2025-07-24
Unicredit ha rinunciato all’Ops, però l’ad di Piazzetta Meda è preoccupato da Agricole: chi vuole aggregarsi ci guarda.La scena è quella di una sfida a suon di conti, strategia e, come sempre, fiducia. Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, si presenta alla platea degli analisti il giorno dopo aver fatto un passo indietro, ritirando l’Offerta pubblica di scambio (Ops) su Banco Bpm. Ha chiuso un braccio di ferro che per otto mesi ha tenuto col fiato sospeso mercati e addetti ai lavori. Concludendo un capitolo certamente amaro, Orcel si dice «soddisfatto» dei risultati raggiunti e fa un bilancio positivo della decisione. «Ad essere sinceri, era diventata un peso per noi», dichiara, «sentivamo di stare accelerando molto più di quanto dovessimo e il valore era cambiato».Un passo indietro per fare due passi avanti? pensando a Commerzbank e alle operazioni in Grecia? Per Orcel, che aveva puntato sull’Ops come leva per consolidare ulteriormente Unicredit, la sfida adesso si sposta verso il piano industriale, dove gli obiettivi restano ambiziosi. Il ritiro dell’offerta rappresenta solo un cambio di strategia, un segnale che, nonostante la battuta d'arresto, il gruppo di Piazza Gae Aulenti è pronto a concentrarsi sul futuro. Può contare su risultati molto positivi con un semestre record. L’utile, da gennaio a giugno, raggiunge i 6,1 miliardi con un secondo trimestre da 3,3 miliardi, sopra le stime. Tanto che l’istituto ha alzato la previsione sul 2025 migliorandola su tutta la linea con ricavi oltre i 23,5 miliardi e un utile netto previsto di circa 10,5 miliardi. Nel 2027 la banca vede il risultato ad almeno 11 miliardi. Anche la distribuzione agli azionisti è destinata a crescere. Quella a valere su quest’anno sarà di almeno 9,5 miliardi, di cui almeno 4,75 miliardi in dividendi cash. Ma soprattutto Unicredit stima per gli azionisti, almeno 30 miliardi dal 2025 al 2027, di cui almeno la metà in cedole in contanti.A margine di questo scenario, Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Banco Bpm, non nasconde il proprio orgoglio per la resistenza dell’istituto, commentando il fallimento dell’Ops di Unicredit con un misto di soddisfazione e consapevolezza: «Abbiamo scelto la nostra strada, rimanendo autonomi e concentrati sulle nostre potenzialità». Ringrazia dipendenti e soci per la solidità delle loro scelte. Tuttavia riconosce che la banca resta sotto i riflettori per chiunque voglia espandersi nel credito in Italia. Castagna sa che la battaglia per il controllo del credito non è finita. Nell’azionariato dell’istituto di Piazza Meda ora svetta Credit Agricole che ha chiesto alla Bce di superare il 20%. Finora i rapporti fra l’azionista francese e l’attuale governance non hanno conosciuto incidenti. Tuttavia il futuro è tutto da scrivere. I francesi al finale di partita avranno investito circa tre miliardi senza avere nemmeno un rappresentante in consiglio. Difficile pensare che al prossimo rinnovo di consiglio mantengano un così altero distacco. Le acquisizioni non sono mai facili, e la concorrenza resta agguerrita, ma questo non cambia la strategia di Banco Bpm. Castagna esprime fiducia che la sua banca non solo resisterà alla concorrenza, ma avrà anche l’opportunità di continuare a crescere e consolidarsi, forte della propria posizione. La vera questione ora è la capacità di Banco Bpm di fare sistema e produrre risultati concreti. Secondo la nota diffusa dalla banca, l’obiettivo è chiaro: entro il 2027, un utile netto da 2,15 miliardi e oltre 6 miliardi di dividendi cumulati tra il 2024 e il 2027, grazie al fatto che distribuirà ai soci l’80% degli utili. Un piano di crescita che non si ferma nemmeno alla solidità patrimoniale, con un parametro che rimarrà stabilmente sopra il 13%. L’ambizione, insomma, è quella di continuare a fare della redditività il suo cavallo di battaglia, per sostenere una strategia di crescita solida e tangibile.Avendo rinunciato all’ Ops Unicredit dovrà fare i conti con la propria ambizione, ma anche con la realtà di un mercato bancario che si sta evolvendo velocemente. Il ritiro dell’offerta non è certo una fine, ma l’inizio di una nuova fase. Nonostante la delusione per l’operazione sfumata, Orcel non perde di vista il suo obiettivo di creare una banca sempre più forte e internazionale, capace di affrontare le sfide globali. La vera domanda, però, è se questa nuova fase sarà quella giusta per i conti di Unicredit o se, come sembra, la strada è destinata a rivelarsi più lunga e complessa di quanto previsto.Nel frattempo, Banco Bpm si prepara a riscrivere il proprio destino, armato di una strategia che ha i numeri per dimostrare, giorno dopo giorno, di non essere solo contendibile ma una realtà solida, pronta a competere nel cuore dell’Europa.
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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