2018-09-03
Case con le donazioni per i bambini: le carte inguaiano i Conticini
Dal conto su cui arrivano i soldi Unicef, parte un bonifico per il Portogallo. Pochi giorni dopo, il parente di Matteo Renzi è proprietario del villone a Cascais. E domani comincia il processo per la madre e il padre del Bullo. Contestate due fatture per prestazioni inesistenti. Il gup deciderà sul rinvio a giudizio. Dai volantini altre grane per la famiglia Renzi. Nel business delle brochure al macero spuntano uomini e società collegati all'azienda dei genitori di Matteo. Lo speciale contiene tre articoli. La saga dei 6,6 milioni di dollari, che alcuni parenti di Matteo Renzi avrebbero sottratto ai fondi per i bambini africani, si arricchisce di un nuovo capitolo grazie ad alcuni documenti di cui La Verità è entrata in possesso. Le carte sembrano dimostrare come siano stati utilizzati i soldi inviati all'estero da un conto corrente della Cassa di risparmio di Rimini riconducibile ai Conticini e sottoposto all'attenzione della Procura. Alessandro e Luca sono accusati di appropriazione indebita e autoriciclaggio, mentre il fratello Andrea, il cognato dell'ex premier, è indagato per riciclaggio. Come abbiamo già riferito, i Conticini avrebbero effettuato, via bonifico, investimenti immobiliari in Portogallo tra il 17 novembre 2015 e il 4 aprile 2017. La Procura però, negli avvisi di garanzia, non specifica quali, anche perché non ci risulta siano state effettuate rogatorie nel Paese lusitano. Ma La Verità ha scoperto che il 23 novembre 2015, alle 17 e 18 minuti, sei giorni dopo l'invio del bonifico del 17 novembre, nel registro immobiliare della Conservatoria di Cascais è stato annotato l'acquisto della spettacolare «villa Pandana» in Travessa Sao Carlos, 200 metri di area coperta e 1.215 di area scoperta. Gli acquirenti sono Alessandro Conticini e la moglie francese Valérie Quéré, i quali, ci informa l'atto, hanno scelto come regime patrimoniale la comunione dei beni. A vendere sono Fernando Carlos Rodrigues Martins, un docente di storia medioevale, e la consorte Maria Helena. A quanto risulta alla Verità l'acquisto è stato fatto «cash», cioè senza l'accensione di mutui. Dunque parte dei soldi provenienti dall'Italia e che, secondo la Procura, arrivavano dalle donazioni dell'Unicef e della Fondazione Pulitzer (che ammontavano in tutto a circa 10 milioni di dollari) sarebbero serviti per acquistare una sontuosa magione divenuta la residenza dei Conticini. Grazie a un altro documento recuperato dalla Verità in Portogallo, emerge in modo inconfutabile che un altro immobile, un'elegante palazzina di Rua de Santa Marta 66 a Lisbona, appartiene («piena proprietà», si legge nel certificato urbanistico dell'Autorità fiscale e doganale, la nostra Agenzia delle entrate) alla società anonima Cosmikocean che, come già raccontato, è di Alessandro Conticini, della moglie e di altri due soci italiani. L'edificio è in via di ristrutturazione ed è suddiviso in quattro lussuosi loft di circa 150 metri quadrati l'uno, in vendita a un prezzo complessivo di 4.360.000 euro. Anche in questo caso, considerata l'accuratezza delle rifiniture, l'affare immobiliare non pare avere lo scopo di ospitare piccoli denutriti o comunque in disgrazia, ma dà più l'idea di una speculazione immobiliare destinata a far realizzare sostanziose plusvalenze. Tra le contestazioni dei magistrati Luca Turco e Giuseppina Mione anche la sottoscrizione di obbligazioni della società Red Friar private equity limited Guernsey per 798.000 euro. Guernsey è una delle isole della Manica che gode di una tassazione privilegiata. È un «baliato» (complicato e arcaico sistema di governo retto da un «balivo») che dipende direttamente dalla Corona britannica, e non dal Regno Unito. Caratteristica di queste isole sono i pascoli (a Guernsey esiste anche una razza bovina autoctona) e una tassazione bassissima, in alcuni casi azzerata. Per questo aziende, imprenditori e celebrità spostano capitali sull'isola e molti dei loro nominativi sono emersi nei Paradise paper, come quelli del cantante degli U2 Bono Vox o della Apple, che ha trasferito su questo isolotto dalla superficie di 78 chilometri quadrati diversi uffici, dopo che l'Irlanda ha inasprito il proprio regime fiscale agevolato. Ma perché i Conticini hanno puntato proprio su Guernsey? L'isola deve essere ben conosciuta alla famiglia di Valérie, che è originaria della Bretagna e precisamente di Morlaix, cittadina a circa 130 chilometri a Sudovest dell'isola. I coniugi, poi, prima di trasferirsi in Portogallo, risultavano residenti a Guimaëc, un villaggio con meno di mille abitanti, ancora più vicino in linea d'aria a Guernsey (120 chilometri). La famigliola ha investito in una società che ha la sede a St Peter, il capoluogo dell'isola, dove a ogni cassetta postale corrispondono numerose società. La Red Friar fa parte di un gruppo diretto da un australiano residente a Guernsey con la passione per le moto (è l'editore di una rivista specializzata). Il suo nome è Warren Malschinger e risiede a Guernsey. Il quartiere generale è nell'ottocentesca Warwick House dove ha sede dal 1921 il locale Sporting club e si trova proprio di fronte all'Elizabeth college. Warren è l'amministratore delegato di Equity bridge asset management e vanta «oltre 20 anni di esperienza nel campo della finanza aziendale e degli investimenti internazionali». Il manager è direttore di più fondi onshore e offshore, tra cui il Red friar («Frate rosso»). Dalle carte apprendiamo che i Conticini non avrebbero scommesso solo su questo piccolo paradiso fiscale, ma acceso anche conti correnti in Paesi in cui il segreto bancario è abbastanza ben custodito: a Capo Verde (Banco Caboverdiano De Negòcios) e alle Seychelles (Barclays bank). Nel 2013 l'Unicef deve aver sentito puzza di bruciato e ha messo alla porta i Conticini e la loro Play therapy Africa. Ha, invece, continuato a finanziarli, almeno sino al 2016, Cecille Stell Eisenbeis, un'anziana filantropa, moglie di Michael Edgar Pulitzer, la quale, dagli Stati Uniti ha preso le loro difese, sebbene dica di averne perso le tracce tre anni fa. L'avvocato degli indagati, Federico Bagattini, raggiunto dalla Verità, risponde dal luogo di vacanza, che accidentalmente è il Portogallo. Scherzando gli domandiamo se sia volato a Lagos, nell'Algarve, per cancellare le prove contro i suoi clienti, e lui sta al gioco. Poi però precisa: «Alessandro Conticini ha usato un suo conto corrente e non deve provare che i soldi erano suoi. È la Procura che deve provare che non lo erano, e che non ne poteva disporre. Io qui ho delle persone offese che dicono che hanno fatto i controlli e che per loro è tutto regolare. Punto». Nel frattempo Alessandro e Valérie sembrano aver cambiato decisamente vita. Per esempio nel villone di Cascais, ad aprile, la signora aveva organizzato la nuova edizione del programma Clear♯1, una specie di corso pratico per accrescere l'autostima e raggiungere i propri obiettivi. «Qualunque sia il livello di avanzamento del tuo nuovo progetto (professionale o personale), desiderio profondo, percorso o progetto appena avviato, Clear porterà chiarezza per agire concretamente nella giusta direzione» si legge nella brochure di presentazione. Lo stage, di 32 ore, aveva la finalità di «delineare l'obiettivo; sviluppare la visione; ascoltare l'intuizione; accedere alle risorse; superare gli ostacoli; impostare la strategia e il piano d'azione». Una lezione che i coniugi Conticini, secondo l'accusa, devono aver introiettato con profitto. La signora risulta essere anche «professionista Ho'oponopono», un'antica pratica hawaiana di risoluzione dei problemi attraverso la riconciliazione. Letteralmente significa «metti le cose al posto giusto» e il mantra dei sacerdoti guaritori in Occidente è stato così semplificato: «Mi dispiace, ti prego perdonami, ti amo, grazie». Chissà se tanto basterà ai magistrati. Ha collaborato Luca Di LorenzoGiacomo Amadori <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/case-con-le-donazioni-per-i-bambini-le-carte-inguaiano-i-conticini-2601373569.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="e-domani-comincia-il-processo-per-la-madre-e-il-padre-del-bullo" data-post-id="2601373569" data-published-at="1758082610" data-use-pagination="False"> E domani comincia il processo per la madre e il padre del Bullo Da premier Matteo Renzi tagliò le ferie estive dei magistrati e ora, per contrappasso, i suoi genitori, Tiziano e Laura, si ritroveranno, domani 4 settembre, davanti al gup Silvia Romeo, la quale dovrà decidere se rinviarli a giudizio per l'emissione di due fatture (di 140.000 e 20.000 euro, in totale 195.200 comprensivi di Iva) per operazioni inesistenti. L'utilizzo delle ricevute è invece contestato al loro ex socio, l'immobiliarista pugliese Luigi Dagostino, agli arresti domiciliari, il quale le avrebbe fatte pagare dalla Tramor, una sua vecchia società; l'imprenditore è accusato pure di truffa per aver indotto con l'inganno i nuovi amministratori a saldare in tutta fretta i Renzi. La pm Christine von Borries nelle scorse settimane ha depositato diverse intercettazioni di Dagostino, nelle quali l'indagato parla anche di questo procedimento (ne ha un altro per reati fiscali) e inizia a fare le prime ammissioni, concedendo che era effettivamente esosa la cifra pagata ai Renzi per uno studio di fattibilità per una «struttura ricettiva e food con i relativi incoming asiatici e la logistica da e per i vari trasporti pubblici», una specie di mini Eataly per cinesi. Anche perché quel progetto non è stato rinvenuto nell'archivio della Tramor, ma solo in una mail informale inviata dalla Eventi 6 dei coniugi Renzi a Dagostino. Del progetto da 20.000 euro, pagato alla Party srl (di cui erano soci i Renzi e Dagostino) non esiste neppure questa labile traccia. Per l'accusa il pagamento era ingiustificabile. «Il mio cliente in effetti in un'intercettazione ha rilevato che era una cifra elevata, ma la Cassazione ha puntualizzato che la non congruità del prezzo pagato per una prestazione, laddove la prestazione bene o male ci sia stata, non è di per sé prova della falsità della fatturazione, se l'importo è stato versato e non restituito (sottobanco ndr)», spiega l'avvocato Alessandro Traversi. Anche perché Dagostino non avrebbe emesso le fatture per evadere. «Anzi ha pagato di più» aggiunge il difensore. Il quale, però, non specifica che a saldare il conto fu la Tramor, società che Dagostino aveva, nel frattempo, ceduto al gruppo Kering. Se la pm convincerà il Gup della falsità del documento, il Tribunale potrebbe voler capire per quale tipo di prestazione sia stato effettuato il pagamento. Con La Verità Dagostino aveva ammesso di aver versato quei soldi nel periodo in cui Tiziano lo accompagnava in numerosi incontri, soprattutto con amministratori del Pd. All'epoca il babbo era molto attivo nel partito, anche se, essendo indagato a Genova per bancarotta fraudolenta, aveva dato le dimissioni da segretario dem di Rignano sull'Arno: «Faceva parte del suo lavoro, quello della lobby, di portare magari i politici» ci disse Dagostino. E aggiunse: «Parliamoci chiaramente: era un'epoca in cui se incontravi un tale per strada, voleva stare con Renzi. Alla fine è lobbismo, ma è un lobbismo del cazzo». Avere eventualmente camuffato la prestazione da lobbista con un oggetto diverso che reato potrebbe configurare? «Il falso qualitativo: viene indicata una prestazione diversa da quella vera» ipotizza Traversi. Un esempio? «Il caso tipico è il finanziamento ai partiti politici mascherato da consulenza». Giacomo Amadori <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/case-con-le-donazioni-per-i-bambini-le-carte-inguaiano-i-conticini-2601373569.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dai-volantini-altre-grane-per-la-famiglia-renzi" data-post-id="2601373569" data-published-at="1758082610" data-use-pagination="False"> Dai volantini altre grane per la famiglia Renzi A Firenze è in corso un'inchiesta per la bancarotta della cooperativa Delivery service, in cui sono indagati anche Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori dell'ex segretario Pd. A settembre sono attesi gli avvisi di chiusura delle indagini. La madre dell'ex premier è sotto inchiesta pure a Cuneo, per concorso nel crac della Direkta srl di Mirko Provenzano (vecchio collaboratore dei Renzi), il quale ha chiesto di patteggiare un anno e otto mesi di pena per il fallimento della ditta. Nell'ambito sia delle indagini toscane sia di quelle piemontesi sono emerse questioni legate al macero dei volantini da parte delle aziende collegate ai Renzi e anche della loro Eventi 6. A Firenze lo ha raccontato ai finanzieri un distributore di brochure della Marmodiv, altra cooperativa legata al mondo renziano, mentre nel fascicolo di Cuneo sono state depositate delle mail da cui risulta che i genitori dell'ex presidente del Consiglio hanno inviato, grazie a Provenzano, diverse tonnellate di materiale in una cartiera di Gessate (Milano). Un business in cui, però, i Renzi non volevano comparire ufficialmente. A maggio una puntata di Report ha seguito il viaggio dei volantini da distruggere (un camion pieno con circa 300.000 pezzi vale attorno ai 3.000 euro di guadagno in nero) in presa diretta, aggiungendo notizie inedite su questo business. L'inchiesta è partita da un capannone di Volvera (Torino) in uso alla Gr srl, dove chi scrive aveva appreso che erano stati parcheggiati migliaia di volantini di Esselunga, all'insaputa della catena di supermercati. Dato che Gr non risulta essere un fornitore ufficiale di Esselunga, la possibilità è che siano arrivati in subappalto. La società di ipermercati, infatti, è cliente della Eventi 6 e questa risulterebbe collegata a Gr. In che rapporti siano le due aziende non è chiaro, ma da alcune fatture emesse dalle tipografie - e di cui siamo in possesso - Eventi 6 e Gr vengono citate come unico destinatario. Chi ha lavorato per la Gr racconta di percentuali di materiale non distribuito che possono superare anche il 50%. Con solo cinque mesi di storia, l'azienda in quel momento era già in grado di attirare clienti importanti e poteva contare sull'opera di diversi ex dipendenti della Dmp Italia, società dove sino a settembre 2017 ha lavorato lo stesso Provenzano (che è stato denunciato insieme con altri colleghi dalla stessa azienda per truffa e appropriazione indebita). Dallo scorso ottobre, invece, Provenzano orbiterebbe attorno alla Gr, anche se non è chiaro in quale veste. A inizio aprile, dal magazzino di Torino, dopo essere stati fermi per settimane, i volantini sono stati trasferiti a Mantova presso un magazzino di una ditta specializzata nel commercio all'ingrosso della carta da macero. Secondo il racconto di un ex camionista, Mantova è lo snodo di un grosso mercato di volantini stampati e mai distribuiti. Il flusso è continuo con circa cinque camion che ogni giorno partono da qui per andare a recuperare il materiale, dal Piemonte all'Emilia Romagna alla Toscana, con buste di soldi in contanti perché i pagamenti avverrebbero senza fattura. «Quando ci dicono dove andare a recuperare il materiale», ci ha spiegato l'ex dipendente, «ci vengono date indicazioni vaghe, numeri di telefono anonimi, in modo da disperdere le tracce il più possibile». I legami tra i vertici della Gr e il magazzino lombardo devono essere risalenti nel tempo: tra i documenti di trasporto ne risulta uno datato 30 giugno 2017 per il ritiro di circa 110.000 volantini presso la cooperativa Sds che ha tra i soci fondatori proprio l'amministratore unico di Gr. Ma il viaggio non finisce qui, perché da Mantova i volantini andrebbero anche oltre confine. «Trattandosi di materiale pubblicitario ancora in corso di validità - spiega l'ex camionista - all'estero la vendita è certamente più agevole». I furgoni possono spingersi fino alla cartiera di Krsko in Slovenia, 500 chilometri di strada. Per chiarire il percorso del materiale di Esselunga nella primavera scorsa, la cronista aveva interpellato anche Tiziano Renzi, il quale, alla domanda se Eventi 6 subappaltasse il lavoro alla Gr, si era limitato a definire l'intervistatrice «estremamente informata», aggiungendo che se il materiale avanza non è certo un suo problema. Il «problema» sarebbe di chi, come Provenzano, si è trovato negli anni a gestire questo surplus pur avendolo più volte segnalato ai clienti che quindi ne sarebbero perfettamente al corrente. «Se mi dessero il materiale giusto, mi sarei tolto il problema. Le indicazioni dei clienti sono di distribuire nelle cassette condominiali, in alcuni casi al 50, addirittura in altri casi al 30 per cento». Insomma, perché le aziende della grande distribuzione continuino a stampare più materiale rispetto a quello che, agli attuali prezzi di mercato, può essere distribuito e quindi a sostenere costi maggiorati, sembra essere un mistero anche per Provenzano: «Evidentemente i clienti regalano la carta ai distributori, il perché lo facciano non lo so» è la sua conclusione. Francesca Ronchin