2020-11-30
Caro ex bibitaro, diffidi di chi le dà dello statista
Caro Luigi Di Maio, scusi se torno a scriverle una cartolina per la seconda volta in così poco tempo, ma non riesco a trattenermi. Oggi mi rivolgo a lei non come ministro degli Esteri ma come ex bibitaro, improvvisamente assurto al ruolo di statista. Lei sa che io non ho mai rincorso il branco che si divertiva a prenderla in giro per i congiuntivi sbagliati e per il suo passato da steward al San Paolo. Ho sempre sostenuto, in tutti i luoghi pubblici e privati, che dopo aver visto all'opera certi professori come Mario Monti e Elsa Fornero, gli inesperti erano i benvenuti perché non avrebbero potuto far più danni degli esperti. E anzi ho rivendicato la necessità, che s'incarnava nelle istanze 5 stelle, di portare un po' d'aria fresca dentro le stanze asfittiche del palazzo.Però ricordo, io ricordo. E immagino che ricorderà anche lei. Ricorderà le palate di disprezzo che le hanno tirato addosso in quei giorni, ricorderà le irrisioni al suo italiano, alla sua inesperienza, al suo passato. Ricorderà quando la prendevano in giro per il suo entusiasmo («Abbiamo abolito la povertà») o per le sue battaglie sui vitalizi e sul reddito di cittadinanza. Ricorderà anche che non erano critiche politiche. Macché. Erano attacchi alla sua persona: «dilettante», «ex venditore di bibite», anzi con «meno professionalità di un venditore di bibite allo stadio», incapace persino di «dare consigli sulla Coca Cola», insomma un «poveraccio», in altre parole «il peggio del peggio del peggio».Lo sa, per esempio, chi usava nei suoi confronti queste parole eleganti? Renato Brunetta. Quello che oggi la definisce un esempio di «saggezza» e di «buon senso», capace di scrivere «dieci punti ben enunciati». Ha capito, caro ex bibitaro? Le è bastato scrivere un programma fumoso, un po' democristiano, con le antiche parole d'ordine sentite mille volte («rendere il debito sostenibile», «rendere più efficace la giustizia», «potenziare la scuola», «riprogettare la sanità»), sufficientemente vaghe e bolse da non spaventare nessuno, e improvvisamente non solo si è trasformato da «peggio del peggio del peggio» in una specie di Churchill da Pomigliano d'Arco. Ma ha pure imparato l'italiano.Lo vede, caro Di Maio, che miracoli avvengono dentro i palazzi del potere? Quando cercava di portare un po' di cambiamento era un ignorante che non azzeccava un congiuntivo nemmeno per sbaglio. E le sbattevano in faccia il suo passato umile come se fosse una colpa. Poi, all'improvviso, il suo passato non conta più. Sparito. Cancellato. Fino a ieri lei era considerato inadatto anche a consigliare la Coca Cola, ora invece è considerato la guida giusta per la transizione al digitale. Così, di colpo, è diventato un fenomeno della politica. E anche brillante nella prosa, che fino a ieri era da steward al San Paolo, e ora invece viene considerata degna di un Machiavelli, con venature di Manzoni. Il che mi fa venire un sospetto. O lei ha fatto una bagno nella letterature italiana. O farebbe bene a non fidarsi troppo di questi adulatori tardivi.