2024-06-21
Causa ferma, spot per Greenpeace
L’associazione non governativa avvia la sospensiva del processo: accusa Eni di responsabilità per la crisi climatica. I verdi proseguiranno con la propaganda.Greenpeace e Re.Common, associazioni non governative che da anni contrastano Eni per gli effetti degli idrocarburi sul cambiamento climatico, provano a prendere altro tempo rispetto alla causa promossa contro il Cane a sei zampe lo scorso anno. La prima udienza - dove Eni, Mef e persino Cassa depositi e prestiti sono accusati di essere tra i responsabili della crisi climatica - era prevista per il 14 settembre. Ma ora si rischia di andare per le lunghe, anche perché si potrebbero perdere anche due anni di tempo per avere un giudizio su questa richiesta di sospensiva. La mossa delle due ong non sembra affatto casuale, dopo che pochi mesi fa, il 26 febbraio, la Corte civile di Roma ha già bocciato una causa contro lo Stato italiano («chiamata giudizio universale») promossa da vari gruppi che sostengono politiche ambientaliste. È probabile che proprio quest’ultima sentenza possa fare giurisprudenza, rendendo così del tutto inutile la causa promossa dalle due ong contro Eni. Con altri due anni di tempo, invece, le associazioni possono continuare a fare campagne ambientaliste contro le aziende petrolifere, proseguendo la loro battaglia che porta associati e donazioni. A comunicare la novità giudiziaria è l’azienda di San Donato che ieri, in una nota, ha spiegato come Re.Common e Greenpeace abbiano «chiesto la sospensione del procedimento a seguito della presentazione, da parte degli stessi, di un ricorso per regolamento di giurisdizione». Peraltro, il giudice Assunta Canonaco aveva già escluso la giurisdizione proprio nel procedimento «giudizio universale». Il tema delle cause contro lo Stato o contro le aziende di idrocarburi è ormai un trend in crescita in tutto il mondo, sull’ondata emotiva del climate change. In Olanda, Francia e Germania sono stati raggiunti anche dei risultati, ma meramente indicativi e non vincolanti. Lo Stato olandese, per esempio, nel 2019 era stato condannato dalla Corte suprema a ridurre del 25% le emissioni di CO2 nell’atmosfera entro la fine del 2020 e del 40 % entro il 2030. Secondo Eni, l’ultima iniziativa di Greenpeace e Re.Common allungherà ancora i tempi del processo, e «consentirà alle due associazioni di continuare nella propria campagna di disinformazione, perseguendo obiettivi mediatici che consentono maggiori slogan e minore rigore in termini di studio, analisi e valutazione, e la cui verifica da parte del Giudice di ciò investito viene così procrastinata proprio su iniziativa di chi aveva preteso di promuoverla». Nel 2021 una lista lunghissima delle più disparate associazioni - tra cui Medici per l’ambiente, Peppino Impastato onlus, Associazione la locomotiva e Società meteorologica italiana online - aveva deciso di fare causa al governo. Il caso «Giudizio Universale» era stato presentato sempre di fronte al Tribunale civile di Roma. La richiesta al giudice era quella di obbligare lo Stato italiano «ad adottare ogni necessaria iniziativa per l’abbattimento, entro il 2030, delle emissioni nazionali artificiali di CO2». Ma il 26 febbraio scorso il giudice Canonaco ha giudicato la richiesta di risarcimento inammissibile, anche perché le azioni compiute dallo Stato contro il cambiamento climatico sono semmai «atti amministrativi», come ha anche stabilito la Corte di cassazione. Secondo il tribunale di Roma c’erano persino evidenti errori di ammissione della domanda stessa, oltre al difetto di giurisdizione. Come è anche palese «il difetto di legittimazione ad agire dei singoli cittadini e delle associazioni» in un caso come questo dove «c’è la totale insussistenza di una responsabilità dello Stato [...]». Per la presidenza del Consiglio che si era costituita in processo, la richiesta di condanna sarebbe stata «un’inammissibile intrusione del potere giudiziario nell’ambito delle competenze del Parlamento e del governo, con ciò violando il superiore principio della separazione dei poteri».
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.