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2023-10-03
I cardinali lo incalzano, il Papa svicola i dubbi
Papa Francesco (Imagoeconomica)
Di dubia in dubia. Potrebbe essere questo un titolo con cui descrivere il pontificato di Francesco che, ancora una volta, alle porte del cosiddetto Sinodo sul sinodo che si aprirà domani a Roma, deve affrontare dei dubbi, delle domande di chiarimento, sotto forma di dubia posti da cardinali. Si tratta di domande formali portate al Papa e al dicastero per la Dottrina della Fede volte a suscitare una risposta «sì» o «no», domande che riguardano i nodi centrali del prossimo Sinodo, in particolare sull’insegnamento cattolico dello sviluppo della dottrina, sull’omosessualità, sulle donne prete.
Sono cinque i cardinali che hanno scritto al Papa lo scorso 10 luglio: Walter Brandmüller, tedesco, ex storico del Vaticano; Raymond Burke, Stati Uniti, già capo della Corte suprema vaticana; Juan Sandoval, Messico, arcivescovo in pensione di Guadalajara, Robert Sarah, Guinea, capo in pensione dell’ufficio liturgico del Vaticano; Joseph Zen, arcivescovo in pensione di Hong Kong. Due di questi, Brandmüller e Burke, erano parte del gruppo di quattro cardinali (gli altri erano Carlo Caffarra e Joachim Meisner, entrambi deceduti nel 2017) che nel 2016 presentarono altri dubia sui temi dell’esortazione apostolica Amoris laetitia e, in particolare, sull’accesso all’eucaristia dei divorziati risposati, una questione che accese il doppio Sinodo sulla famiglia del 2014 e 2015.
Alla missiva del 10 luglio scorso il Papa ha risposto, con una lettera piuttosto lunga (6-7 pagine), che è stata diffusa ieri pomeriggio tra i documenti dell’ex Sant’Uffizio oggi retto da un fedelissimo del Papa, il neo cardinale argentino Victor Manuel Fernandez. Ma i cinque cardinali, di quella risposta, non sono stati soddisfatti tanto che appunto il 21 agosto hanno riproposto al Papa i dubia in una nuova formulazione perché, ha scritto ieri il vaticanista Sandro Magister, «era parsa ai cinque cardinali tanto ridondante (sette fogli nell’originale in lingua spagnola) quanto vaga ed elusiva, ben lontana dal sciogliere i cinque dubia».
Il cardinale statunitense Raymond Burke ha dichiarato al National catholic register che «non si tratta di prendere posizione contro papa Francesco. Sarebbe un vero peccato se il dibattito si concentrasse sulla persona del Papa invece che sulle più gravi questioni dottrinali e disciplinari poste dall’imminente sessione del Sinodo dei vescovi».
Il primo dubbio sottoposto al Papa riguarda l’evoluzione della dottrina e l’affermazione fatta da alcuni vescovi secondo cui la rivelazione divina «va reinterpretata secondo i cambiamenti culturali del nostro tempo». Il Papa ha risposto dicendo che «i cambiamenti culturali e le nuove sfide della storia non modificano la Rivelazione, ma possono stimolarci a rendere più espliciti alcuni aspetti della sua straripante ricchezza». Cosa su cui i cinque sono d’accordo, ma la risposta «non ha centrato la nostra preoccupazione», e cioè che molti cristiani oggi sostengono che «i cambiamenti culturali e antropologici del nostro tempo dovrebbero spingere la Chiesa a insegnare il contrario di ciò che ha sempre insegnato».
Il secondo dubbio riguarda la possibilità di benedire le unioni omosessuali. Il Papa ha risposto che «non è opportuno che una diocesi, una Conferenza episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale autorizzi costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni tipo di questione» e che occorre evitare «qualsiasi tipo di rito o sacramento che possa contraddire» la concezione della Chiesa sul matrimonio. Tuttavia, Francesco ha sottolineato che «non dobbiamo perdere la carità pastorale che deve permeare tutte le nostre decisioni e i nostri atteggiamenti». Secondo i cardinali dubbiosi anche questa risposta non coglierebbe il senso della loro domanda, ossia «che la benedizione delle coppie dello stesso sesso possa comunque creare confusione, non solo in quanto potrebbe farli sembrare analoghi al matrimonio, ma anche in quanto gli atti omosessuali verrebbero presentati praticamente come un bene, o almeno come il bene possibile che Dio chiede all’uomo nel suo cammino verso di Lui».
Il quarto dubbio è quello sulla possibilità di ordinare donne prete. Francesco ha risposto citando Giovanni Paolo II, che ha insegnato circa l’impossibilità di questa ordinazione e ha scritto che «non è una definizione dogmatica, eppure deve essere rispettata da tutti». Ma ai cinque cardinali, anche in questo caso, la risposta non è risultata soddisfacente, contestando la risposta del Papa secondo cui la questione «può ancora essere ulteriormente esplorata». Il terzo e il quinto dubbio riguardano rispettivamente il concetto di sinodalità, i cardinali vedono un rischio «democratizzazione» della Chiesa, e quello dell’assoluzione dei peccati senza pentimento. Sulla sinodalità Francesco ha risposto insistendo su una «dimensione sinodale della Chiesa» che includa tutti i fedeli laici, ma i cardinali si sono detti preoccupati che la «sinodalità» venga presentata come se «rappresentasse l’autorità suprema della Chiesa» in comunione con il Papa. Sull’assoluzione del penitente il Papa ha risposto confermando l’insegnamento del Concilio di Trento, ma anche in questo caso i cinque porporati hanno riformulato il loro dubbio in modo più stringente.
A un giorno dal primo round del Sinodo sulla sinodalità, in cui le spinte progressiste sono ben forti e posizionate, si ripropone quella polarizzazione che il Papa ha sempre detto di detestare, ma che poi nei fatti rispunta fuori a ogni occasione. Anche perché risulta alla Verità che, oltre ai cinque cardinali ci sarebbero altri cardinali e vescovi che preferiscono non comparire. Sempre una minoranza, forse, ma di certo un segno di quel fiume carsico che attraversa da tempo il collegio cardinalizio e i vescovi nel mondo.
A proposito di cardinali, proprio domenica in piazza San Pietro il Papa ha creato 21 nuove berrette rosse, tutte piuttosto fedeli alla linea di papa Bergoglio che ormai ha creato la stragrande maggioranza del collegio cardinalizio. Li ha presi dalle periferie e spesso «avanzati», che è un altro modo per dire liberal. La piazza, segno dei tempi, era desolatamente semi vuota.
In Vaticano si parla di crisi climatica. Ma sembra di stare al centro sociale
Ci sono uno scienziato premio Nobel che piace ai progressisti, un’ecofemminista indiana, il gastronomo per eccellenza della sinistra al caviale, lo scrittore che desidera che non ci siano più nascite al mondo, attivisti green di Germania e Francia, e un giovane dalla Libia. Questo elenco non è l’inizio, anche se un po’ lungo, di una di quelle barzellette che non fanno, poi, così tanto ridere ma si tratta degli ospiti che parteciperanno a una conferenza che si terrà giovedì a Roma. In un’Arci? No. A una festa dell’Unità? Nemmeno. In mezzo a una strada bloccata dagli ecoteppisti di Ultima generazione, per una sorta di flashmob di approfondimento? Acqua. Per ascoltarli bisognerà essere innanzitutto dei giornalisti accreditati, perché solo loro li potranno ascoltare dal vivo. E, nel caso uno possedesse questo fortunato golden ticket di willywonkiana memoria, non deve fare altro che recarsi a lardo della Radio, davanti alla palazzina Leone XIII. A Roma. In Vaticano.Sì, perché la conferenza «Laudate Deum: voci e testimonianze sulla crisi climatica» si terrà, come riferisce un bollettino della Sala stampa della Santa Sede, all’interno della Città leonina. Come un centro sociale qualunque, il Vaticano ha promosso un’iniziativa che, a essere buoni, può essere definita «un filo» a senso unico visto. Il premio Nobel presente sarà il fisico Giorgio Parisi, ultimamente disperato per la perdita di fiducia nei confronti della scienza ma che mette la mano sul fuoco sulla sola origine antropica del surriscaldamento globale, ignorando una ormai ricca produzioni di studi che smentiscono questa teoria. Insieme a lui siederà l’indiana Vandana Shiva, ecofemminista e da tempo portata su palmo di mano dall’Osservatore Romano ma accusata di diffondere notizie false sul clima e odio. Ci sarà Carlo Petrini, tra i fondatori del Pd ma meritoriamente difensore del cibo made in Italy nei confronti di quello sintetico. Fin qui si tratta di personaggi che, magari, possono far storcere il naso considerando organizzatore e sede dell’evento. I problemi, e pure grossi nascono con Jonathan Safran Foer, scrittore e uno dei maggiori sostenitori e propagatori della teoria che, per difendere l’ambiente, sia necessario non fare figli. Un malthusianesimo verde che stride e non poco con il biblico invito «Crescete, moltiplicatevi e riempite la Terra», comandato da Dio stesso a Noè. Poi, chi detta l’agenda ambientalista negli ultimi tempi? Quelli di Friday for future, naturalmente. Vuoi non invitarne uno per dare quel tocco di movimentarismo studentesco che sa tanto di politicamente corretto? E così il Vaticano spalancherà le porte a Luisa-Marie Neubauer, la Greta tedesca, famosa, oltre che per essere emule della scioperante svedese, per aver incassato assegni milionari a sostegno delle cause per cui «combatte» da George Soros e dalla Fondazione Bill e Melinda Gates. Dal collettivo francese «Lotta e contemplazione» arriva l’altro attivista al tavolo dei relatori, Benoit Halgand. Mentre Jubran Ali Mohammed Ali è stato invitato perché, recita la qualifica, è un «giovane dalla Libia».
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«Modernizzazione» della fede, benedizione dei gay, donne prete, sinodalità e pentimento: Francesco non risponde alle domande avanzate da altrettanti porporati conservatori. E intanto plasma il nuovo Concistoro con 21 nomine in una piazza San Pietro deserta. Giovedì tavola rotonda per pochi intimi con, addirittura, chi predica le culle vuote. Lo speciale contiene due articoli. Di dubia in dubia. Potrebbe essere questo un titolo con cui descrivere il pontificato di Francesco che, ancora una volta, alle porte del cosiddetto Sinodo sul sinodo che si aprirà domani a Roma, deve affrontare dei dubbi, delle domande di chiarimento, sotto forma di dubia posti da cardinali. Si tratta di domande formali portate al Papa e al dicastero per la Dottrina della Fede volte a suscitare una risposta «sì» o «no», domande che riguardano i nodi centrali del prossimo Sinodo, in particolare sull’insegnamento cattolico dello sviluppo della dottrina, sull’omosessualità, sulle donne prete.Sono cinque i cardinali che hanno scritto al Papa lo scorso 10 luglio: Walter Brandmüller, tedesco, ex storico del Vaticano; Raymond Burke, Stati Uniti, già capo della Corte suprema vaticana; Juan Sandoval, Messico, arcivescovo in pensione di Guadalajara, Robert Sarah, Guinea, capo in pensione dell’ufficio liturgico del Vaticano; Joseph Zen, arcivescovo in pensione di Hong Kong. Due di questi, Brandmüller e Burke, erano parte del gruppo di quattro cardinali (gli altri erano Carlo Caffarra e Joachim Meisner, entrambi deceduti nel 2017) che nel 2016 presentarono altri dubia sui temi dell’esortazione apostolica Amoris laetitia e, in particolare, sull’accesso all’eucaristia dei divorziati risposati, una questione che accese il doppio Sinodo sulla famiglia del 2014 e 2015.Alla missiva del 10 luglio scorso il Papa ha risposto, con una lettera piuttosto lunga (6-7 pagine), che è stata diffusa ieri pomeriggio tra i documenti dell’ex Sant’Uffizio oggi retto da un fedelissimo del Papa, il neo cardinale argentino Victor Manuel Fernandez. Ma i cinque cardinali, di quella risposta, non sono stati soddisfatti tanto che appunto il 21 agosto hanno riproposto al Papa i dubia in una nuova formulazione perché, ha scritto ieri il vaticanista Sandro Magister, «era parsa ai cinque cardinali tanto ridondante (sette fogli nell’originale in lingua spagnola) quanto vaga ed elusiva, ben lontana dal sciogliere i cinque dubia».Il cardinale statunitense Raymond Burke ha dichiarato al National catholic register che «non si tratta di prendere posizione contro papa Francesco. Sarebbe un vero peccato se il dibattito si concentrasse sulla persona del Papa invece che sulle più gravi questioni dottrinali e disciplinari poste dall’imminente sessione del Sinodo dei vescovi».Il primo dubbio sottoposto al Papa riguarda l’evoluzione della dottrina e l’affermazione fatta da alcuni vescovi secondo cui la rivelazione divina «va reinterpretata secondo i cambiamenti culturali del nostro tempo». Il Papa ha risposto dicendo che «i cambiamenti culturali e le nuove sfide della storia non modificano la Rivelazione, ma possono stimolarci a rendere più espliciti alcuni aspetti della sua straripante ricchezza». Cosa su cui i cinque sono d’accordo, ma la risposta «non ha centrato la nostra preoccupazione», e cioè che molti cristiani oggi sostengono che «i cambiamenti culturali e antropologici del nostro tempo dovrebbero spingere la Chiesa a insegnare il contrario di ciò che ha sempre insegnato».Il secondo dubbio riguarda la possibilità di benedire le unioni omosessuali. Il Papa ha risposto che «non è opportuno che una diocesi, una Conferenza episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale autorizzi costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni tipo di questione» e che occorre evitare «qualsiasi tipo di rito o sacramento che possa contraddire» la concezione della Chiesa sul matrimonio. Tuttavia, Francesco ha sottolineato che «non dobbiamo perdere la carità pastorale che deve permeare tutte le nostre decisioni e i nostri atteggiamenti». Secondo i cardinali dubbiosi anche questa risposta non coglierebbe il senso della loro domanda, ossia «che la benedizione delle coppie dello stesso sesso possa comunque creare confusione, non solo in quanto potrebbe farli sembrare analoghi al matrimonio, ma anche in quanto gli atti omosessuali verrebbero presentati praticamente come un bene, o almeno come il bene possibile che Dio chiede all’uomo nel suo cammino verso di Lui».Il quarto dubbio è quello sulla possibilità di ordinare donne prete. Francesco ha risposto citando Giovanni Paolo II, che ha insegnato circa l’impossibilità di questa ordinazione e ha scritto che «non è una definizione dogmatica, eppure deve essere rispettata da tutti». Ma ai cinque cardinali, anche in questo caso, la risposta non è risultata soddisfacente, contestando la risposta del Papa secondo cui la questione «può ancora essere ulteriormente esplorata». Il terzo e il quinto dubbio riguardano rispettivamente il concetto di sinodalità, i cardinali vedono un rischio «democratizzazione» della Chiesa, e quello dell’assoluzione dei peccati senza pentimento. Sulla sinodalità Francesco ha risposto insistendo su una «dimensione sinodale della Chiesa» che includa tutti i fedeli laici, ma i cardinali si sono detti preoccupati che la «sinodalità» venga presentata come se «rappresentasse l’autorità suprema della Chiesa» in comunione con il Papa. Sull’assoluzione del penitente il Papa ha risposto confermando l’insegnamento del Concilio di Trento, ma anche in questo caso i cinque porporati hanno riformulato il loro dubbio in modo più stringente.A un giorno dal primo round del Sinodo sulla sinodalità, in cui le spinte progressiste sono ben forti e posizionate, si ripropone quella polarizzazione che il Papa ha sempre detto di detestare, ma che poi nei fatti rispunta fuori a ogni occasione. Anche perché risulta alla Verità che, oltre ai cinque cardinali ci sarebbero altri cardinali e vescovi che preferiscono non comparire. Sempre una minoranza, forse, ma di certo un segno di quel fiume carsico che attraversa da tempo il collegio cardinalizio e i vescovi nel mondo.A proposito di cardinali, proprio domenica in piazza San Pietro il Papa ha creato 21 nuove berrette rosse, tutte piuttosto fedeli alla linea di papa Bergoglio che ormai ha creato la stragrande maggioranza del collegio cardinalizio. Li ha presi dalle periferie e spesso «avanzati», che è un altro modo per dire liberal. La piazza, segno dei tempi, era desolatamente semi vuota.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cardinali-incalzano-papa-svicola-2665785881.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-vaticano-si-parla-di-crisi-climatica-ma-sembra-di-stare-al-centro-sociale" data-post-id="2665785881" data-published-at="1696331639" data-use-pagination="False"> In Vaticano si parla di crisi climatica. Ma sembra di stare al centro sociale Ci sono uno scienziato premio Nobel che piace ai progressisti, un’ecofemminista indiana, il gastronomo per eccellenza della sinistra al caviale, lo scrittore che desidera che non ci siano più nascite al mondo, attivisti green di Germania e Francia, e un giovane dalla Libia. Questo elenco non è l’inizio, anche se un po’ lungo, di una di quelle barzellette che non fanno, poi, così tanto ridere ma si tratta degli ospiti che parteciperanno a una conferenza che si terrà giovedì a Roma. In un’Arci? No. A una festa dell’Unità? Nemmeno. In mezzo a una strada bloccata dagli ecoteppisti di Ultima generazione, per una sorta di flashmob di approfondimento? Acqua. Per ascoltarli bisognerà essere innanzitutto dei giornalisti accreditati, perché solo loro li potranno ascoltare dal vivo. E, nel caso uno possedesse questo fortunato golden ticket di willywonkiana memoria, non deve fare altro che recarsi a lardo della Radio, davanti alla palazzina Leone XIII. A Roma. In Vaticano.Sì, perché la conferenza «Laudate Deum: voci e testimonianze sulla crisi climatica» si terrà, come riferisce un bollettino della Sala stampa della Santa Sede, all’interno della Città leonina. Come un centro sociale qualunque, il Vaticano ha promosso un’iniziativa che, a essere buoni, può essere definita «un filo» a senso unico visto. Il premio Nobel presente sarà il fisico Giorgio Parisi, ultimamente disperato per la perdita di fiducia nei confronti della scienza ma che mette la mano sul fuoco sulla sola origine antropica del surriscaldamento globale, ignorando una ormai ricca produzioni di studi che smentiscono questa teoria. Insieme a lui siederà l’indiana Vandana Shiva, ecofemminista e da tempo portata su palmo di mano dall’Osservatore Romano ma accusata di diffondere notizie false sul clima e odio. Ci sarà Carlo Petrini, tra i fondatori del Pd ma meritoriamente difensore del cibo made in Italy nei confronti di quello sintetico. Fin qui si tratta di personaggi che, magari, possono far storcere il naso considerando organizzatore e sede dell’evento. I problemi, e pure grossi nascono con Jonathan Safran Foer, scrittore e uno dei maggiori sostenitori e propagatori della teoria che, per difendere l’ambiente, sia necessario non fare figli. Un malthusianesimo verde che stride e non poco con il biblico invito «Crescete, moltiplicatevi e riempite la Terra», comandato da Dio stesso a Noè. Poi, chi detta l’agenda ambientalista negli ultimi tempi? Quelli di Friday for future, naturalmente. Vuoi non invitarne uno per dare quel tocco di movimentarismo studentesco che sa tanto di politicamente corretto? E così il Vaticano spalancherà le porte a Luisa-Marie Neubauer, la Greta tedesca, famosa, oltre che per essere emule della scioperante svedese, per aver incassato assegni milionari a sostegno delle cause per cui «combatte» da George Soros e dalla Fondazione Bill e Melinda Gates. Dal collettivo francese «Lotta e contemplazione» arriva l’altro attivista al tavolo dei relatori, Benoit Halgand. Mentre Jubran Ali Mohammed Ali è stato invitato perché, recita la qualifica, è un «giovane dalla Libia».
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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