2022-01-03
Guido Maria Cappelli: «Siamo guidati da virologi sciamani»
Il prof che fa lezione all’aperto: «I cosiddetti esperti non spiegano mai i perché delle loro decisioni. In questo mondo orwelliano accusano me di indottrinamento, è ridicolo. Fortunatamente il popolo si sta svegliando».«Le assicuro che, dal basso, sta salendo un gigantesco ribollire. E Massimo Cacciari di questo movimento è solo una piccola avanguardia. Ci sono centinaia di associazioni e di sigle pronte a mobilitarsi». Professore, sta parlando di un nuovo Movimento? Sei stelle anziché cinque? «No, i 5 stelle sono un fenomeno originato dall’alto, collassato appena entrato al potere. Stavolta persone politicamente dormienti, com’ero io stesso fino a pochi mesi fa, si sono destate, e si stanno coordinando. Ogni settimana in decina di città sorgono comitati che marciano nella stessa direzione. Un magma che spero si possa federare, per entrare nel terreno politico e istituzionale». Insomma, la strada è segnata. E quale sarebbe il pantheon di questo nuovo movimento critico nei confronti della gestione della pandemia? «Per quanto mi riguarda Antonio Gramsci, Pier Paolo Pasolini, Curzio Malaparte. Mi sono iscritto al Pci a 18 anni, poi Pds, poi una vaga simpatia per il centrosinistra. Poi ho vissuto in Spagna appassionandomi a José Luis Zapatero e Podemos. Da qualche anno, però, non voto: mi considero completamente in libera uscita. Non riesco a credere che l’estrema sinistra in Parlamento sia oggi rappresentata dal ministro Roberto Speranza». Guido Maria Cappelli, professore di letteratura italiana all’università L’Orientale di Napoli, è uno degli accademici della cosiddetta Commissione Dupre (Dubbio e precauzione), l’avanguardia di critici della pandemia capitanata dal pool Cacciari-Agamben-Freccero. È il docente che ha definito il premier «proconsole dei poteri privati», scatenando grandi polemiche con le sue «lezioni all’aperto» napoletane, in Galleria Principe, destinate agli studenti anti green pass. Sta mica spingendo i ragazzi alla disobbedienza civile? «In un mondo orwelliano in cui viviamo di slogan, accusano me di indottrinamento? Mi viene da ridere. In Italia la disobbedienza civile è un reato. Abbiamo però la possibilità di combattere una resistenza costituzionale». Resistenza costituzionale? «I costituenti considerarono che nel dovere di difendere la patria rientrasse anche la resistenza del cittadino alla distruzione della patria stessa. Cercheremo dunque forme di lotta nonviolenta, come gli scioperi. È tutto ancora da decidere». Non è l’erede di Masaniello, dunque?«No, credo nel potere della parola. Dobbiamo poter confrontarci. Tornare a parlare». Lei sta negando che esista un’emergenza sanitaria? «Non la nego affatto. Dico che in questi due anni non abbiamo applicato misure sanitarie, bensì politiche. Misure che rispondono alla simbiosi nefasta tra pubblico e privato». Posto che l’emergenza esiste ed è grave, lei che cosa avrebbe fatto per arginarla? «Non sono un esperto, ma rilevo che ogni strategia alternativa è stata accantonata. Non sono stati costruiti nuovi ospedali e nuovi reparti di terapia intensiva, nulla è stato fatto sullo sviluppo delle cure domiciliari, sulla sicurezza nelle scuole, sul potenziamento dei trasporti pubblici. E sono passati quasi due anni. Stiamo forse puntando a una medicalizzazione permanente, un richiamo vaccinale perpetuo? In questo caso credo che il dibattito vada perlomeno approfondito». Ma perché non si occupa di letteratura, fidandosi semplicemente degli scienziati? «Perché da duemila anni esiste la politica, cioè la presa di decisioni informate e razionali derivanti da dibattito. Già nel medioevo si pensava che ciò che riguarda tutti debba essere esaminato da tutti. È un principio di civiltà che stiamo oggi superando come nulla fosse. L’epistemologia ci insegna che ogni uomo razionale è in grado di comprendere il mondo che lo circonda, e l’esperto ha il dovere di spiegarglielo chiaramente». Dunque? Crede agli esperti oppure no? «“Credere” agli esperti è un atto di fede, il contrario della scienza. Noi abbiamo a che fare con degli sciamani, che pretendono di guidarti senza spiegarti il perché e il percome. E nel farlo, si contraddicono continuamente, rifiutando di interloquire. Non è soltanto la libertà pubblica a uscirne intaccata, ma la stessa autostima del cittadino. Il quale è ridotto a uno stato infantile, in cui vede collassare il suo diritto di mettere bocca in ciò che lo riguarda». Ce l’ha con i virologi in tv? «Signori che ne sparano una dietro l’altra, in una strana mescolanza di politica, medicina, narcisismo, nevrosi personali, scatti d’ira. Non li considero veri scienziati». All’università è stato emarginato dai colleghi per le sue idee controcorrente?«L’università è socialmente collassata: non ci si incontra, non ci si guarda, non ci si parla. Il mio circolo ristretto di italianisti è composto da persone amabili che mi dimostrano molto affetto, pur avendo magari idee diverse dalle mie. Altri magari ti tengono a distanza. Pazienza». L’ultimo decreto del governo non ha introdotto l’obbligo vaccinale per i docenti universitari. Una sua vittoria? «Con amara ironia, dico che è un momentaneo sollievo. Se dovesse arrivare l’obbligo, resisterò finché potrò portare il piatto sulla tavola dei miei figli. Nella totale sconfitta della democrazia, dello stato di diritto, del libero arbitrio e della civiltà occidentale». Andiamo, non esageri…«Siamo finiti in una situazione neo-feudale, con una invasione massiccia dei poteri privati che colonizzano le istituzioni pubbliche. Lo vediamo non solo nell’emergenza sanitaria, ma per esempio anche nella decadenza dei contratti di lavoro collettivi». Ne fa una battaglia politica, più che sanitaria?«Al di là della pandemia, il problema è che stiamo passando da un regime liberale a un regime autorizzatorio».Che vuol dire?«Vuol dire che le libertà naturali sono concesse. Se ottemperi alla richiesta del potere di turno, ricevi diritti in concessione. Oggi lo strumento di questo sistema è il green pass, domani si può applicare a chissà cos’altro. È un pensiero unico che non è più quello delle grande ideologie nere o rosse, bensì liquido».Liquido?«Ridotto alla tutela della nuda vita, in cambio di libertà. Aggiungiamo a questo la nevrosi dello pseudofemminismo, del finto antirazzismo. Tutto questo crea delle microidentità, soggetti deboli, sospettosi, impauriti. Vogliono dividere rigidamente il mondo in amici e nemici, un modo per renderci tutti rabbiosamente uno contro l’altro. Questo è pre totalitarismo». Ecco che esagera di nuovo. «La politologa Hannah Arendt sostiene che il totalitarismo non è soltanto un fenomeno storico, bensì un sistema che può riproporsi in forme inedite. Una malattia dormiente nella pancia dell’Occidente. E oggi può persino manifestarsi come un fenomeno più repressivo che in passato». Professore, esiste un Parlamento democraticamente eletto. Qual è il problema? «Ci rimane lo scheletro della democrazia. La forma c’è, ma la sostanza è evaporata. Non esiste più alcuna mobilità politica tra cittadinanza e partiti. Anzi, da 500 anni le élites italiane si caratterizzano per essere esterofile, voltando le spalle al loro popolo».Anche lei vuole un presidente patriota?«Probabilmente l’opposizione al green pass si caratterizzerà proprio per il ritorno al patriottismo. Questo Paese non merita di essere messo nell’angolo». Chi vorrebbe vedere al Colle? «Il discorso sulla presidenza della Repubblica non mi interessa. Neanche Sandro Pertini redivivo potrebbe cambiare le cose. Mi interessa invece che i 20 milioni di italiani che hanno riscoperto in questi mesi il valore della nazione, diventino 20 milioni di attivisti».Venti milioni? Un terzo degli italiani? Siamo sicuri?«Arrabbiati e silenti, che non trovano rappresentanza nel governo e nell’opposizione, che rifiutano l’omologazione e che al momento opportuno non saranno solo elettori, ma attivisti al servizio del Paese. Per evitare il peggio».E il peggio quale sarebbe?«Temo una società con diritti pubblici e sociali aboliti. I grandi tecnocrati si occuperanno delle cose importanti, mentre gli individui, isolati e brulicanti sui social, simuleranno la democrazia litigando sulle stupidaggini cosmiche, sulle parole politicamente corrette. I “bambini” si accapiglieranno alla base, mentre gli “adulti” al vertice regoleranno il nostro stile di vita. Mi immagino insomma la famiglia tipo, chiusa nella normalità del lockdown, nevrotizzata, confinata sui social». Insomma, un’emergenza senza fine?«Un’emergenza che è pronta a farsi normalità».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)