2025-09-25
Regalati ai detenuti 720 profilattici. Offre il carcere, polemiche a Pavia
La direttrice Mussio parla di «scopi terapeutici», però viene sconfessata dal Dap e dai sindacati di polizia Beneduci (Osapp): «L’idea facilita stupri e usi impropri, come occultare droga. Gli agenti non sono guardoni».Se c’è un tema che esce a fatica dalle carceri, anche da quelle in cui circolano liberamente droga e pizzini, è il sesso. Sofferenza e piacere non devono convivere, specie in strutture dove il tasso di burocratizzazione è proverbiale e il consumo di psicofarmaci cresce di anno in anno. Così, ieri, per una volta a fare notizia non è stato l’ennesimo suicidio dietro le sbarre (siamo a quota 62 da inizio anno), ma l’allegra decisione della direzione del carcere di Pavia, che ha comprato 720 profilattici da distribuire ai detenuti «per scopi terapeutici». Una pensata subito sconfessata dal Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e che ha suscitato anche le proteste dei sindacati della polizia penitenziaria. A denunciare la follia del carcere maschile che fa incetta di preservativi (per altro in assenza di adeguate stanze dell’amore, ancora in via di sperimentazione) è stato l’Osapp. Il suo leader, Leo Beneduci, spiega alla Verità: «Ovviamente qui non ci scandalizza che si tratti di rapporti omosessuali, ma il fatto che si rischia di favorire violenze sessuali, che per altro sono in continuo aumento e usi non corretti dei condom, magari per nascondere droga». E un po’ polemicamente, Beneduci si chiede se sia il caso che «gli agenti di polizia si riducano a guardoni». In questa storia tutta al maschile una donna c’è e si chiama Stefania Mussio. Come direttore del carcere di Pavia ha firmato un ordine di servizio che non è di ieri, ma di sette mesi fa. Precisamente, il 19 febbraio scorso disponeva l’acquisto di «un primo quantitativo di 720 profilattici per motivi terapeutici» non meglio specificati. E disponeva che l’intero quantitativo fosse affidato e gestito dalla direzione sanitaria del carcere. «I medici avranno cura di annotare la consegna alle persone detenute», scriveva la direttrice, che poi si impegnava a garantire «ulteriori, successive forniture». L’ordine di servizio numero 15 si concludeva in modo imperativo: «Per esatto adempimento e puntuale osservazione». A Pavia, attualmente, ci sono 705 detenuti, laddove ci sarebbero solo 515 posti, e quindi stiamo parlando di una struttura che soffre di grave sovraffollamento. E come se non bastasse, gli agenti che li dovrebbero sorvegliare sono appena 237, ovvero poco più della metà di quanti ne servirebbero. Questo per ricordare le priorità. Il Dap pare che non ne sapesse nulla fino a ieri, anche se l’ordine di servizio sui preservativi è di febbraio. In ogni caso la reazione ieri è stata netta: «Per come formulato, l’ordine di servizio non appare idoneo a strutturare in modo adeguato la gestione complessiva dell’iniziativa sotto il versante sanitario, della prevenzione e della sicurezza». Non solo, ma per l’amministrazione carceraria, «restano infatti inevase valutazioni essenziali: dalle modalità di controllo, alla prevenzione di condotte violente tra i detenuti, fino ai possibili usi distorti dei profilattici, che potrebbero essere impiegati per occultare sostanze stupefacenti, anche tramite ingestione, eludendo così i normali controlli». In sostanza, per il Dipartimento, a Pavia non sono state tenute in debito conto «le esigenze di prevenzione sanitaria con quelle, imprescindibili, di ordine e sicurezza». Ma il Dap davvero non ne sapeva nulla? Ha un nuovo capo da maggio, Stefano Carmine De Michele, ed esce da un periodo travagliato. In ogni caso, ieri il Dap ha parlato di «assenza di un’interlocuzione preliminare» con la direzione di Pavia. Se la trovata dei preservativi ha lasciato a bocca aperta tutti i sindacati degli agenti, l’associazione Antigone, da sempre operativa nel mondo carcerario, ha invece accolto con favore l’iniziativa della direttrice del carcere lombardo. Patrizio Gonnella spiega perché: «Il sesso in carcere è trattato come se fosse un tabù e quindi ignorare che fa parte della vita ordinaria delle persone significa essere omertosi e ciechi». Dopo di che rompe un po’ l’imbarazzo generale sul tipo di sesso che si può praticare in una casa circondariale: «In una comunità monosessuata è importante prevenire forme di sessualità forzata e violenta, così come è importante prevenire malattie che possano derivare da rapporti non protetti». Il problema, al di là degli usi per nascondere stupefacenti, è che distribuire profilattici non garantisce che la sessualità sia consenziente. Il tutto mentre il centrosinistra sta pensando di fare nuove leggi per normare il consenso tra uomo e donna, nella convinzione di ridurre le violenze sessuali. Il diritto dei detenuti alla sessualità è stato riconosciuto a gennaio 2024 da una storica sentenza della Corte costituzionale e ad aprile c’è stata una prima circolare del Dap per rendere possibile l’esercizio di questo diritto. Il problema è che siamo ancora indietro con la predisposizione degli spazi appositi. Distribuire preservativi oggi, nella migliore delle ipotesi, è come dare surgelati a chi non ha neppure il frigorifero.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
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