2021-03-18
Cashback verso il capolinea e antipasto per le aziende in attesa del decreto di aprile
Nel dl Sostegno 32 miliardi di ristori, poi ne arriveranno altri 25. Opposizione di Leu allo stralcio delle cartelle. E Dario Franceschini vuole sussidiare lo spettacolo.Stavolta il decreto Sostegno si avvia al Consiglio dei ministri. Ieri sera il premier, Mario Draghi, e il ministro dell'Economia, Daniele Franco, hanno incontrato per due ore gli altri ministri, mentre stamattina ci sarà un videocollegamento con i capigruppo di maggioranza. Seguirà il pre Consiglio e si spera nel parto dei tanto attesi ristori. In tutto saranno 32 miliardi, ma il grosso dei finanziamenti slitterà in un prossimo decreto. Per aprile è previsto infatti un secondo scostamento da approvare in Parlamento per una cifra che si aggira sui 25 miliardi e dovrebbe permettere di finanziare nuovi prestiti garantiti dallo Stato sul modello del dl Liquidità dello scorso anno. Nel futuro decreto di aprile ci saranno anche erogazioni a fondo perduto con l'obiettivo di rilanciare solo alcuni settori economici. Nel frattempo la partite Iva e le piccole aziende si dovranno accontentare di 12 miliardi di indennizzi da suddividere tra una platea di circa 2,8 milioni di imprenditori.Gli assegni, gestiti stavolta da Sogei, dovrebbero arrivare tutti entro un mese dal decreto. Tenendo conto che il testo passerà dall'Aula e quindi sarà soggetto a modifica. Anzi a più di una visto che i partiti di maggioranza non sono tutti allineati. Ieri si è svegliato il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. Nonostante il suo dicastero sia quello che nel 2020 ha veicolato il maggior importo di fondi, ora ne chiede altri lasciando intendere che i lavoratori dello spettacolo vanno sussidiati anche dopo la riapertura dei locali e dei teatri, «perché non si tornerà alla normalità». Si tratterà di sottrarre fondi ad altre categorie e in Parlamento non dovrebbe essere una passeggiata. A tenere banco e scaldare gli animi restano però le cartelle esattoriali. Leu, la cui presenza nel governo non si smentisce mai, cerca di opporsi a un piano di saldo e stralcio dei debiti fiscali per un periodo compreso tra il 2000 e il 2015. Vorrebbe fermare la stanghetta al 2011, rendendo però l'operazione una mossa di vera facciata e non un reale intervento di sostegno alle aziende. Per questo motivo Draghi sarebbe perplesso e si prefigge di trovare una soluzione già domattina. E non è il solo dossier su cui farà da mediatore. L'altro elemento di frizione si chiama cashback, la mossa di marketing tanto sostenuta dai grillini al tempo del Conte bis. Dopo giorni di tensione la Lega vorrebbe stoppare il progetto a fine giugno e così risparmiare circa 1 miliardo di euro. Il punto di caduta tra le due parti dovrebbe essere definito nel prossimo decreto e quindi nel testo del Def, il documento di finanza pubblica da presentare entro la metà di aprile. La sintesi però è che il cashback finisce quest'anno la sua esperienza. Da un lato c'è da festeggiare. Dall'altro viene da riflettere sui fondi sprecati per motivi elettorali. Basti pensare che l'iniziativa nasce con la scusa di contrastare l'evasione fiscale, nonostante la logica e numerosi paper economici dimostrino il contrario. Per un breve periodo, i grillini insistono pure sulla necessità di incentivare i consumi nelle classi più povere. Ora che non ci sono elezioni in vista. Cade il velo e l'operazione si dimostra per ciò che è. Un mero spreco di denaro alla pari dei 200 milioni messi sotto la voce «bonus monopattino». Ci piacerebbe che Franco e Draghi riflettessero sui fondi da utilizzare. E non avendo partiti alle spalle arrivino a imporre la logica dei numeri e dell'effetto leva. Il cambio di passo si capirà, a questo punto, soltanto ad aprile con il nuovo decreto. Ieri il Movimento ha diffuso una nota sulla pagina Facebook con l'intento di celebrare le misure varate negli ultimi quattro decreti Ristori. «Dall'inizio della pandemia, mettere in campo politiche per proteggere lavoratori, famiglie e imprese è stato il nostro obiettivo primario», si legge. «Siamo riusciti in uno sforzo mai fatto prima, che ha permesso all'Italia di gestire la crisi e non subirla, evitando tensioni sociali. Abbiamo esteso la cassa integrazione a tutte le aziende (anche quelle con un solo dipendente), assicurato loro la necessaria liquidità, previsto indennità per i lavoratori non coperti dagli ammortizzatori sociali - come quelli dello spettacolo, del turismo, gli stagionali e gli intermittenti - e abbiamo bloccato i licenziamenti». Dal momento che tutti, eccetto forse i dipendenti pubblici, sanno che non è andata così vedremo se la narrativa sarà corretta dai fatti concreti. Per mesi il Conte bis ha inseguito gli interventi economici in costante ritardo rispetto alle necessità e ai fatti. Prima chiudeva le attività economiche e poi annunciava ristori, molti dei quali non sono mai arrivati. Purtroppo, lo schema al momento non è cambiato, tanto che i 5 stelle sembrano vantare addirittura continuità con le scelte precedenti. Ultima promessa da mantenere è quella per le aziende degli sport invernali. La prima mossa del ministro Roberto Speranza nell'era Draghi è stata comunicare la sera prima il blocco delle piste da sci. Facile immaginare quanto fosse stato speso per l'organizzazione e il reclutamento. Il leghista Massimo Garavaglia in varie interviste ha annunciato 600 milioni per chi gestisce le piste da sci. Un gesto concreto e un atto dovuto.
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