2025-08-06
Caso Ramy, quattro carabinieri verso il processo
Chiuso il filone sul depistaggio nell’inchiesta per la morte del giovane durante un inseguimento a Milano. Per i pm, i testimoni sono stati minacciati e costretti dagli uomini dell’Arma a cancellare i video dell’incidente. Gli avvocati dei militari: «Siamo sconcertati».Ci sono pesanti aggiornamenti sulla «vicenda Ramy». Dopo due avvisi di chiusura delle indagini notificati ieri dai pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini della Procura di Milano, rischiano di andare a processo quattro carabinieri indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Elgaml, il diciannovenne egiziano deceduto a Milano lo scorso 24 novembre durante un inseguimento in zona Corvetto, a sud est di Milano. Due militari devono rispondere di depistaggio aggravato, perché avrebbero agito per «ostacolare o sviare l’indagine relativa al sinistro stradale con esito mortale» - e di favoreggiamento per aver costretto un testimone oculare «a cancellare dal proprio telefono cellulare» i video che riprendevano gli ultimi istanti di vita del giovane in sella allo scooter guidato dall’amico Fares Bouzidi. Non si era fermato all’alt dei carabinieri, era senza patente e guidava sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Dopo otto chilometri di inseguimento si era schiantato provocando la morte di Ramy. Per quei fatti Bouzidi e il militare alla guida della gazzella rischiano già il processo per omicidio stradale.Altri due carabinieri devono rispondere per frode processuale per essere giunti sul posto più tardi e aver costretto un ragazzo che passava in zona a cancellare «9 files» con dei «video» dell’incidente. «Cancella immediatamente il video... fammi vedere che lo hai cancellato... adesso sali in macchina perché ti prendi una denuncia». Così avrebbero agito i due carabinieri del nucleo radiomobile, 27 e 38 anni, accusati di depistaggio. Avrebbero distrutto «documenti utili» ad accertare la verità sulla morte di Ramy Elgaml. Uno di loro era a bordo, ma non alla guida, dell’Alfa Giulietta che aveva inseguito lo scooter con a bordo il diciannovenne. «Ti carico in macchina e aspetti che finiamo, dammi il documento che ti becchi una denuncia», avrebbero detto i due militari di a un secondo testimone oculare che, sul suo cellulare Samsung, aveva registrato un video dell’incidente. Il carabiniere più anziano avrebbe anche fotografato il documento d’identità del testimone per poi cancellarlo dalla memoria, così da «ostacolare le indagini» e impedire la «tempestiva identificazione» del «principale testimone oculare presente ai fatti». La vicenda aveva provocato la rabbia del quartiere di Ramy Elgaml e per due notti, tra il 24 e il 26 novembre, al Corvetto c’erano state proteste, disordini violenti e numerosi atti di vandalismo. A rischiare di andare sotto processo sono militari dell’Arma di 25, 27, 29 e 38 anni. Si devono difendere da accuse molto pesanti e dovranno sostenere spese che si prevedono rilevanti. L’ammissione al patrocinio a carico dello Stato è possibile solo se ricorrono le condizioni previste, ovvero disporre di un reddito imponibile non superiore a 12.838,01 euro. Una soglia bassissima, senza contare che se in famiglia altre persone percepiscono un reddito, vengono cumulati e il limite diventa quasi ridicolo. Certo, con il decreto Sicurezza adesso lo Stato sostiene le spese legali di carabinieri e poliziotti, fino ad un massimo di 10.000 per ogni fase del procedimento (il tetto è di 50.000 euro complessivi). «Una norma sacrosanta che le nostre forze di polizia aspettano da molto tempo, e che è nostro dovere assicurare loro», dichiarava ad aprile il premier Giorgia Meloni, annunciando il provvedimento. Le somme anticipate dallo Stato vanno restituite solo in caso di condanna per dolo e non sono richieste in caso di archiviazione.Prima, era la vergogna assoluta. Il rimborso delle spese coinvolti in procedimenti giudiziari per fatti di servizio (penali e per responsabilità civile e amministrativa) avveniva solo a processo concluso e se nei limiti definiti «congrui» dall’avvocatura dello Stato. Al massimo si poteva ottenere un anticipo spese di 5.000 euro per tutto il procedimento penale. «Ai colleghi indagati a causa dell’intervento per fermare gli assassini del brigadiere capo dei carabinieri Carlo Legrottaglie è stato corrisposto il primo anticipo sulle spese legali. Siamo a conoscenza che anche per altri colleghi, indagati per fatti di servizio, è stato riconosciuto il legittimo anticipo sulle spese legali e peritali», ha dichiarato Stefano Paoloni, segretario generale del sindacato autonomo di polizia (Sap). «È un aiuto ma non basta, per questo cerchiamo di aiutare i colleghi a stipulare polizze di tutela legale, da attivare in caso di procedimenti», fa sapere un sindacalista dell’Arma, tenuto all’anonimato. Spesso gli indagati vengono cautelativamente sospesi dal servizio e quindi percepiscono una retribuzione dimezzata. Raddoppiare l’anticipo era doveroso, ma per chi serve lo Stato e si trova suo malgrado dall’altra parte della barricata, coinvolto in un procedimento giudiziario, potersi avvalere di un avvocato di fiducia significa affrontare spese ingenti. Possono diventare insostenibili nei vari gradi di giudizio. L’onere economico della difesa rimane ancora in gran parte a carico del poliziotto o del carabiniere, nel momento in cui ha più bisogno di tutela.
Ken Follett @Gareth Iwan Jones
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