2021-12-13
Caro senatore voltagabbana, come posso fidarmi di lei?
Caro senatore Gianni Marilotti, mi spiace che il grande pubblico non la apprezzi abbastanza, perché lei meriterebbe una fama imperitura.È riuscito infatti in un’impresa degna del guinness del Parlamento: in un anno ha cambiato casacca per 5 volte. Oplà, un partito. Oplà, un altro partito. E così via fino a fare cinquina che, come è noto, è il passo che precede la tombola. Lei non è un rappresentante del popolo: lei è Zelig in salsa parlamentare, la girandolina dei partiti, transfuga ad honorem. È stato eletto con i 5 stelle, poi è nel novembre 2020 passato al gruppo per le Autonomie, poi al gruppo Maie, poi al gruppo misto e infine nel Pd. Roba da mal di testa, immagino. Me la vedo, infatti, al mattino davanti allo specchio mentre si interroga amletico: ma in che gruppo sarò mai oggi? Pd? Maie? Misto? Che casacca devo mettermi? E se sbaglio ufficio? Chi sono i miei compagni di partito? Li riconoscerò o me li confonderò? Del resto uno come lei mica può essere imbrigliato: se la legislatura andrà a scadenza naturale, un altro paio di salti di quaglia non glieli toglie nessuno. Se arriva a 10, stia tranquillo, le danno un peluche in premio come alle giostre.La fantasia non le manca, anche perché di mestiere, oltre che insegnante al liceo, fa lo scrittore. Fra le sue opere alcuni titoli interessanti, fra cui L’errore: spero non si tratti di un’autobiografia. In Parlamento, però, più che la sua prosa, viene ammirata la sua coerenza: lei infatti è stato eletto con i 5 stelle annunciando la riduzione delle poltrone e poi si è fatto promotore della lotta per salvare le poltrone; ha votato sì al taglio dei parlamentari ma subito dopo è stato fra i promotori del referendum per dire no al taglio dei parlamentari; ha lottato fino all’ultimo per formare i responsabili ciampolilli che dovevano sostenere Conte e subito dopo ha chiesto asilo politico al Pd per sostenere con convinzione Draghi. Insomma al confronto un drappo al vento è un esempio di immutabile fermezza. Più che il premio Calvino, da lei meritoriamente vinto, dovrebbero darle il premio Sorelle Bandiera. O, meglio, sorelle banderuola.Lo so che non è solo nella deriva. Nei 10 mesi del governo Draghi (dati Open Parlamento) ci sono stati 109 cambi di casacca, 11 al mese, 3 a settimana. E non si tratta soltanto di un problema di malcostume: in vista delle elezioni del presidente della Repubblica il trasformismo diventa anche una questione politica. Chi può garantire i voti in un Parlamento così? Chi può escludere tranelli, trabocchetti, agguati, riedizioni dei 101 o peggio ancora? Mi permetto di scriverlo a lei perché, se nel 2018 si candidò nei 5 stelle, immagino condividesse la sacrosanta esigenza di una politica diversa, più trasparente, più leale nei confronti dei cittadini. Guardi come si è ridotto: lei è il simbolo di un’illusione che si è bruciata tra cambi di casacche, sigle incomprensibili (Maie? Cos’è?), piccoli opportunismi e altre vergogne che rendono la politica ancora più insopportabile. E incomprensibile. Se vuole, ci scriva un altro romanzo. Il titolo ce l’ha già. Ma ci perdoni se non lo leggeremo: a noi l’horror non piace.
Jose Mourinho (Getty Images)