2025-05-01
Salari 2024 cresciuti più del carovita ma la Cgil «rovina» 2 milioni di statali
I nuovi contratti firmati nel privato hanno compensato lo stop ai rinnovi per i dipendenti pubblici, compresi gli addetti di sanità e scuola. L’opposizione politica di Landini blocca circa 20 miliardi stanziati dal governo.L’ultima fumata nera c’è stata poche ore fa. L’Aran, l’agenzia che rappresenta lo Stato nella trattativa per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego ha incontrato i sindacati per discutere dell’accordo 2022-2024. Già scaduto da un pezzo. Il precedente vertice, quello di febbraio si era concluso con un nulla di fatto e quello del 29 aprile se possibile è andato peggio. Il governo ha messo sul piatto 1 miliardo e 784 miliardi di euro (nel calderone ci sono anche 175 milioni per l’indennità di pronto soccorso, 35 milioni per la specificità infermieristica e 15 milioni per la tutela del malato) che si traducono in un aumento medio mensile di 172,37 euro per tredici mensilità. Tradotto, il 6,8% in più rispetto agli stipendi attuali. Ma niente, Cgil e Uil hanno continuato a dire di no. Così resta tutto fermo in attesa che succeda un miracolo il 22 maggio, la data del prossimo meeting. Intanto circa 580.000 lavoratori del Servizio sanitario nazionale – ci sono infermieri, tecnici e personale non dirigente – restano a bocca asciutta. Lo stesso destino che tocca (ma a onor del vero bisogna dire che in questo caso le trattative sono iniziate più tardi) a 1,28 milioni di dipendenti pubblici della scuola. Qui le cifre aumentano - l’esecutivo ha stanziato 3,2 miliardi di euro (che corrispondono ad aumento di poco superiori ai 140 euro lordi al mese) – e l’opposizione preconcetta di Cgil e Uil fa ancora più rabbia. Anche perché si allarga ad altri comparti - per esempio quello degli Enti locali (430.000 addetti di Comuni, Regioni, Province, ecc.) - che sono appesi ai voleri di Landini e Bombardieri. Non solo. Perché se non si firmano i contratti 2022-2024 diventa impossibile arrivare a un accordo per il triennio successivo, quello 2025-27, per il quale il governo ha già stanziato i fondi. Succede così che gli stessi sindacati che in questi giorni vanno in piazza a manifestare per i bassi salari degli italiani, da mesi si oppongano al rinnovo degli accordi del pubblico impiego che riguardano almeno 2 milioni di lavoratori e per i quali il governo ha già stanziato i fondi (complessivamente circa 20 miliardi). Paradossale no? Ma perché Cgil e Uil si mettono di traverso? A dir loro andrebbe recuperata tutta l’inflazione del periodo considerato. Parliamo del 17% e passa. Che tradotto in soldoni, secondo il ministro della Pa Paolo Zangrillo costerebbe al governo circa 30 miliardi di euro. Quanto una robusta finanziaria. Possibile? Assolutamente no. La dimostrazione pratica che il no di Cgil e Uil è un no politico a prescindere (anche perché con governi precedenti hanno firmato contratti bene meno consistenti e al di sotto dell’inflazione) e che sperare in una resipiscenza nei prossimi incontri ha davvero poco senso. Eppure se si rinnovano i contratti le buste paga degli italiani crescono. Lo dimostra l’andamento degli accordi nel privato e il fatto che nel 2023, ma soprattutto nel 2024, le cose sono andate meglio. Due anni fa, infatti, la crescita dei salari è stata circa del 3% (in miglioramento rispetto all’1,1% del 2022) ma va detto che l’inflazione era cresciuta del 5,9% e quindi c’è stato un ulteriore arretramento in termini reali. Mentre nel 2024 i salari (dati Istat) sono cresciuti del 3,1%, così dopo diversi anni gli incrementi delle buste paga hanno superato l’inflazione che ha galleggiato intorno all’1%. Senza dimenticare che in media l’aumento retributivo nel privato, che ha toccato il 4%, ha dovuto compensare la mancata crescita degli stipendi del pubblico impiego. In questo periodo sono state portate a casa intese che aspettavano di essere rinnovate da anni. Solo il contratto del commercio riguarda infatti 2 milioni e 800 mila lavoratori e prevede aumenti da 240 euro lordi a regime. Poi c’è l’accordo sul turismo, altri 580.000 addetti, che hanno iniziato a guadagnare 200 euro in più al mese. Quindi gli aumenti per studi professionali (215 euro in più per 600.000 persone) artigianato (215 euro in più a 510.000 impiegati), banche (435 euro in media a 285.000 bancari), industria alimentare (280 euro in più per 400.000), chimici (294 euro per i 180.000 chimici) ecc. Se si sommano sono numeri importanti. Così come sono significativi gli incrementi dei contratti di secondo livello (a fine 2024 erano cresciuta di poco meno del 20% rispetto all’anno prima), quelli per esempio sulla produttività a cui è riconosciuta (in quanto premi di risultato) una tassazione ridotta pari al 5%. Questo non vuol dire che i problemi siano risolti e che non sia necessario continuare a lavorare sull’incremento della produttività, l’innovazione tecnologica e in alcuni casi l’accorpamento di piccole o piccolissime imprese che non hanno le dimensioni per espandersi e andare all’estero. Ma di certo la dinamica contrattuale è fondamentale. E in fatto che le sigle sindacali che si lamentano per la mancata crescita delle retribuzioni in Italia, siano le prime a boicottarla, la dice lunga sul malandato stato delle relazioni industriali nel Paese.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.