
Caro Luca Bizzarri, le scrivo questa cartolina perché ho paura di non averla capita. Succede spesso con lei. Qualche giorno fa, sul Corriere della Sera si è definito «un fallimento umano»: tutti hanno ripreso la frase testuale.
E lei ha detto che non avevano capito. Quando prende in giro Salvini dice che le danno del piddino e non capiscono. Quando prende in giro la Salis dice che le danno del fascista e non capiscono. Quando canta la canzone di Prodi, dice che non capiscono. Lei non è un attore: è l’Incompreso. «Faccio il comico ma questo è sempre più difficile da capire», ha dichiarato di recente. E dire che non dovrebbe essere difficile capire che lei sia un comico: infatti fa davvero ridere. Soprattutto quando è serio. Ora però vorrei essere sicuro di aver capito bene. Leggo infatti che un film, a cui lei ha partecipato come attore insieme al suo socio Paolo Kessisoglu, intitolato Un figlio di nome Erasmus sarebbe stato finanziato con 709.000 euro, quattrini dei nostri quattrini. E avrebbe incassato una miseria: 21.881 euro. Fatti i conti, l’hanno visto 2.500 spettatori, più o meno come gli abitanti di Sesto in Alta Pusteria. Va detto che il film è stato piuttosto sfortunato, e non solo perché dedicato a Erasmus, ma anche perché uscito in piena pandemia: le torme di spettatori che avrebbero voluto vederlo, purtroppo, sono state rinchiuse in casa. Povero Incompreso: nemmeno il Covid l’ha capita. Ma resta il fatto: perché noi contribuenti dovremmo versare 709.000 euro nelle tasche di chi produce Un figlio di nome Erasmus, e per di più con due star della tv come attori? Sinceramente mi sfugge. Ma lei, dall’alto della sua sapienza, saprà spiegarmi. Del resto di fondi pubblici se ne intende, essendo stato nominato dal centrodestra (ripeto: dal centrodestra) a capo della Fondazione Palazzo Ducale. «Sono capace di farlo?», raccontò di essersi chiesto al momento della proposta. «No», si rispose. Da quel momento fece di tutto per dimostrare di aver ragione. E ci riuscì benissimo come dimostra il fatto che l’hanno rimossa in fretta. Ma allora lei ha cominciato a fare la vittima: «Mi hanno sostituito per le cose che dico». Ma quali sarebbero queste cose così pericolose che dice? La solita storia: nessuno ha capito. Strano, no? Nessuno capisce le sua parole, anche se sulle parole lei ha costruito una carriera. Genovese, 54 anni, tifoso del Genoa e di Emma Bonino, già voce di Zelensky nella versione italiana della serie tv Servitore del popolo, lei ha una sola pecca nella sua brillante carriera: cancella qualche spettacolo teatrale di troppo. Di recente le è capitato almeno due volte: la prima a Firenze è stato Salvini a boicottarla facendo arrivare il treno in ritardo, come da lei denunciato. La seconda a Genova, invece, è stata tutta colpa sua: non era pronto il testo perché lei non aveva avuto tempo di scriverlo. «Che figura di m...» si disse da solo. Ma noi la capiamo: come fa a trovare il tempo per scrivere spettacoli teatrali con tutto il tempo che passa sui social? Qui lei è una vera star, si scatena e polemizza con tutti, da Gasparri a chef Rubio, da Calenda a Simone Pillon. Quando c’è da menar le mani via tweet lei non si tira mai indietro. «Sono uno spacciatore», disse un giorno. E io le scrivo perché non ho capito bene (e daje): quando si definisce spacciatore, si riferisce a chi fuma cannabis o al suo film su Erasmus? Io ho l’impressione che siano drogati entrambi. E il secondo pure a spese nostre.






