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2019-07-27
Camisasca rompe il silenzio della Chiesa
Ansa
Hanno parlato psicologi e avvocati, si sono fatti sentire pure alcuni cantanti. Eppure, ancora non si sono sentite voci autorevoli provenire dalla Chiesa cattolica. Da sacerdoti e vescovi - così attivi e impegnati nella difesa dei migranti e nella denuncia della disumanità dell'attuale governo - è giunto appena qualche flebile sussurro. Certo, l'inchiesta «Angeli e demoni» non è ancora conclusa, ma per capire che qualcosa non vada nel sistema di gestione dei minori non c'è bisogno dei reati e delle condanne. È evidente che esistono problemi più profondi che non riguardano solo le aule di giustizia: sono mali che ghermiscono le radici della nostra cultura. Ed è su questi argomenti che, da parte della Chiesa, ci si aspetterebbero parole forti, capaci di indicare una via.
Nelle ultime settimane non possiamo dire di averle udite. Con una sola, radiosa, eccezione. Quella rappresentata dal vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca. In una intervista alla Radio Vaticana, il monsignore è tornato a parlare della Val d'Enza e degli affidi illeciti, e ha pronunciato frasi da cui è difficile sfuggire. «Attraverso i giornali», ha detto, «ho la percezione di un problema serio, che ha al suo cuore i bambini. E quando si tratta di bambini, si tratta evidentemente della realtà più significativa, più preziosa ed importante, oserei dire quasi divina, che abbiamo nella nostra realtà sociali e a cui deve essere prestata una attenzione somma. E mi sembra che in taluni casi, per quello che posso capire dai giornali, questa attenzione somma non solo non ci sia stata, ma ci sia stata anche e addirittura una prevaricazione ideologica». Questo è esattamente il punto cruciale su cui ci si deve misurare. L'aspetto più spaventoso della vicenda bibbianese, infatti, non riguarda soltanto le accuse mosse ai vari Claudio Foti, Federica Anghinolfi eccetera. Il dramma sta nel sistema che costoro hanno contribuito a creare e a portare avanti, sta appunto nell'ideologia che certi psicologi e assistenti sociali professano.
Dice Camisasca che «tutti dobbiamo farci carico di questa situazione grave, una situazione provocata dalle ideologie anti-familistiche che sono il retroterra di tutto ciò che è avvenuto. Sappiamo tutti», prosegue il monsignore, «che la realtà delle famiglie è una realtà fragile ma si è voluto ulteriormente infragilirla, creando le famiglie accanto alla famiglia, e quindi togliendo alla famiglia il sostegno che essa deve avere come realtà umana, e quindi come realtà che può essere percorsa da un'infinità di fragilità ed errori».
Secondo il vescovo reggiano «esistono delle famiglie “bacate", ma anche - grazie a Dio - un numero enorme di famiglie preziose, in cui i bambini vengono alla luce - perché c'è anche un gravissimo problema demografico - e poi sono accolti, anche se sono affetti dalla sindrome di Down o se si trovano in difficoltà, e poi vengono educati e rappresentano una benedizione. In queste famiglie la crescita dei figli è segnata da problemi, difficoltà e delusioni però è una crescita in avanti. Tutto questo, laddove viene messo in discussione, naturalmente, indebolisce il rapporto genitori-figli».
Le ideologie anti-familistiche le abbiamo viste all'opera nella Val d'Enza, dove hanno agito «professionisti» che ancora parlano di «patriarcato» da combattere, di maschilità tossica da eliminare. Persone per cui la famiglia tradizionale è un'istituzione che forse non va eliminata, ma di sicuro va corretta, modificata, anche a costo di commettere forzature. Dopo settimane, finalmente, si sta discutendo di illeciti e di presunti reati. Benissimo: ma si deve affrontare con decisione e in profondità anche il retroterra ideologico che ha prodotto tali storture. Perché mentre ci si scorna su Bibbiano, l'ideologia anti famiglia è tornata a dar prova della sua forza proprio in Emilia Romagna attraverso la legge sull'omotransfobia. Con la scusa dei «diritti» dei bambini sono state distrutte intere famiglie; con la scusa dei «diritti» delle persone Lgbt viene imposta la mordacchia a ogni pensiero difforme e scorretto.
Di fronte a tutto ciò non si può tacere. E che non si possa star zitti quando si osservano casi come quelli di Bibbiano. Camisasca ha detto anche questo. L'intervistatore di Radio Vaticana gli ha chiesto che cosa pensasse della indignazione popolare sollevata dalla vicenda emiliana. E lui ha risposto: «È molto comprensibile, perché, laddove si toccano i bambini si tocca il bene più prezioso che abbiamo. E quindi la gente è preoccupata, perché non ha punti di riferimento, non sa dove attingere per capire cosa è successo e cosa sta dietro a ciò che è successo. Naturalmente la gente non deve essere strumentalizzata, e questa paura non deve diventare una ragione per sobillare anche una rivolta politica».
Non bisogna strumentalizzare, certo. Ma provare orrore e perfino rabbia è sacrosanto. E chi blatera di «campagne di odio» montate ad arte contro il Pd da parte dell'estrema destra sta semplicemente cercando di coprire un pozzo profondissimo con un tappeto. Ieri Repubblica, in prima pagina, spiegava che il caso di Bibbiano fa parte di una «strategia della distrazione» ideata dal governo. Finora, tuttavia, gli unici a voler «distrarre» la popolazione sono stati proprio politici e giornali i orientamento progressista. Hanno prima cercato di silenziare tutto, ora provano a confondere le acque, a far passare l'idea che sulla Val d'Enza esistano visioni differenti, quasi che si trattasse di un dibattito accademico. Non è così: in gioco, oltre al benessere dei bimbi, c'è molto di più. È anche in Emilia che si decide che tipo di civiltà vogliamo essere, quali siano i nostri valori fondanti.
Ciò di cui dobbiamo preoccuparci, sostiene Camisasca, sono «i trend culturali e i trend ideologici, che naturalmente attraversano anche i partiti, ma che determinano direttamente questa visione sbagliata della famiglia, dei rapporti fra genitori e figli e della necessità di “punire" la famiglia quando invece andrebbe sostenuta, aiutata e appoggiata». La tendenza culturale dominante va contro la famiglia, tenta di sgretolarla colpendo sia i genitori che i figli. E se si resta in silenzio questa tendenza di certo non la combatte.
Francesco Borgonovo
Affidi fantasma per far girare soldi e bambini promessi ai gruppi Lgbt
Affidi sine die. Senza scadenza. Che, una proroga dopo l'altra, diventano adozioni. Federica Anghinolfi, attivista Lgbt e dirigente (...) dei servizi sociali della Val d'Enza, al telefono prometteva questo ai suoi interlocutori: coppie omosessuali interessate ad accogliere bambini. Due intercettazioni, rimaste finora inedite, rivelano l'attivismo della protagonista di «Angeli e demoni». La prima telefonata è con un donna, attivista di un'associazione Lgbt di Palermo. Il «modello Bibbiano», evidentemente, ha già travalicato i confini della Bassa. E l'interlocutrice chiede lumi alla Anghinolfi, dominus del sistema.
Possiamo avere anche noi un bambino? L'assistente sociale rassicura la donna. Già. Ma, nella telefonata, emerge un dubbio. Le coppie omosessuali, per legge, possono ottenere affidi. E poi, come si fa? A questo punto, la dirigente avrebbe chiarito la dinamica: se i genitori continuano a essere ritenuti inadeguati dai servizi sociali, i figli possono rimanere per sempre con la coppia affidataria. Una proroga dopo l'altra. Insomma: un'adozione di fatto. La risposta conforta la donna siciliana. Che ricorda ad Anghinolfi che il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, è da sempre favorevole ad ampliare i diritti omosex. Terreno fertile, quindi.
Ma il caso non è isolato. Anche da Avellino arriva identica richiesta alla dirigente della Val d'Enza. E pure stavolta, confermano gli investigatori reggiani alla Verità, sarebbero state fornite ampie rassicurazioni. Enunciando lo stesso iter: affidamenti che, di volta in volta, si dilatano. Fino ad assicurare una sorta di adozione. Grazie, ovviamente, alle relazioni dei servizi sociali sui minori interessati. Che, come dimostra l'inchiesta di Bibbiano, erano vergate anche nell'interesse di coppie Lgbt.
Il canovaccio di «Angeli e demoni» s'arricchisce ogni giorno. E anche dall'ordinanza di custodia cautelare emergono nuovi e sbalorditivi particolari. Come gli affidi fantasma. Sempre, è l'ipotesi investigativa, nel nome di Anghinolfi. E con risvolti che sarebbero furfanteschi. Una cuoca al servizio dei servizi sociali della Val d'Enza, retribuita con i contributi concessi ai genitori affidatari. Peccato che, però, quei bambini la donna non li abbia mai visti. Eppure nel fascicolo sequestrato dagli inquirenti tutto sembra in regola. Oggetto: «Dichiarazione disponibilità all'affidamento familiare». La firma, appunto, è della Anghinolfi. Il documento spiega che la signora M.I. «ha effettuato nel corso dell'anno 2018 il percorso previsto per l'accoglienza di un bambino in affidamento familiare». Iter concluso a maggio 2018. Con la disponibilità «all'affido sostegno». A cui segue un rimborso.
A questo punto, gli investigatori convocano la cuoca. Candidamente ammette: la pratica è falsa. Anghinolfi, riferisce la signora, «circa un anno e mezzo fa mi propose di fare la cuoca all'App di Montecchio Emilia». Ossia, una struttura dei servizi sociali per ragazzi con difficoltà d'apprendimento. Il lavoro è per tre giorni alla settimana. Compenso: 360 euro mensili. «Federica mi disse che era necessario formalizzare la mia attività attraverso un documento» aggiunge. «Mi fu quindi consegnato un foglio, dove indicava che mi dava in “affido sostegno" tale T.A.».
Una concessione farlocca, secondo i magistrati. Che va avanti per tutto il 2018. Com'era già accaduto nel 2017: «Una ragazza di cui non ricordo neanche il nome» ammette la cuoca. Perché quei due ragazzini non sono mai entrati in casa sua. Anghinolfi però sarebbe andata oltre. Le avrebbe chiesto di far da tramite per il pagamento delle spese di psicoterapia del ragazzo. Da girare poi a Hansel e Gretel, il centro studi guidato da Claudio Foti.
Il 9 gennaio 2019 viene sentita anche la madre del minore. Che conferma l'arcano: «Mio figlio è rimasto sempre in affido solo ed esclusivamente a me, con la supervisione dei servizi sociali». Le mostrano quindi il fascicolo. Il bambino, come risulta dai documenti, è stato dato a un altra donna: la cuoca. «Sono sbalordita» ammette. «Ne ero completamente all'oscuro. Non conosco questa signora. E di certo mio figlio non è in affido».
Insomma: quel documento sarebbe palesemente falso. E diventa, sostiene la Procura di Reggio Emilia, la «pezza d'appoggio» per far ottenere alla cuoca una sorta di retribuzione alla sua attività in cucina nella struttura La Cura. Quella finita al centro dell'indagine. Invece non avrebbe nessun contratto. Né da dipendente. E neppure da collaboratrice: «In assenza di assunzione formale, come dipendente o collaboratrice, viene inserita la relativa voce di spesa nel bilancio dell'Unione dei comuni della Val d'Enza». Come «rimborso spese affido».
Così, la già fitta trama di «Angeli e demoni» si arricchisce di nuovi capitoli. Gli affidi fantasma, serviti a remunerare una placida cuoca. E perfino adozioni di fatto per le coppie Lgbt, a suon di proroghe. Uno scandalo che sembra non avere più fine.
Antonio Rossitto
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Il vescovo di Reggio Emilia affronta il caso su Radio Vaticana: «C'è un'ideologia che vuole punire la famiglia».Nelle carte di «Angeli e demoni» spuntano minori assegnati fittiziamente al fine di incassare i relativi fondi Intercettata, Federica Anghinolfi garantiva inoltre che gli allontanamenti diventassero adozioni di fatto a coppie gay.Lo speciale contiene due articoliHanno parlato psicologi e avvocati, si sono fatti sentire pure alcuni cantanti. Eppure, ancora non si sono sentite voci autorevoli provenire dalla Chiesa cattolica. Da sacerdoti e vescovi - così attivi e impegnati nella difesa dei migranti e nella denuncia della disumanità dell'attuale governo - è giunto appena qualche flebile sussurro. Certo, l'inchiesta «Angeli e demoni» non è ancora conclusa, ma per capire che qualcosa non vada nel sistema di gestione dei minori non c'è bisogno dei reati e delle condanne. È evidente che esistono problemi più profondi che non riguardano solo le aule di giustizia: sono mali che ghermiscono le radici della nostra cultura. Ed è su questi argomenti che, da parte della Chiesa, ci si aspetterebbero parole forti, capaci di indicare una via. Nelle ultime settimane non possiamo dire di averle udite. Con una sola, radiosa, eccezione. Quella rappresentata dal vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca. In una intervista alla Radio Vaticana, il monsignore è tornato a parlare della Val d'Enza e degli affidi illeciti, e ha pronunciato frasi da cui è difficile sfuggire. «Attraverso i giornali», ha detto, «ho la percezione di un problema serio, che ha al suo cuore i bambini. E quando si tratta di bambini, si tratta evidentemente della realtà più significativa, più preziosa ed importante, oserei dire quasi divina, che abbiamo nella nostra realtà sociali e a cui deve essere prestata una attenzione somma. E mi sembra che in taluni casi, per quello che posso capire dai giornali, questa attenzione somma non solo non ci sia stata, ma ci sia stata anche e addirittura una prevaricazione ideologica». Questo è esattamente il punto cruciale su cui ci si deve misurare. L'aspetto più spaventoso della vicenda bibbianese, infatti, non riguarda soltanto le accuse mosse ai vari Claudio Foti, Federica Anghinolfi eccetera. Il dramma sta nel sistema che costoro hanno contribuito a creare e a portare avanti, sta appunto nell'ideologia che certi psicologi e assistenti sociali professano.Dice Camisasca che «tutti dobbiamo farci carico di questa situazione grave, una situazione provocata dalle ideologie anti-familistiche che sono il retroterra di tutto ciò che è avvenuto. Sappiamo tutti», prosegue il monsignore, «che la realtà delle famiglie è una realtà fragile ma si è voluto ulteriormente infragilirla, creando le famiglie accanto alla famiglia, e quindi togliendo alla famiglia il sostegno che essa deve avere come realtà umana, e quindi come realtà che può essere percorsa da un'infinità di fragilità ed errori». Secondo il vescovo reggiano «esistono delle famiglie “bacate", ma anche - grazie a Dio - un numero enorme di famiglie preziose, in cui i bambini vengono alla luce - perché c'è anche un gravissimo problema demografico - e poi sono accolti, anche se sono affetti dalla sindrome di Down o se si trovano in difficoltà, e poi vengono educati e rappresentano una benedizione. In queste famiglie la crescita dei figli è segnata da problemi, difficoltà e delusioni però è una crescita in avanti. Tutto questo, laddove viene messo in discussione, naturalmente, indebolisce il rapporto genitori-figli».Le ideologie anti-familistiche le abbiamo viste all'opera nella Val d'Enza, dove hanno agito «professionisti» che ancora parlano di «patriarcato» da combattere, di maschilità tossica da eliminare. Persone per cui la famiglia tradizionale è un'istituzione che forse non va eliminata, ma di sicuro va corretta, modificata, anche a costo di commettere forzature. Dopo settimane, finalmente, si sta discutendo di illeciti e di presunti reati. Benissimo: ma si deve affrontare con decisione e in profondità anche il retroterra ideologico che ha prodotto tali storture. Perché mentre ci si scorna su Bibbiano, l'ideologia anti famiglia è tornata a dar prova della sua forza proprio in Emilia Romagna attraverso la legge sull'omotransfobia. Con la scusa dei «diritti» dei bambini sono state distrutte intere famiglie; con la scusa dei «diritti» delle persone Lgbt viene imposta la mordacchia a ogni pensiero difforme e scorretto. Di fronte a tutto ciò non si può tacere. E che non si possa star zitti quando si osservano casi come quelli di Bibbiano. Camisasca ha detto anche questo. L'intervistatore di Radio Vaticana gli ha chiesto che cosa pensasse della indignazione popolare sollevata dalla vicenda emiliana. E lui ha risposto: «È molto comprensibile, perché, laddove si toccano i bambini si tocca il bene più prezioso che abbiamo. E quindi la gente è preoccupata, perché non ha punti di riferimento, non sa dove attingere per capire cosa è successo e cosa sta dietro a ciò che è successo. Naturalmente la gente non deve essere strumentalizzata, e questa paura non deve diventare una ragione per sobillare anche una rivolta politica». Non bisogna strumentalizzare, certo. Ma provare orrore e perfino rabbia è sacrosanto. E chi blatera di «campagne di odio» montate ad arte contro il Pd da parte dell'estrema destra sta semplicemente cercando di coprire un pozzo profondissimo con un tappeto. Ieri Repubblica, in prima pagina, spiegava che il caso di Bibbiano fa parte di una «strategia della distrazione» ideata dal governo. Finora, tuttavia, gli unici a voler «distrarre» la popolazione sono stati proprio politici e giornali i orientamento progressista. Hanno prima cercato di silenziare tutto, ora provano a confondere le acque, a far passare l'idea che sulla Val d'Enza esistano visioni differenti, quasi che si trattasse di un dibattito accademico. Non è così: in gioco, oltre al benessere dei bimbi, c'è molto di più. È anche in Emilia che si decide che tipo di civiltà vogliamo essere, quali siano i nostri valori fondanti. Ciò di cui dobbiamo preoccuparci, sostiene Camisasca, sono «i trend culturali e i trend ideologici, che naturalmente attraversano anche i partiti, ma che determinano direttamente questa visione sbagliata della famiglia, dei rapporti fra genitori e figli e della necessità di “punire" la famiglia quando invece andrebbe sostenuta, aiutata e appoggiata». La tendenza culturale dominante va contro la famiglia, tenta di sgretolarla colpendo sia i genitori che i figli. E se si resta in silenzio questa tendenza di certo non la combatte. Francesco Borgonovo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/camisasca-rompe-il-silenzio-della-chiesa-2639375781.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="affidi-fantasma-per-far-girare-soldi-e-bambini-promessi-ai-gruppi-lgbt" data-post-id="2639375781" data-published-at="1765409122" data-use-pagination="False"> Affidi fantasma per far girare soldi e bambini promessi ai gruppi Lgbt Affidi sine die. Senza scadenza. Che, una proroga dopo l'altra, diventano adozioni. Federica Anghinolfi, attivista Lgbt e dirigente (...) dei servizi sociali della Val d'Enza, al telefono prometteva questo ai suoi interlocutori: coppie omosessuali interessate ad accogliere bambini. Due intercettazioni, rimaste finora inedite, rivelano l'attivismo della protagonista di «Angeli e demoni». La prima telefonata è con un donna, attivista di un'associazione Lgbt di Palermo. Il «modello Bibbiano», evidentemente, ha già travalicato i confini della Bassa. E l'interlocutrice chiede lumi alla Anghinolfi, dominus del sistema. Possiamo avere anche noi un bambino? L'assistente sociale rassicura la donna. Già. Ma, nella telefonata, emerge un dubbio. Le coppie omosessuali, per legge, possono ottenere affidi. E poi, come si fa? A questo punto, la dirigente avrebbe chiarito la dinamica: se i genitori continuano a essere ritenuti inadeguati dai servizi sociali, i figli possono rimanere per sempre con la coppia affidataria. Una proroga dopo l'altra. Insomma: un'adozione di fatto. La risposta conforta la donna siciliana. Che ricorda ad Anghinolfi che il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, è da sempre favorevole ad ampliare i diritti omosex. Terreno fertile, quindi. Ma il caso non è isolato. Anche da Avellino arriva identica richiesta alla dirigente della Val d'Enza. E pure stavolta, confermano gli investigatori reggiani alla Verità, sarebbero state fornite ampie rassicurazioni. Enunciando lo stesso iter: affidamenti che, di volta in volta, si dilatano. Fino ad assicurare una sorta di adozione. Grazie, ovviamente, alle relazioni dei servizi sociali sui minori interessati. Che, come dimostra l'inchiesta di Bibbiano, erano vergate anche nell'interesse di coppie Lgbt. Il canovaccio di «Angeli e demoni» s'arricchisce ogni giorno. E anche dall'ordinanza di custodia cautelare emergono nuovi e sbalorditivi particolari. Come gli affidi fantasma. Sempre, è l'ipotesi investigativa, nel nome di Anghinolfi. E con risvolti che sarebbero furfanteschi. Una cuoca al servizio dei servizi sociali della Val d'Enza, retribuita con i contributi concessi ai genitori affidatari. Peccato che, però, quei bambini la donna non li abbia mai visti. Eppure nel fascicolo sequestrato dagli inquirenti tutto sembra in regola. Oggetto: «Dichiarazione disponibilità all'affidamento familiare». La firma, appunto, è della Anghinolfi. Il documento spiega che la signora M.I. «ha effettuato nel corso dell'anno 2018 il percorso previsto per l'accoglienza di un bambino in affidamento familiare». Iter concluso a maggio 2018. Con la disponibilità «all'affido sostegno». A cui segue un rimborso. A questo punto, gli investigatori convocano la cuoca. Candidamente ammette: la pratica è falsa. Anghinolfi, riferisce la signora, «circa un anno e mezzo fa mi propose di fare la cuoca all'App di Montecchio Emilia». Ossia, una struttura dei servizi sociali per ragazzi con difficoltà d'apprendimento. Il lavoro è per tre giorni alla settimana. Compenso: 360 euro mensili. «Federica mi disse che era necessario formalizzare la mia attività attraverso un documento» aggiunge. «Mi fu quindi consegnato un foglio, dove indicava che mi dava in “affido sostegno" tale T.A.». Una concessione farlocca, secondo i magistrati. Che va avanti per tutto il 2018. Com'era già accaduto nel 2017: «Una ragazza di cui non ricordo neanche il nome» ammette la cuoca. Perché quei due ragazzini non sono mai entrati in casa sua. Anghinolfi però sarebbe andata oltre. Le avrebbe chiesto di far da tramite per il pagamento delle spese di psicoterapia del ragazzo. Da girare poi a Hansel e Gretel, il centro studi guidato da Claudio Foti. Il 9 gennaio 2019 viene sentita anche la madre del minore. Che conferma l'arcano: «Mio figlio è rimasto sempre in affido solo ed esclusivamente a me, con la supervisione dei servizi sociali». Le mostrano quindi il fascicolo. Il bambino, come risulta dai documenti, è stato dato a un altra donna: la cuoca. «Sono sbalordita» ammette. «Ne ero completamente all'oscuro. Non conosco questa signora. E di certo mio figlio non è in affido». Insomma: quel documento sarebbe palesemente falso. E diventa, sostiene la Procura di Reggio Emilia, la «pezza d'appoggio» per far ottenere alla cuoca una sorta di retribuzione alla sua attività in cucina nella struttura La Cura. Quella finita al centro dell'indagine. Invece non avrebbe nessun contratto. Né da dipendente. E neppure da collaboratrice: «In assenza di assunzione formale, come dipendente o collaboratrice, viene inserita la relativa voce di spesa nel bilancio dell'Unione dei comuni della Val d'Enza». Come «rimborso spese affido». Così, la già fitta trama di «Angeli e demoni» si arricchisce di nuovi capitoli. Gli affidi fantasma, serviti a remunerare una placida cuoca. E perfino adozioni di fatto per le coppie Lgbt, a suon di proroghe. Uno scandalo che sembra non avere più fine. Antonio Rossitto
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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