2021-09-19
Cause alle aziende e agenti sospesi: il pass minaccia lavoro e sicurezza
Le piccole imprese rischiano una pioggia di denunce dai dipendenti vaccinatisi dopo essere stati rimpiazzati. E da strade e carceri potrebbero mancare oltre 33.000 poliziotti. Ma Andrea Orlando ribadisce: «No ai test gratuiti».Come spesso capita quando le decisioni politiche sono dettate dall'ideologia e dalle pretese di ingegneria sociale, poi è la realtà a presentare molto presto un conto salatissimo. Siamo al 19 settembre, e da metà ottobre tutti i lavoratori, sia del settore pubblico sia del settore privato, saranno obbligati a esibire il green pass. Qual è oggi la situazione di partenza? Partiamo dal pubblico. Al di là del caos che già si è determinato a suo tempo in ambito sanitario, con diversi reparti ospedalieri sguarniti in varie parti d'Italia, ora gli stessi problemi rischiano di riprodursi in un altro ambito nevralgico: quello della sicurezza.Secondo i dati forniti a inizio settembre dal ministero degli Interni, il personale di polizia non vaccinato si aggirerebbe intorno al 20% dell'organico, oltre 20.000 unità su 98.000 circa. Quanto al comparto Difesa, i Carabinieri sarebbero all'85% di vaccinazione (su un totale di 107.000 unità), l'Esercito al 75% (su un totale di 90.000), Aeronautica e Marina all'80% (su 40.000 unità a testa). Prese in sé, si tratta di percentuali di adesione alte: ma che fare rispetto agli altri? O si adeguano all'imposizione della vaccinazione, o saranno costretti allo stillicidio di un tampone ogni 48 ore, oppure rischieranno la sospensione (oltre che la perdita dello stipendio). Ve le immaginate le conseguenze rispetto a organici già ridotti, specie per ciò che riguarda la tutela dell'ordine pubblico sul territorio? Ancora più pesanti, poi, i numeri relativi agli agenti di polizia penitenziaria: sarebbero 1 su 3, circa 13.000, i non ancora vaccinati. Inutile ribadire quanto drammatica e tesa sia già la situazione nelle carceri italiane, e quanto delicato e ingrato il lavoro degli agenti. Cosa accadrebbe se si determinassero enormi buchi nei loro organici? C'è solo da augurarsi che, davanti a questa realtà, qualcuno non si bendi gli occhi, e cominci a calcolare le conseguenze dell'obbligo vaccinale surrettiziamente imposto. E che, parallelamente, non inizi la denigrazione e l'attacco diretto alle persone che, per uno stipendio minimo, si fanno carico della nostra sicurezza. Veniamo al settore privato, che rischia a sua volta di dover affrontare problematiche notevolissime. Il discorso va diviso in due parti: da un lato, le piccole imprese; dall'altro, le medio-grandi. Per queste ultime, si pone un problema essenzialmente «quantitativo»: se i numeri dei non dotati di green pass fossero ingenti, che si fa? Si bloccano le produzioni di un'azienda fino a fine anno? Si prende atto dell'impossibilità di operare di alcuni reparti? Per le pmi, il problema - diversissimo ma ugualmente pesante - è di tipo «qualitativo». Si pensi a un'impresa sotto i 15 dipendenti, ad esempio con 7 o 8 dipendenti, ognuno dei quali è cruciale, decisivo, oltre che portatore di una formazione (e di un'informazione) insostituibile rispetto ai meccanismi aziendali e produttivi Che si fa? Si trova dalla sera alla mattina un sostituto ugualmente formato e disponibile a lavorare per soli due-tre mesi? E se nel frattempo, a sostituzione ipoteticamente avvenuta, il lavoratore sostituito cambia idea, si vaccina e si dota di green pass, come si regola la vicenda? Si finisce tutti davanti al giudice del lavoro, magari per decine o addirittura per centinaia di migliaia di casi in tutta Italia? È triste dirlo, ma siamo davanti a norme scritte da soggetti che non sanno come funzionano le imprese. E lo testimonia la sicumera con cui il ministro Andrea Orlando, ancora ieri, ha detto no al tampone gratis: «Credo giusto che il tampone abbia anche un costo più basso, ma non gratuito o sotto una certa soglia, altrimenti passerebbe il messaggio politico per cui vaccinarsi o non vaccinarsi sarebbe la stessa cosa». A testimonianza di una mentalità paternalistica e punitiva, volta a pretendere di rieducare le persone, anziché a risolvere i problemi.Questo giornale si batte ancora per l'uso a tappeto dei tamponi salivari rapidi (sia a scuola sia nelle aziende) proprio perché, per quella via, tutto risulterebbe sdrammatizzato, sarebbero tutelate e conciliate le esigenze della sicurezza con quelle della libertà, e si avrebbe uno screening costante assai più serio e affidabile dell'esibizione di un pezzo di carta. Certo, le responsabilità maggiori sono quelle della politica. Ma non piccole sono anche quelle delle parti sociali, che ora raccolgono ciò che hanno seminato, lasciando la palla totalmente in mano al decisore politico. Se ci si fosse affidati a protocolli concordati tra imprese e rappresentanti dei lavoratori, e se in quei protocolli avesse avuto un posto di rilievo proprio l'adozione dello screening di massa tramite tampone salivare a risposta immediata, un intervento a gamba tesa come quello del governo sarebbe stato certamente più difficile da imporre. Ma se invece si lascia un vuoto, qualcuno lo riempie: e lo fa, com'è avvenuto, in forma illiberale e paternalistica. E a pagare il conto chi sarà? Gli utenti dei servizi pubblici, le imprese private, e naturalmente tutti coloro che vedranno messa a rischio la propria sicurezza lavorativa.
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