar, Christian Dettmar. Un anno fa venne condannato per aver vietato le misure di protezione dal Covid nelle scuole di Weimar nella primavera del 2021. La vicenda fece molto scalpore: il giudice sosteneva il diritto dei bimbi di non subire conseguenze per l’utilizzo di mascherine. Handschell ha chiesto anche un nuovo processo in un’altra sezione del tribunale regionale di Erfurt. È convinto, infatti, che nella motivazione della sentenza mancasse qualsiasi indicazione che giustificassero l’intento del crimine.Già di per sé la notizia è un cambio di registro notevole, perché in Germania le Procure non sono indipendenti dal potere esecutivo: rientrano in una gerarchia amministrativa diretta dal ministro della Giustizia. Sempre «esiste un rischio di ingerenza politica», nelle Procure tedesche, evidenziò nel 2019 la Corte di giustizia dell’Unione europea (Curia); quindi fa scalpore una richiesta di annullamento di una sentenza di primo grado con riapertura del procedimento.L’8 aprile 2021, su richiesta di una madre con due figli in età scolare, Dettmar aveva revocato l’obbligo delle mascherine e altre misure in due scuole. L’obbligo di indossare protezioni per la bocca e il naso causerebbe ai bambini «danni fisici, psicologici ed educativi», senza alcun beneficio, si leggeva nella corposa documentazione che aveva richiesto ad esperti. Sentenziò che i test Pcr non erano idonei, fece notare che lo Stato «è responsabile della tutela del benessere del bambino».Tuttavia, il tribunale regionale superiore di Jena aveva presto annullato l’ordinanza. E nell’agosto 2023, Dettmar era stato condannato a due anni di reclusione, trasformata in libertà vigilata. Non può più esercitare come giudice. Il 20 novembre il Bundesgerichshof annuncerà la sua sentenza. L’avvocato costituzionale Volker Boehme-Neßler ha detto che «le decisioni dei tribunali basate solo sulla Rki furono sentenze errate […]. Molte violazioni dei diritti fondamentali erano incostituzionali […]. I giudici avrebbero dovuto accertare i fatti da soli». A quando, conclusioni analoghe in Italia?
Sullo sfondo Palazzo Marino a Milano (iStock). Nei due riquadri gli slogan dell’associazione Mica Macho