2020-07-23
Casa, eredità, pensioni: ora arriva il conto
Gli economisti del Pd sono già all'opera per esaudire le richieste di Bruxelles. La tassa di successione si abbatterà sui patrimoni superiori ai 500.000 euro. Ma nel mirino ci sono anche le donazioni e quota 100, considerata un privilegio dai frugali e dai dem.Mentre la macchina mediatica di Palazzo Chigi è impegnata a far passare la narrazione di un'Europa buona e giusta, dietro le quinte, al ministero dell'Economia, i tecnici stanno preparando il piano di riforme per ottenere i soldi del Recovery fund. La task force annunciata dal premier, Giuseppe Conte, sarà solo un'altra trovata mediatica. Quello che il governo deve fare c'è già scritto nelle raccomandazioni che Bruxelles invia periodicamente a Roma ed è stato già detto nel Consiglio europeo. Nel mirino ci sono pensioni e fisco, due comparti sui quali le posizioni del Pd sono perfettamente allineate a quelle europee. Pensare che i Paesi «frugali» rinuncino alle loro battaglie rigoriste è ingenuo. L'Italia se li ritroverà presto sulla propria strada. D'altronde basta esaminare i termini dell'accordo uscito dal Consiglio per capire che abbiamo le mani legate. I piani di riforma nazionali per accedere al Recovery, dovranno essere approvati dalla Commissione in base al rispetto delle raccomandazioni Ue 2019-2020 e saranno sottoposti al giudizio dei ministri delle Finanze, a maggioranza qualificata. Significa che un gruppo di Paesi che rappresenta il 35% della popolazione (che è circa quello dei frugali) può bloccare le riforme.Infine c'è il «Super freno d'emergenza» per i successivi esborsi dei soldi, che saranno erogati in base alla verifica degli obiettivi intermedi del piano di riforma. C'è poco da brindare. L'Italia resta un sorvegliato speciale e quei Paesi che hanno dato del filo da torcere a Conte durante il Consiglio, sono pronti a contrastare qualsiasi provvedimento che ritengono sia uno spreco di risorse. Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia ci aspettano al varco, pronti a bastonarci e siccome Conte ha bisogno di soldi il prima possibile, sarà inevitabile assecondarli. Peraltro il premier non incontrerebbe grandi ostacoli nella maggioranza. Il Pd, tramite i suoi economisti di riferimento, ha espresso più volte, posizioni vicine alla linea rigorista di Bruxelles.Un vecchio pallino dell'Europa che ricorre puntualmente a ogni raccomandazione, è di tassare il patrimonio per alleggerire le imposte sul lavoro. L'ex premier Mario Monti, al grido «ce lo chiede l'Europa», impose una patrimoniale dura, introducendo l'Imu sulla prima casa e aumentando l'Ici sulle altre. Furono appesantite anche le tasse sulle proprietà di autoveicoli, sulle imbarcazioni da diporto e su tutti quei beni che non producono reddito ma sono indicatori di benessere. Il Fondo monetario internazionale non fa che suggerire il ripristino della tassa sull'abitazione principale, dicendo che l'esenzione è una anomalia ingiustificata. Nel piano delle riforme, nel capitolo fiscale, è improbabile che non ci siano misure sul settore immobiliare. È il tesoretto degli italiani. Ultimamente è riemersa l'ipotesi di tassare le successioni e le donazioni. A fare da apripista c'è uno studio dell'economista dem Fabrizio Barca, un passato nell'Ocse e poi ministro del governo Monti. Il tema è stato anche rilanciato dall'Osservatorio sui conti pubblici, guidato da Carlo Cottarelli, Mister spending review, che già si è fatto avanti per guidare la task force delle riforme. Il piano Barca-Cottarelli è di quelli che farebbero felice i rigoristi europei. Ora per l'eredità di una casa fino a 1 milione di euro non si paga nulla, ma in futuro, se passa la riforma Barca, le rendite immobiliari e i patrimoni oltre 500.000 euro, verrebbero bastonati. Se ne è parlato recentemente al Nazareno in una riunione tra il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, il viceministro Roberto Misiani e il responsabile economico, Emanuele Felice. La ricetta da seguire è quella di Barca. L'economista ha sempre sottolineato che ereditare in Europa costa mediamente il triplo rispetto all'Italia e in Francia anche dieci volte in più. Ergo, dobbiamo allinearci. Le imposte di successione ora valgono solo lo 0,05% del Pil, ma ricordiamo che circa l'80% degli italiani è proprietario di una casa che nella maggior parte dei casi passerà ai figli. La riforma Barca prevede di colpire tutte le donazioni ricevute in vita più l'eredità. La base imponibile comprenderebbe anche quote di fondi d'investimento o titoli di Stato passati da padre a figlio. La tassazione sarebbe progressiva: nulla se l'ammontare è inferiore a 500.000 euro. Tra 500.000 e 1 milione si applicherebbe il 5% e tra un milione e 5 milioni il 25%. Infine, oltre i 5 milioni il 50%. Per gli immobili il gettito sarebbe variabile a seconda che le rendite catastali rimangano quelle attuali o i valori catastali siano aggiornati al mercato. Da lungo tempo si parla di riformare il catasto ma finora oltre le chiacchiere da convegno non si è andati per timore dell'alto costo in termini di consenso politico. Ma anche limitarsi a colpire le successioni e le donazioni, è una tentazione troppo forte. Con gli occhi dei rigoristi europei, è da dieci e lode. Corrono un rischio anche le pensioni. L'Olanda ha insistito molto su quota 100, bollato come un «privilegio» da eliminare. Il dem Emanuele Felice, in sintonia, definì la riforma della Lega come «la peggiore misura di politica economica degli ultimi anni». Il Pd avrebbe voluto sostituirla con l'Ape volontaria. Il premier, Giuseppe Conte, finora ha resistito conservando la scadenza del 31 dicembre 2021 anche perché è consapevole che è un meccanismo di aggiustamento sociale capace di assorbire la crisi occupazionale. Ma fino a quando riuscirà a puntare i piedi? E chissà se ricorda che quando Bertinotti nel 2006 parlò di patrimoniale, Berlusconi vinse facile.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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