2022-02-16
Caro bollette, la colpa è di Berlino
La Germania, che ora pensa di obbligare le aziende a riempire gli stoccaggi in estate, con il Nord stream 2 ha bloccato i progetti per collegare l’Europa all’Africa via Italia.È atteso per venerdì il nuovo provvedimento del governo per contrastare il caro energia. Il pacchetto di norme avrà un capitolo di sostegni a famiglie e imprese, per una cifra intorno ai 5 miliardi, e una parte di modifiche all’assetto del mercato energetico. Tra queste, vi sarebbe un nuovo impulso all’estrazione di gas nazionale, con successiva vendita a clienti industriali a condizioni agevolate. Risulta dunque tempestivo il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che la settimana scorsa ha reso noto il Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), mappa delle zone in cui è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale.La Germania intanto corre ai ripari per la prossima stagione e sta pensando a una legge che obblighi le aziende energetiche che dispongono di stoccaggi a riempirli durante l’estate per garantire l’approvvigionamento in inverno, cosa che al momento è solo una facoltà.Questa settimana capiremo se il governo italiano ha in mente altro: il rischio è che, sull’onda dell’emergenza, si introducano norme che distorcono il mercato e che alla lunga si rivelano un danno. Inaugurare riforme sotto la sferza dell’ennesimo «Fate presto!» si è già dimostrato un pessimo affare. Soprattutto perché la causa dei rincari dell’energia non è il sistema dei prezzi marginali, né la mitologica speculazione, ma la debolezza geopolitica dell’Europa, un gigante dai piedi d’argilla. La politica energetica continentale è stata guidata sin qui dalla Germania, che con le proprie scelte ha imposto all’Unione due cose: gli obiettivi del programma Fit for 55 e il deciso orientamento a Est per le forniture di gas. Sul primo aspetto, il vincolo a ridurre del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030 (rispetto al 1990) è uno sforzo tremendo per il complesso economico e sociale. La leggerezza con cui questi impegni sono stati presi è sconcertante. Al 2020, cioè in 30 anni, l’Europa ha ridotto le proprie emissioni del 20%. Ora l’obiettivo è di ridurle di un altro 35%, ma in soli otto anni: un’accelerazione violenta che sta già provocando danni.Sul secondo punto, aumentare la dipendenza dal gas russo con il raddoppio del gasdotto Nord stream ha impedito all’Italia di diventare un hub continentale. Distesa com’è nel Mediterraneo, la Penisola è in posizione ideale per ricevere il gas che abbonda nel Nord Africa. I due gasdotti esistenti oggi portano la materia prima in Sicilia dall’Algeria e dalla Libia, ma con volumi ben al di sotto della capacità disponibile. Il gasdotto Tap, nonostante l’opposizione dello stesso Movimento 5 stelle che oggi ne chiede il raddoppio, è operativo dal dicembre 2020 e oggi dota l’Italia di volumi dall’Azerbaigian che diversificano il rischio geopolitico. Ma molto di più si poteva fare. Fino al 2017 c’era la possibilità di rendere l’Italia la porta di ingresso continentale del gas verso Nord. La scoperta di immensi giacimenti di gas e petrolio di Eni al largo dell’Egitto e di Cipro avrebbe potuto giustificare lo sviluppo di un altro gasdotto, l’Eastmed, con il coinvolgimento di Israele e degli Usa. Il progetto poi è caduto quando è stato chiaro che la Germania sarebbe andata avanti per la sua strada con il Nord stream 2 e quando in Italia si registrò l’opposizione della componente gialla del governo gialloblù. Non dimentichiamo poi l’opposizione generalizzata nei confronti dei rigassificatori e il fallito progetto Galsi (Gasdotto Algeria Sardegna Italia), la cui pietra tombale fu l’esclusione dalla lista delle opere prioritarie per l’Unione europea nel 2017.Dunque, è la Germania che nella partita europea è contemporaneamente banco e giocatore. Un Paese che sin dalla fondazione dell’impero tedesco nel 1871 non ha mai smesso di guardare verso Est. Una volta liberata dalla cappa del comunismo e dalla cortina di ferro, dal 1990 la Ostpolitik tedesca è sfumata sino a tornare quella che storicamente si richiama all’immediato dopo Bismarck: i tempi del «Groβraum» (i «grandi spazi»), della Mitteleuropa, del partito orientalista e della ferrovia Berlino-Baghdad, che non si fece mai ma che provocò le ire della Gran Bretagna.L’iniziativa tedesca di raddoppiare il gasdotto Nord stream, stroncando altre iniziative, ha comportato una maggiore dipendenza dell’Europa dalla Russia per la propria sicurezza energetica. Di fronte a questo disimpegno europeo, per gli Stati Uniti è diventato necessario supplire, ponendo la questione dell’appartenenza dell’Ucraina alla Nato come elemento per mantenere pressione nell’area. Lo strabismo di Berlino, divisa tra la necessità della fedeltà atlantica e la storica attrazione verso l’Est, è insomma un oggettivo fattore di instabilità geopolitica.Se ciò è vero, più che pensare a provvedimenti per tamponare le emergenze, il governo italiano dovrebbe finalmente impostare una politica industriale nazionale e una conseguente politica estera. La drammatica assenza di un disegno coerente di sviluppo economico del Paese sta provocando disastri. Restare al traino della Germania, facendoci dettare l’agenda, le priorità e le crisi internazionali non è una buona idea e i fatti lo stanno dimostrando, dall’aumento dei costi energetici alla grave crisi del settore automotive.Un atteggiamento meno succube e più dialettico in Europa è ciò che serve ora al Paese, ma è difficile che questo possa venire dal governo che deve attuare il Pnrr, cioè la forma più evoluta e raffinata del vincolo esterno.
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