Eco sostenibili o stracciati firmati Gucci: i collant fanno discutere anche i reali

- La crisi scatenata dalla pandemia ha portato un ritorno ai classici ed è il fast fashion a pagare il prezzo più alto. Secondo Alessandro Gallesi, presidente Adici: «Lo smart working ha determinato nuove preferenze».
- Le calze a maglia compiono 80 anni e Gucci fa scandalo mettendone in vendita un paio già smagliato a 149 euro. Il risultato? Sold out globale e critiche sui social.
- DèPio, calzificio di lusso attivo da 71 anni, dedica una collezione alle scrittrici più celebri. Da Jane Austen a Charlotte Brontë.
Lo speciale contiene tre articoli e gallery fotografiche.
Un calo di circa il 23% sui consumi finali per il comparto delle calze. Nel dettaglio, il segmento femminile ha registrato un variazione media circa del 21,9% sui primi 8 mesi dell'anno. Il periodo peggiore c'è stato nel secondo bimestre dell'anno quando si è registrato un -59,3%. Stessa sorte per le calze degli uomini. Anche queste hanno visto un brusco calo tra marzo e aprile (-63,5%) quando il governo Conte ha deciso di procedere con un lockdown nazionale per cercare di mettere un freno all'avanzata del virus.
Ma come si spiega questo trend così negativo? Sicuramente lo stop imposto dall'esecutivo ha avuto un peso rilevante tanto quanto il cambio di abitudine degli italiani. Secondo Alessandro Gallesi, Presidente dell'Associazione distretto calza e intimo (Adici) lo smart working ha fatto emergere determinate preferenze, rispetto ad altre. E dunque c'è stata una vera e propria impennata per quanto riguarda i capi di abbigliamento sportivo, mentre il comparto della calzetteria è drammaticamente sceso.
E questo perché, per esempio, i collant tendenzialmente vengono comprati per eventi, che da quando c'è stato il lockdown sono stati cancellati. Oppure le calze da uomo, sempre più ricercate, completavano il look, ma adesso con il lavoro da casa questa «necessità» viene meno. Inoltre, a questo si deve aggiungere anche la continua incertezza verso i prossimi mesi.
Gallesi spiega infatti come i clienti (i negozi che vendono al pubblico i prodotti di calzetteria) viaggiano a vista. E dunque, non sapendo prevedere quali saranno le scelte dei consumatori ordinano uno stock di merce non eccessivo, avvisando il produttore che nel caso in cui questo venga richiesto in maniera massiva devono ritenersi pronti a fornire nuovi prodotti. Questo mette l'imprenditore davanti al problema: rifornisco il magazzino, nel caso in cui ci dovesse essere una richiesta maggiore o rischio? Da tenere presente che nel caso in cui si opti per la prima scelta se non ci dovesse essere un'ulteriore domanda, la maggior parte di quanto prodotto dovrà essere scartato. E questo porterebbe a ulteriori perdite.
Per cercare di dribblare questa situazione molti stanno iniziando a puntare sul «classico». E dunque si pensi per esempio alle classiche calze nere, che nel caso in cui non si vendano nel 2020 potranno sempre essere riproposte l'anno prossimo. La categoria più colpita è dunque quella del fast fashion, dato che in questo momento storico sono veramente poche le persone che pensano ad inseguire la moda o l'ultimo trend uscito dalle passerelle.
Il mondo delle calze made in Italy prima della pandemia da Covid-19 ha però registrato un altro periodo di forte contrazione. E cioè quello a cavallo tra il 2011 e il 2015. Gli anni successivi, fino al 2019 il mercato ha invece tenuto, fino a ri-precipitare a causa del virus. Ma andiamo ad osservare alcuni dati. Per quanto riguarda la calzetteria femminile l'export verso l'Europa nel 2019 è stato pari a 383.272.433 milioni di euro (-2,10% rispetto al 2018). Il mercato Ue è fondamentale dato che ha un peso del 89,45% sul totale dell'export. Fuori dall'Ue si parla di 82.052.378 milioni di euro (il 17,22% dell'export), l'Asia il 3,16%, l'America il 2,85%, Oceania e l'Africa insieme il lo 0,9%.
Tornado all'interno dell'Unione il paese che risulta essere il migliore cliente è il Regno Unito, seguito dalla Francia, Germania, Olanda, Spagna e Belgio. Se invece si sposta l'attenzione sul comparto maschile si nota come la giurisdizione verso cui è diretto il maggior export è la Croazia, seguita dalla Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Usa.
Gli 80 anni del collant
Secondo il giornale scandalistico Tatler, la prima lite tra Meghan Markle e Kate Middleton sarebbe stata a causa di un paio di collant. La calza di nylon quest'anno compie 80 anni e continua a essere un elemento essenziale del guardaroba femminile.
La fibra sintetica è stata infatti brevettata nel 1937 dall'azienda americana DuPont. Un perfetto mix di morbidezza e resistenza che negli anni avrebbe rivoluzionato l'industria tessile e la storia del costume. In un solo anno furono vendute oltre 64 milioni di paia. Grazie poi alla “modernizzazione" da parte di Allan Gant, a 19 anni dal debutto sul mercato, il collant si tinse di nero e si declinò in altri due formati: l'autoreggente e il gambaletto.
Le calze di nylon divennero così un successo globale, anche grazie a una forte campagna di comunicazione da parte degli Stati Uniti, interessati a privare il Giappone della leadership commerciale nel settore (erano infatti i maggiori esportatori di calze di seta).
Oggi i collant fanno nuovamente parlare di sé, grazie al direttore creativo di Gucci Alessandro Michele. Sul portale Ssense sono stati messi in vendita un paio di collant strappati a 149 euro. Il risultato? Sold out immediato, tra le critiche e gli elogi social. Ma Gucci non è stato il primo marchio di lusso a presentare il look «distressed» in passerella e nei negozi. Come spiega Madame Le Figaro: «Questa non è la prima volta che un marchio di lusso mette in commercio collant strappati. Nel 2015, Hedi Slimane, allora direttore creativo di Saint Laurent, ha presentato una collezione invernale con ispirazioni punk e fetish. All'epoca, diversi modelli avevano sfilato con collant bucati, generando uno spaccato di opinioni nel web e nel mondo della moda».
Calzedonia - pronta allo sbarco a Los Angeles - ha invece presentato una nuova collezione, chiamata «Totally invisible». Collant senza cuciture per essere indossati anche sotto gli outfit più attillati. Si passa così dal modello 30 denari, comodo da indossare durante tutta la giornata, per passare al 20 denari, una seconda pelle così confortevole da adattarsi a tutte le occasioni. Non manca però un tocco “alla moda" grazie ai collant «Wish» decorati dalla frase «ti amo» scritta in tutte le lingue del mondo. Di tendenza, dal côté glamour, per non passare mai inosservata.
La parola d'ordine resta però sostenibilità. Complice il successo dell'iniziativa Re-nylon firmata da Miuccia Prada, anche altri marchi hanno deciso di dare vita a una rivoluzione ecosostenibile. Nascono così i collant Calzedonia creati con materie prime rigenerate e completamente tacciabili. La fibra Q-nova di Fulgar si ottiene infatti attraverso un processo meccanico di riciclo a basso impatto ambientale: si risparmia il 90% di acqua e l'80% di emissioni C02 per ogni kg di fibra.
Ancora più ambizioso l'obiettivo di Wolford. L'azienda ha infatti in programma di passare da un 20% di prodotti biodegradabili al 50% nei prossimi cinque anni. Per l'inverno il marchio di moda austriaco ha stretto una partnership con Iris % Lilly, brand del gruppo Amazon per una linea di «skinwear di lusso» a un prezzo accessibile. Silvia Azzali, chief commercial officer di Wolford ha dichiarato: «In Wolford, la nostra missione è fornire i migliori skinwear al mondo, leader in termini di qualità e innovazione. Attraverso questa partnership con Amazon Fashion vogliamo raggiungere un più ampio pubblico di consumatori a livello globale, utilizzando l'ampia rete e la portata dei clienti di Amazon. Siamo davvero entusiasti di presentare un'offerta così eccezionale, garantendo qualità ai nostri clienti».
La collezione è composta da una serie di multipack con i modelli più amati e più venduti di Wolford, dai collant iper coprenti fino alle calze autoreggenti in maglia premium. Tra gli stili più richiesti ci sono senza dubbio «Twenties fishnet tights», collant in micro rete senza cuciture ispirati agli anni Venti e «Satin 2» con elementi brillanti e funzione modellante.
DèPoetry dedica una collezione alle grandi scrittrici
Le calze DèPio nascono nel 1949 da un’idea di Pio Chiaruttini e in questi 70 anni hanno rappresentato un punto di riferimento per il mercato del lusso. Tradizione, passione e qualità sono le parole che guidano quest’azienda e che si intrecciano in ogni collezione.
Con collezioni per uomo, donna e bambino, le calze DèPio sono prodotto in maniera sostenibile con il supporto delle attività locali. La passione per l’arte, massima forma di bellezza ha ispirato DèPio nella sua ultima collezione chiamata «DèPoetry».
Le calze si ispirano così ad alcune delle più grandi scrittrici del passato, sapientemente raffigurate dall’illustratore spagnolo Mikel Casal. «Non è quello che diciamo o pensiamo che ci definisce, ma quello che facciamo» scriveva Jane Austen in Ragione e Sentimento. Ed è questa celebre frase a incarnare i valori dello storico calzificio.
Morbidissime calze corte in pregiato filo di Scozia ritraggono - a più colori con la tecnica del fil coupé - Jane Austen, Edith Wharton, Charlotte Brontë e Anna Katharine Green. Ogni profilo è impreziosito dall’applicazione di una pietra Swarovski che da soggetto a soggetto trova la sua giusta collocazione, aggiungendo luce e preziosità. Unico soggetto maschile a trovare spazio in questa collezione è Gabriele d’Annunzio, colui che non più di anno fa ispirò Mary Chiaruttini, titolare del calzificio, alla creazione della prima collezione maschile DèPoetry Socks.
La capsule collection femminile, oltre ad inserirsi nel filone delle iniziative pro-arte/artisti del Calzificio DèPio, utilizza il pregiato Filoscozia di Filmar, nota azienda del distretto tessile bresciano. Filmar attraverso iniziative e progetti di sviluppo sostenibile ribadisce la sua attenzione non solo alla massima qualità dei suoi prodotti ma anche alle componenti ambientali e sociali, come previsto dall’iniziativa CottonforLife sostenuta dall’Unido Agenzia Specializzata per lo Sviluppo industriale delle Nazioni Unite.















