2024-02-07
Dietro le carte sul Covid l’inchiesta sui migranti che coinvolgeva anche Gori
Giorgio Gori (Imagoeconomica)
Ecco l’indagine (finita per lo più con archiviazioni) sui fondi alle coop per gestire gli stranieri, dalla quale provengono le intercettazioni sulla zona rossa a Bergamo.Hanno affrontato l’arrivo della pandemia con un misto di incapacità, impreparazione e interessi di bottega. Ma non è che con altre emergenze si comportassero molto diversamente, a cominciare dall’immigrazione. I retroscena sul Covid a Bergamo che abbiamo raccontato nei giorni scorsi con dovizia di particolari sono emersi dalle carte di un’inchiesta che riguardava, appunto, la gestione dei migranti e in cui erano coinvolti personaggi di primo piano della città lombarda.Il procedimento penale in questione è parecchio interessante, anche perché non ha avuto grande pubblicità sui media: se n’è parlato a livello locale, ma quasi per nulla fuori dai confini bergamaschi. Non era noto, per dire, che fra gli indagati ci fosse anche Giorgio Gori, a cui gli inquirenti contestavano abuso d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico. Con lui nel mirino sono finiti - tra gli altri - anche Michele Bertola, direttore generale del Comune di Bergamo; Christophe Hubert Sanchez, capo di gabinetto dello stesso Comune; Bruno Goisis, presidente della cooperativa Ruah e don Roberto Trussardi che si occupava di immigrazione per conto della associazione Diakonia, che «svolge il ruolo di strumento operativo per il perseguimento della mission di Caritas Bergamasca».Al centro della vicenda giudiziaria, dicevamo, c’è la gestione dei profughi o presunti tali. E, in particolare, il «progetto pilota di accoglienza attiva dei richiedenti asilo» chiamato Accademia dell’integrazione. Come si legge sul sito ufficiale questo progetto, nato da un accordo tra Comune di Bergamo, Caritas Bergamasca, Cooperativa Ruah e Confindustria Bergamo, è «focalizzato sulla formazione linguistica, civica e professionale, per una possibile integrazione fondata sull’autonomia e sulla legalità». Ebbene, i carabinieri ipotizzavano che il sindaco, il suo capo di gabinetto, don Trussardi e Goisis, «in concorso tra loro e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso», avessero «conseguito vantaggi economici» incassando la diaria giornaliera prevista e «di fatto recependo erogazioni pubbliche non spettanti». E come avrebbero fatto? Semplice: tramite «la costituzione dell’Accademia dell’integrazione», omettendo di comunicare alla Prefettura «l’impiego lavorativo dei migranti che percepivano emolumenti superiori all’assegno sociale previsto su base annua», condizione che ne avrebbe determinato l’uscita dal sistema di prima accoglienza. Insomma, secondo gli inquirenti l’Accademia veniva usata come una specie di bancomat per mungere soldi alla Prefettura che erogava i fondi per gli stranieri.Alla fine - ed è importante rimarcarlo - la maxi inchiesta ha partorito un topolino giudiziario. Nel giugno 2021 il gip di Bergamo ha archiviato le posizioni di 56 indagati. Per altri otto, invece, la Procura ha chiesto il loro rinvio a giudizio. Tra questi c’erano anche don Claudio Visconti, ex direttore della Caritas di Bergamo, e Goisis della cooperativa Ruah. L’ipotesi di truffa aggravata è stata derubricata in truffa semplice. E per gli indagati è scattata la «messa alla prova», una misura alternativa prevista dalla legge. Per don Visconti sono bastate cento ore di servizi sociali in dieci mesi e un’ammenda da 12.000 euro da versare al ministero dell’Interno; per Goisis, invece, 90 ore di servizi sociali in nove mesi e 6.000 euro per il ministero. Gli altri sei, tutti appartenenti alle coop Ruah e a Diakonia, hanno dovuto fornire le proprie prestazioni gratuite per enti locali o del terzo settore. Al di là degli esiti, resta suggestiva la ricostruzione dei fatti fornita dagli inquirenti. È interessante, tanto per fare un esempio, la ricostruzione fatta dagli inquirenti - anche tramite intercettazioni ambientali - di una sorta di faida tra cooperative dell’accoglienza. Bruno Goisis di Ruah, in una occasione, si fa scappare con Sanchez, il capo di gabinetto del Comune, che «il suo obiettivo è quello di portare via un po’ di soldi a don Roberto» (cioè Roberto Trussardi, direttore della Caritas e responsabile dell’area migranti dell’associazione Diakonia).Sempre dalle frasi dei Signori dell’accoglienza bergamasca captate dagli investigatori emerge poi che i centri per migranti sono una polveriera. È sempre Goisis a lamentare che «per quanto riguarda l’Accademia bisogna mettere un operatore anche di notte in quanto vi è un via vai di migranti», alcuni dei quali «non sono tanto limpidi».La questione più rilevante, tuttavia, resta la creazione della Accademia per l’integrazione, messa in piedi a partire dal 2018 e «fortemente voluta da Gori». Inizialmente, «l’Accademia avrebbe dovuto avere sede a Bergamo in via Gleno». Poi, però, «arbitrariamente i compartecipi del progetto avevano prodotto lo spostamento degli stranieri presso la struttura del Sacro Cuore. […] Tale convento in realtà era estraneo al circuito autorizzato all’accoglienza dei migranti e richiedenti asilo». In pratica hanno spostato un po’ di migranti da un grosso centro alla nuova struttura che avrebbe dovuto rappresentare il fiore all’occhiello dell’accoglienza bergamasca. La «parte politica», spiegano i carabinieri, «aveva necessità di isolare gli ospiti dell’Accademia rispetto ai migranti richiedenti asilo normalmente gestiti nella macrostruttura del Gleno (300 posti, ndr)». Le coop avrebbero avuto così «la possibilità di gestire il sito come una sorta di dependance», ampliando la capacità ricettiva dei migranti. Avrebbero così ottenuto più fondi con il massimo risparmio. Capito? L’idea era quella di utilizzare una struttura che non era in condizione adatte, dato che i vigili del fuoco avevano dichiarato inagibili alcune stanze. Il tutto per incassare di più.Da una chiacchierata tra Sanchez e Goisis - scrivono gli investigatori - sarebbe emersa «la ferma volontà di entrambi di non adempiere ai lavori finalizzati alla messa a norma di alcune camere della struttura di via Gleno». Registrati dagli inquirenti, i due gestori dell’accoglienza ammettevano di non essere esattamente in regola: «Allora noi alla Prefettura abbiamo detto che quei 16 ragazzi che devono essere spostati li teniamo ancora dentro. Li facciamo risultare tutte le mattine al Gleno ma non è vero, gli facciamo una nota dicendo che li abbiamo spostati di là. Per adesso la cosa va avanti così ma non è chiara. Perché può essere che la Prefettura ci dica li prendete e li spostate tutti. E noi stiamo imbrogliando, stiamo facendo quella cosa qua, questo giochino...». Il giochino, però, viene notato dal prefetto Elisabetta Margiacchi, la quale intima di far tornare i migranti nella struttura accreditata. Ma i padroni dell’accoglienza bergamasca non si danno per vinti. Anzi, organizzano una controffensiva, pensando di coinvolgere il sindaco e addirittura il viceministro Matteo Mauri affinché tengano a bada il prefetto. È Sanchez ad affermare: «Adesso avviso Giorgio (Gori, ndr) e faccio venire il sottosegretario a visitare l’accademia, così si tappa la bocca un po’ quella lì». «Quella lì» sarebbe il prefetto. In effetti, Gori si attiva con Mauri: «Non mi viene in mente nient’altro che portare qui il viceministro e fargli fare una visita ufficiale a cui anche il prefetto è costretto a presenziare», dice il sindaco. E, a stretto giro, si organizza con il diretto interessato: «Mi interessa fare con te questa cosa qui, la cosa in Prefettura», dice a Mauri. Il viceministro è pronto: «Sì certo». Intrigante: i politici si mobilitavano per ridurre a più miti consigli un prefetto che aveva la sola colpa di invitare al rispetto delle regole. Regole che tutti i coinvolti erano consapevoli di violare.Tra le violazioni c’erano appunto quelle relative ai soldi (pubblici) percepiti dalle strutture di accoglienza. Piccolo esempio. I migranti che risultavano ospiti dell’Accademia dell’integrazione, secondo i carabinieri risultavano pure «impiegati in attività lavorative continue con recepimento di emolumenti tali da potersi sostenere automaticamente». Tradotto: non avevano diritto all’accoglienza perché lavoravano e percepivano stipendi, ma restavano comunque all’interno del sistema di ospitalità. E lo Stato versava a Ruah e Diakonia i 26 euro al giorno previsti per ciascuno di loro.Peraltro, pare che i migranti in quella struttura non volessero andarci. È Bruno Goisis, in una intercettazione, a dichiarare: «Il problema è che pochi vogliono venire in Accademia... io ho visto buste paga che sono sconvolgenti 1.900 euro al mese di salario... mica vogliono venire in Accademia questi qua». Certo: gli stranieri guadagnavano tanto da essere autonomi, perché avrebbero dovuto stare in una struttura?Che qualcosa non tornasse nella gestione dei soldi era chiarissimo allo stesso don Trussardi, il quale in un’altra intercettazione dice al sindaco Gori, sempre a proposito dei migranti: «Se questi hanno il tempo indeterminato e prendono un mensile di 1.000 euro... ovviamente non potete chiedere la sovvenzione allo Stato perché è un rubare quei soldi». Gori sembra non capire: «Se poi quando lavorano li dobbiamo buttar fuori, scusa!». Don Trussardi replica: «Lo Stato ti dice benissimo... però si arrangiano se prendono 1.000 euro al mese, non possono prendere anche il contributo dello Stato. Hai capito? Non è del tutto sbagliato perché vuol dire assistenzialismo puro». Gori non sembra convinto: «Vabbè devo controllare cosa dice esattamente la legge».A quanto pare funzionava così: prima organizzavano l’accoglienza a loro piacimento, poi andavano a vedere la legge. Forse non tutti i coinvolti hanno commesso reati, certo. Ma lo spettacolo che hanno offerto non è dei più felici…