2021-10-24
«Le nostre calze: dai macchinari Bentley a “Carosello” in tv»
Marchisio nella campagna della Red. A destra Giovanni Marazzini.
Il pronipote di Mario Re Depaolini, il fondatore nel 1938 di Rede: «Innovazione e pubblicità garantirono il successo del marchio».Se la foto che immortala la posa plastica di Claudio Marchisio con le sue calze rosse fiammanti firmate Red, il brand giovane di Rede nato nel 2010, la storica immagine pubblicitaria degli anni Sessanta con una bella ragazza che agganciava la calza al reggicalze con la scritta «Calze Rede...un passo avanti!», non era certo da meno. Non c'è dubbio che da allora, di passi avanti, la storica azienda di Parabiago ne abbia fatti tanti. «Faccio parte della terza generazione, ora tutte e tre presenti», racconta Giovanni Marazzini, pronipote del fondatore e che si occupa della parte finance e commerciale mentre il fratello Michele di quella produttiva. Le altre due generazioni sono composte dal padre Ernesto, amministratore delegato e da Carla Musazzi, 103 anni, la prozia, presidente, e ancora prontissima a dire la sua. Non ha avuto figli, Carla, ma sua sorella Antonia sì, dando così la possibilità di una continuità nel tempo.Come inizia la storia?«Nel 1938 Mario Re Depaolini fonda il marchio Rede, all'inizio, utilizzando pochi macchinari. Mario amava molto l'innovazione e girava il mondo per accaparrarsi le macchine migliori che, a quell'epoca, erano inglesi. La Bentley era famosa per le auto ma faceva anche i macchinari per calze. Quelle macchine rappresentarono la svolta, producevano molto di più rispetto alle altre e in meno tempo. In più, si poteva contare su meccanici di prima classe, formati in azienda, riuscendo così ad avere un vantaggio competitivo non da poco. Mario era molto attento anche alla parte di marketing, aspetto totalmente nuovo, tanto da iniziare con pubblicità su Carosello per far girare il marchio e con affissioni nelle principali città italiane studiate con vignettisti importanti. Questo ha garantito al marchio una crescita veloce». Che avvenne, poi?«Nel 1959, la Rede entra nei mercati esteri, Europa e Stati Uniti, e nel 1960 le collezioni Rede sono distribuite nei migliori negozi. Nel 1973 entrò in azienda mio padre, attuale ad».Quale era l'organizzazione aziendale?«Verticalizzata, dal filato, alla tintoria, allo scatolificio, la filiera era tutta in casa. E questo dava un vantaggio competitivo. Oggi, però, tutto è cambiato. Sarebbe impensabile per un'azienda occuparsi di tutti i vari settori, concentrata sul suo core business. Il nostro è la produzione di calze e quello facciamo. I filati e le scatole le acquistiamo». Quante calze producete?«Siamo vicini al milione. Il nostro compito è reperire il miglior filato sul mercato. È questo che fa la differenza insieme alla tecnologia di produzione e quindi alla qualità della macchina. Abbiamo fornitori italiani che hanno un grande controllo nella produzione del filato. Per esempio, le lane le acquistiamo nel distretto biellese, i cotoni sono italiani e le macchine, del gruppo Lonati di Brescia, con cui facciamo le calze. Al nostro interno abbiamo un reparto di ricerca e sviluppo per studiare i nuovi prodotti. Grazie alla ricerca sul prodotto e sulle macchine con le quali si riescono a sviluppare i disegni più complicati e complessi si può soddisfare anche il componente moda».C'è quindi una formazione ad hoc dei vostri addetti?«Una delle cose più importanti è proprio questo, il nostro know how che siamo riusciti a mantenere nel tempo. L'azienda, già negli anni Sessanta, aveva una scuola di formazione del personale, che ha consentito di tramandare di generazione in generazione quelle conoscenze di produzione che attualmente sono il nostro tesoro. La professionalità dei nostri addetti è il nostro valore aggiunto».Negli anni 60 c'erano 700 persone che lavoravano per Rede. Come si è evoluto il settore delle calze?«Oggi, in calzificio, all'interno della tessitura, siamo in 35. Tutto si è automatizzato moltissimo. Un tempo le Bentley erano macchine meccaniche, oggi sono elettroniche con un accelerazione a mille. Questo ha fatto sì che negli anni si andasse riducendo il numero delle persone e che ci si specializzasse molto di più. Noi abbiamo sempre fatto calze da uomo, donna e bambino e, in particolare, il settore che abbiamo portato avanti fin dalla nascita è stato l'uomo. All'epoca dei molti addetti c'era anche un reparto di collant da donna da tempo ormai chiuso perché questo tipo di calze ha avuto una evoluzione molto altalenante negli ultimi anni»Le gambe nude d'inverno dettate dagli stilisti ha penalizzato questo tipo di calze?«Per quanto riguarda i collant assolutamente sì. Ma non siamo stati penalizzati più di tanto perché siamo specializzati più in calzini, cioè le calze in cotone anche da donna. E questi funzionano molto. Nelle ultime sfilate sono stati presentiti su quasi tutte le passerelle i calzini con il sandalo e la minigonna. Il calzino è ritornato in auge per la donna anche per i grandi marchi. E noi quel tipo di calza l'abbiamo sempre prodotto per cui abbiamo subito questo passaggio in maniera relativa». Non solo calze, però.«Già, Mario e Carla, negli anni '50 erano molto attivi. e rilevavano attività. Come la Torcitura Fibre Sintetiche, leader in Europa nella torcitura di questi filati particolari da arredamento. E poi un'azienda agricola per la produzione di latte e formaggi a Besnate in provincia di Varese. Mia zia ha sempre avuto la passione della terra, delle mucche, abbiamo un allevamento di vacche da latte con un controllo della coltivazione dei campi. Un lavoro che è sempre piaciuto alle generazioni precedenti ma che sta appassionando anche noi.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)