2024-09-10
Caro energia: l’acciaieria si ferma
Stop di una settimana alla Ast di Terni a fine settembre: «Gli alti costi delle bollette ci impediscono di confrontarci coi concorrenti sia in Asia sia nei Paesi dell’Unione».Quello che si temeva è successo. L’alto costo dell’energia penalizza le imprese italiane che non riescono più a reggere la competizione a livello internazionale. La situazione è talmente grave che alcune produzioni cominciano a fermarsi. È il caso di Arvedi acciai speciali Terni (Ast). L’azienda ha annunciato il fermo di uno dei due altiforni elettrici dell’acciaieria, per il momento per una settimana a fine settembre, attivando la cassa integrazione in area fusione. In una nota spiega che «la decisione è stata presa a causa del perdurare degli alti costi energetici che non consentono all’azienda di essere competitiva nei confronti delle crescenti importazioni dall’Asia a prezzi stracciati». Ast sottolinea che il livello del costo dell’energia in Italia, tre volte superiore a quello di altri Paesi europei dove operano i principali concorrenti, «sta condizionando il piano di rilancio dello stabilimento umbro, vanificando gli sforzi di efficientamento fin qui compiuti e i benefici degli investimenti già realizzati».L’azienda ha spiegato che «nonostante l’adozione di misure drastiche come l’acquisto di bramme asiatiche per compensare l’incremento dei costi, il divario di competitività permane, non solo nei confronti dei produttori asiatici, ma anche verso gli altri produttori siderurgici europei che beneficiano di costi energetici sensibilmente più bassi».Lo stabilimento di Terni, dal 1° gennaio al 31 luglio, ha dovuto versare mediamente 97 euro per megawattora, contro i 21 in Francia, i 32 in Germania, i 35 in Finlandia e i 62 in Spagna pagati dai produttori di acciaio inox concorrenti. Acciai speciali terni ha chiesto quindi di potere ripristinare le condizioni originali di autoproduzione grazie al collegamento diretto, già esistente, con la centrale Enel Galleto. Stando così le cose, non c’è partita. La comunicazione di Ast arriva proprio nel momento in cui Mario Draghi nel suo rapporto sul futuro della competitività Ue sottolinea che c’è un problema di caro energia. Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, commenta che «il caso di Ast come la crisi dell’automotive, sono campanelli d’allarme dell’inadeguatezza della strategia europea. L’industria del Vecchio continente sta perdendo colpi e l’attenzione esclusiva alle politiche climatiche ha favorito i competitor internazionali a cominciare dalla Cina. Il grande sbaglio è di concentrarsi solo sulle rinnovabili, dimenticando di finanziare l’offerta produttiva di gas». Quanto a Draghi, Torlizzi sottolinea che stupiscono le parole sul Green deal. «È definito come un mostro burocratico, si sottolineano i lacci burocratici che devono affrontare le imprese ma non si dice che è proprio la transizione energetica, la decarbonizzazione spinta, a penalizzare il sistema produttivo e a metterlo in condizioni di difficoltà competitiva con il resto del mondo. È questa una delle ragioni per cui l’energia in Europa è più cara che altrove. Si salvano solo quei Paesi che hanno le centrali nucleari. Noi da inizio anno paghiamo 40 euro al megawattora in più della Spagna che sta diventando un gigante manifatturiero. Per non parlare del gap con la Francia». Non a caso il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, ha rilanciato nel corso del Forum Ambrosetti a Cernobbio, il progetto del governo di spingere sul nucleare con la realizzazione di una newco italiana, con partnership tecnologica straniera, per produrre a breve i reattori di terza generazione. Il futuro non può che essere questo. C’è anche un altro tema. Oggi i gruppi extra Ue fanno incetta di grandi quantità di rottami di ferro e acciaio che sono la materia prima di qualità dell’industria siderurgica per effettuare quell’azione di riuso dei materiali necessaria alla transizione ecologica. L’Europa ne importa ogni anno milioni di tonnellate per soddisfare la domanda interna. Secondo il segretario nazionale della Fim Cisl, Valerio D’Alò, «bisognerebbe quindi incrementare la produzione europea». Il sindacalista ha ricordato che al nodo energia di Ast è legata la firma dell’accordo di programma propedeutico alla realizzazione degli 800 milioni di euro d’investimento previsti per realizzare il piano industriale dell’azienda. «Di questi, 200 milioni di investimento sono stati già realizzati, ora serve la programmazione per realizzare gli interventi per altri 600 milioni che hanno come obiettivo l’aumento dell’attuale produzione». Per D’Alò «serve quindi, mettersi in condizione di ottenere fino l’ultimo centesimo dell’investimento previsto per il sito ternano e poter così garantire un futuro industriale sostenibile». Vanno quindi completate tutte quelle opere infrastrutturali di collegamento con i porti strategici e collegamenti ferroviari per l’interconnessione dell’azienda. Una risposta alle numerose problematiche dovrebbe venire dal piano per la siderurgia annunciato da Urso e atteso entro fine settembre.
(Totaleu)
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