
Al forno, fritto, con carne e pesce: a Cervia c’è il festival dedicato all’ortaggio albino. Coltivato in Romagna, Sardegna e Piemonte.È il Quasimodo degli ortaggi, il Rigoletto degli erbaggi, l’Hobbit delle verdure: ingobbito e stortignaccolo, il cardo gobbo, vegetale invernale di carattere docile e obbediente, si piega ai voleri dei cardaroli che lo fanno crescere sotto la sabbia vicino al mare o sotto terreni sabbiosi. Lo fanno per il suo bene, assicurano i coltivatori, per ripararlo dal freddo in modo e per dissotterrarlo dolce e croccante, ricco di proprietà nutritive ed energetiche. Se il «bene» per il cardo coincide anche con la gioia dei buongustai che lo aspettano trepidanti da un inverno all’altro, tanto meglio.Sono diversi i luoghi in Italia dove il cardo gobbo viene coltivato. Uno di questi è Cervia. Qui gioca in casa. Non solo perché si coltiva nelle sabbie di Pinarella, ma anche perché, da anni, viene alzato sul podio dei prodotti tipici e delle bontà del territorio insieme con il sale, l’oro bianco dei Papi, la piadina, le cozze, il pesce e la pasta fatta in casa. In più è il protagonista di una grande festa alla quale partecipano i fratelli gobbi di tutta IItalia.Ai San Tommaso che non ci credono se non mettono il naso, e soprattutto il palato, in tanta bontà suggeriamo una gita a Cervia dove è in corso la Festa del cardo gobbo, in piazza Garibaldi, dove è stata montata una dozzina di stand gastronomici che fino a lunedì distribuiranno cardi gobbi declinati in decine di modi: fritti; gnocchi con vongole e cardo; cardo della Sardegna con polpo e patate; lasagna, cardi, besciamella e salsiccia di Mora di Romagnola; cardi gratinati con tartufo nero. L’istituto alberghiero Tonino Guerra e la Locanda Acervum (dividono lo stesso stand) propongono un piatto elaborato: strozzapreti al sangiovese con crema di cardo, poverazze (vongole) e crumble di olive.Sulla costa romagnola sono già arrivati i gobbi più famosi d’Italia: dal Piemonte (attenzione: gli juventini, soprannominati «gobbi» dalle tifoserie avversarie, non c’entrano), dalla Sardegna e dalla Romagna. Sfilano sulla passerella gastronomica cervese insieme al gobbo locale, il cardo di Nizza Monferrato, il craccangiou sardo, il cardo di Bulgarnò, paesino a due passi da Cesena, il gobbo tardivo e il cardo romagnolo gigante, così chiamato per le sue dimensioni. La Romagna, si sa, si considera il Texas d’Italia: tutto è più grande che altrove, anche gli ortaggi con la gobba.Era nato a poco più di 20 chilometri da Cervia, a Forlimpopoli, Pellegrino Artusi, profeta della cucina italiana, che nella Scienza in cucina e l’arte di mangiare bene suggerisce quattro ricette ai cardoni «detti volgarmente gobbi per la loro affinità coi carciofi»: in teglia; in umido; in gratella e con la «balsamella». Sulle orme di Artusi e per dimostrare quanto è bravo il cardo in cucina, il Consorzio che si occupa dell’evento organizza da anni un Circuito gastronomico del cardo gobbo che impegna dieci ristoranti di Cervia, Cesenatico, Roncofreddo e Ravenna in serate a tema. Il circuito è partito il 12 gennaio dalla Locanda dei salinari di Cervia, è continuato nelle Officine del sale sempre a Cervia e alla Locanda Remare a Cesenatico. Le prossime tappe toccano il 2 febbraio il Quinto quarto (Cesenatico), l’8 febbraio la Locanda Acervum, nel cuore delle saline; il 16 febbraio l’Osteria dei frati (Roncofreddo); il 23 l’Osteria delle mura (Cervia); il 1° marzo il ristorante dei Pescatori (Cervia); il 7 l’osteria Circolo Aurora di Ravenna. Il giro gastronomico del cardo si concluderà il 15 marzo al Deserto (Cervia).Il cardo gobbo più famoso, l’unico a vantare il riconoscimento di presidio Slow Food, è quello di Nizza Monferrato, nella valle del Belbo, in provincia di Asti. I terreni sabbiosi intorno al fiume che fu caro a Cesare Pavese sono particolarmente adatti alla sua crescita. In settembre, quando ha raggiunto una certa altezza, i cardaroli lo incurvano al suolo coprendolo con zolle di terra per bloccare la fotosintesi clorofilliana. Il tapino cerca di tirar su la testa per farsi baciare da qualche raggio di sole, ma ogni sforzo è inutile e, da verde che era prima del seppellimento, risorge, dopo un mese, albino.Viene raccolto da ottobre a febbraio. È lo stesso metodo che usano i coltivatori d’asparagi di Bassano per donare ai buongustai i bianchi e sodi turioni. Per loro, però, la fatica è minore dei cardaroli del gobbo, visto che gli asparagi trascorrono sottoterra la loro vita vegetativa e vengono raccolti, bianchi come la porcellana, prima che facciano capolino dalle zolle.Il cardo piemontese è della varietà spadone. Appartiene alla famiglia delle asteraceae (compositae). Il suo nome scientifico è cynara cardunculus altilis. Il carciofo, cynara scolymus, è suo parente e parente degli altri gobbi. Per rilasciare al cardo di Nizza il prestigioso riconoscimento di presidio, Slow Food impone ai coltivatori un disciplinare rigido che, oltre alla varietà suddetta, esclude erbicidi, fertilizzanti e antiparassitari chimici. Gobbo sì, ma senza veleni. Bello, dolce e croccante. I gourmet ringraziano, sia quelli che lo preferiscono crudo, per assaporarlo nella pienezza del suo sapore, sia coloro che sostengono che si debba annegarlo nell’olio extravergine d’oliva, con acciughe e aglio, nella bagna cauda, la salsa bollente bandiera della gastronomia piemontese insieme con i tajarìn, la finanziera, la fonduta, il bicerìn e il gianduiotto. L’ortaggio e la salsa si amano a tal punto che il loro matrimonio a Nizza Monferrato viene frequentemente celebrato dalla Confraternita della bagna cauda e del cardo gobbo.Molto ricercato dai raffinati conoscitori del cibo è pure il cardo gobbo sardo, che sull’isola chiamano craccangiou. È un prodotto tipico, apprezzato per i suoi pregi nutrizionali e organolettici. La pianta, biennale, viene coltivata in un terreno sabbioso e ben drenato. Come gli altri fratelli gobbi viene raccolto in inverno. Il cardo sardo ha un sapore delicato e leggermente amarognolo. Si presta a molte preparazioni. Tra i piatti tipici a base di craccangiou, si annoverano il minestrone di cardi, verdure, legumi e carne; la frittata di cardi; i ravioli di cardi, piatto tipico della zona di Cagliari, e il carpaccio di cardi che viene servito come antipasto.Non sono presenti a Cervia, ma appartengono alla famiglia dei gobbi il cardone lucchese, anch’esso curvato e imbiancato in fossette nel terreno, ma anche intabarrato in carta scura o cartone per privarlo della clorofilla. Stessi sistemi di coltivazione per il cardo gobbo della Val di Cornia, tra San Vincenzo e Piombino, sulla Costa degli Etruschi.L’impiego del cardo gobbo in cucina è vasto. L’ortaggio si prepara bollito, condito con un po’ di olio e sale (lo recita anche un proverbio malandrino: «È come un cardo senza sale/ far col marito il carnevale»), fritto, in minestra, zuppa, risotti, salsa, in insalata, gratinato, come ingrediente di paste ripiene, impanato e cucinato come una cotoletta, pasticciato, in torte salate, alla parmigiana e, ovviamente, come contorno.Caterina Sforza, la temeraria mamma di Giovanni dalle Bande Nere, nemica giurata dei Borgia, autrice del Liber de experimentiis, fu una grande estimatrice del cardo e lo apprezzava nature, in infuso col vino, come decotto, ma anche seccato e polverizzato. Invitava gli amici a consumarlo per rinforzare la memoria e la vista, per guarire da cefalee e mal d’orecchi, eliminare il catarro e i cattivi umori.La medicina moderna riconosce al cardo proprietà protettive nei confronti del fegato, antinfiammatorie, antiossidanti. I vari cynara sono di valido aiuto per combattere stress e affaticamento. Chi ha una certa età ricorderà certamente il Carosello con l’attore Ernesto Calindri che sorseggiava un bicchierino di Cynar seduto nel caos del traffico cittadino, esclamando: «La forza dei nervi distesi». Per il bassissimo apporto calorico, 10 calorie ogni 100 grammi, viene consigliato nelle diete.
(IStock)
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