Nessuno in Europa ha criticato la Spagna, che ha diffidato Open Arms dal salvare gli immigrati, pena sanzioni fino a 900.000 euro. Per le ammende da 50.000 euro al massimo previste dal Decreto sicurezza bis di Matteo Salvini, invece, l'Italia è stata messa in croce.Altro che multe da 10.000 a 50.000 euro al massimo, come il Decreto sicurezza bis prevede per le navi di soccorso in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane. Germania e Francia sprizzano indignazione per la sanzione amministrativa elevata dal nostro Paese nei confronti di comandante, armatore e proprietario della Sea Watch, ma nulla hanno da ridire sulla penale che la Spagna ha in serbo per Open Arms. Minimo 300.000 euro fino a un massimo di 900.000, se l'imbarcazione di Óscar Camps si azzarda a trasgredire l'ordine di non salvare migranti. Un divieto del governo spagnolo giunto a gennaio di quest'anno e che aveva bloccato per tre mesi la nave dell'associazione non governativa con al suo attivo almeno 450 salvataggi in mare durante lo scorso anno. Non deve andare a prendere migranti nelle acque internazionali prossime alla Libia e portare poi il suo carico umano «in luoghi troppo lontani dalle zone di riscatto». La Spagna era stata categorica. Ad aprile un piccolo disgelo venne dal governo di Pedro Sánchez con il permesso di portare aiuti umanitari in Grecia, tenendosi però ben distante dalla zona Sar. Nulla, infatti, è cambiato per Proactiva Open Arms, deve rispettare la regola imposta, l'ha ricordato due giorni fa il direttore generale della Marina mercantile (che si occupa anche di salvataggi in mare), Benito Núñez Quintanilla, funzionario del ministero dello Sviluppo da cui dipende l'equivalente della nostra Guardia costiera, inviando una lettera di avvertimento al fondatore della Ong, Óscar Camps. Sa bene che cosa rischia, il cinquantacinquenne catalano idolo di Roberto Saviano, di Sandro Veronesi e di tutta la sinistra che mitizza i salvataggi in mare effettuati dai barconi, rifiutando di riconoscere i collegamenti con i trafficanti di esseri umani. Protestando per l'arresto della capitana Carola Rackete, Camps aveva fatto anche lo sbruffone ricordando lui stesso che Salvini non è «da solo, anche la Spagna multa chi salva vite umane», cinguettava ai suoi ammiratori facendosi bello delle penali che rischia di pagare e inondando Twitter di hashtag #meglioinprigionechecomplici. L'imprenditore, noto in Spagna per il tratto poco umano verso i suoi dipendenti e che era stato coinvolto in scandali riguardanti la sua attività commerciale, la Pro Activa Serveis Aquatics, non aveva gradito il blocco di inizio anno nelle acque di Barcellona dopo che gli era stato promesso un lavoro alle dipendenze di Salvamento Marítimo nel pattugliare il Mediterraneo. Era solo questione di tempo, Proactiva Open Arms aspettava solo il pretesto per forzare il blocco e così è stato la scorsa settimana. Approfittando delle gesta di insubordinazione della capitana Rackete, il catalano aveva twittato al mondo che era venuto il momento anche per lui di trasgredire gli ordini. Dopo una settimana di ozi a Napoli, con un fitto programma di conferenze e incontri sulla «barca simbolo di speranza», Open Arms aveva levato le ancore. Equipaggio e capo missione, l'italiano Riccardo Gatti, tornavano a salvare naufraghi perché «il confine più pericoloso del mondo è lasciato abbandonato, senza alcuna nave di salvataggio», annunciava Óscar Camps dando il via all'ennesima, intrepida missione. Subito erano arrivati gli applausi della riconfermata sindaca di Barcellona, Ada Colau, pronta ad augurare buon viaggio: «Grazie per il vostro coraggio nel dimostrare, ancora una volta, che per salvare vite umane non è necessario chiedere il permesso». Brava la Colau, non se ne perde una di occasioni per disprezzare le decisioni del governo spagnolo. Domenica la Ong aveva intercettato un barcone in avaria con circa 55 migranti a bordo, limitandosi a dare l'allarme alle nostre unità della Guardia costiera e della Guardia di finanza, ma c'è da giurare che sfiderà divieto e multe. Il documento fatto recapitare due giorni fa a Camps dice chiaramente che se l'imbarcazione si ostina a perlustrare il Mediterraneo in attesa di operazioni di salvataggio, Open Arms dovrà rientrare in qualche porto spagnolo per poi non muoversi più. Ordini ben precisi, come l'avvertimento al comandante spagnolo, Gonzalo Gómez, che se prosegue imperterrito a condurre la nave dove non gli è permesso, verrà sospeso dal titolo professionale marittimo. Non ci sembra di aver sentito alzarsi voci di biasimo dalla Germania, «contraria a criminalizzare le attività di salvataggio in mare» solo se si tratta dell'Italia. Né il governo francese si è detto scioccato per le multe che minacciano l'operato di Open Arms. Óscar Camps sfida il suo Paese e l'Europa, già ha mandato un canotto di fronte al Parlamento europeo per denunciare gli attacchi e la «criminalizzazione» delle Ong. Ieri ha ricevuto l'ennesimo riconoscimento a Barcellona, quello della Welcome talent society che premia chi fa del bene all'umanità, ma sui social c'è chi ricorda che il suo barcone è «l'autobus dei trafficanti di esseri umani».
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
Necessarie misure serie: una quota per gli extracomunitari e almeno cinque azzurri in campo di norma. L’ennesimo Mondiale è a rischio, Gravina si prenda la responsabilità. E i settori giovanili vanno ripensati.
Questo non è un pezzo nostalgico anzi è un pezzo che guarda al futuro perché mi sono semplicemente rotto le scatole di una Nazionale scialba, viziata e perdente. E - chiedo scusa a Gattuso perché adesso tocca a lui fare da parafulmine - mi innervosiscono quelle dichiarazioni stupidamente ottimiste del tipo: «Bisogna ripartire dai primi 45 minuti», perché durante il primo tempo la Norvegia era in modalità «turismo»; quando si è svegliata ci ha preso a pallonate.
(Arma dei Carabinieri)
I Carabinieri del Comando Provinciale di Vicenza hanno portato a termine l'operazione «Marshall». Arrestati 20 cittadini di nazionalità nigeriana gravemente indiziati di appartenere a un gruppo criminale transnazionale dedito al traffico di cocaina ed eroina.
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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Riduci
Gli operai di Prato protestavano per le condizioni di lavoro nel distretto del fast fashion.
La donna cinese, che sta lì davanti ai capannoni con i capi, a un certo punto urla preoccupata: «Quella no, quella è polizia!». Troppo tardi. L’agente della Digos in borghese è stata scaraventata a terra da una squadretta di padroncini cinesi del Consorzio Euroingro di Prato, impegnata in una spedizione punitiva ai danni di un gruppo operai pakistani che stanno manifestando pacificamente contro le condizioni di lavoro da semi-schiavitù. Due i poliziotti feriti. In serata, la Procura di Prato ferma tre cittadini cinesi, accusati di resistenza a pubblico cinese e lesioni, ma le indagini sono ancora in corso e la polizia sta identificando uno a uno tutti i partecipanti al blitz.
Sul cartello c'è scritto: «Per il futuro dei nostri bambini» (Getty)
Il colosso tedesco manderà a casa 35.000 lavoratori entro il 2035. Stellantis chiede pietà a Ursula von der Leyen. Salta la gigafactory di Termoli?
La politica green di Bruxelles continua a mietere vittime nell’industria dell’auto. In attesa del piano sul settore che sarà presentato dalla Commissione europea, il prossimo 10 dicembre, si allunga il bollettino dei caduti sotto i colpi della crisi. Da questo appuntamento non ci si attende uno stravolgimento delle scadenze per l’elettrificazione dell’industria dell’automotive, con la data ultima del 2035 ancora segnata sul calendario di Bruxelles e considerata incontestabile, ma alcuni aggiustamenti.





