2020-04-29
Cairo fa il grillino e sbarra la porta al calcio
Vincenzo Spadafora (Ansa)
L'editore del Corriere è il più strenuo sostenitore della filosofia «chiusurista» del ministro Vincenzo Spadafora, che rischia di far saltare metà delle squadre. Ma un movimento da 5 miliardi a stagione non può arrendersi. Sulle orme della Germania si studia la ripartenza.Il pallone italiano galleggia in mezzo al guado e trasmette malinconia. Su una sponda ci sono i francesi, che ieri hanno annunciato la conclusione della stagione agonistica; Ligue 1 finita, scudetto prevedibilmente al Paris Saint Germain e tutti a casa per paura di focolai sportivi. Sull'altra sponda ci sono i länder tedeschi, che hanno dato il via libera per la ripartenza della Bundesliga entro fine maggio, ma a decidere sarà domani Angela Merkel. E noi lì, con i piedi a mollo, appesi a una frase come al solito fumosa del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora: «Nessun complotto contro il calcio, è un bene che va salvato ma questa battaglia non è ancora vinta».Per la Lega di Serie A la sacrosanta battaglia sanitaria si innesca su un'altra non meno cruciale, quella per la sopravvivenza. Con un lockdown perdurante fino a settembre alcuni club rischiano il fallimento. Se lo è lasciato scappare Aurelio De Laurentiis nell'ultimo incontro, lui che con Claudio Lotito è capofila degli «aperturisti». Il presidente del Napoli è stato lapidario: «Il Covid finirà per far sparire quelle squadre medio-piccole che vivono sopra le proprie possibilità». In gravi difficoltà 10 club su 20, quelli che rimangono in linea di volo grazie agli incassi immediati, alle plusvalenze nelle cessioni, soprattutto alle quote dei diritti televisivi. Se in Francia hanno chiuso tutto anche perché Canal plus a inizio aprile ha smesso di pagare, in Italia il senso di responsabilità e il sacrificio concreto (si tratta di 110 milioni al mese) di Sky e Dazn continuano a tenere in vita la speranza di ricominciare. I no del governo sono macigni ma non inducono alla passività. Il presidente federale Gabriele Gravina ha stilato una nuova road map che prevede la ripresa degli allenamenti di gruppo il 18 maggio (il decreto in vigore scade il 17) e le partite al massimo il 14 giugno, data ultima per poter completare campionato e Coppa Italia entro l'inizio di agosto, come imposto dall'Uefa. Per ottenere il sì dall'esecutivo servono due presupposti: l'unione di intenti e un protocollo convincente. Sul primo tema il rischio rissa da ballatoio è sfumato. Dieci club erano per la riapertura (Lazio, Napoli, Atalanta, Roma, Fiorentina le capofila), mentre la cordata «chiusurista» è capeggiata da Urbano Cairo, il più vicino alle posizioni del ministro Spadafora, con le milanesi scettiche e la Juventus defilata. Ma negli ultimi giorni il vento è cambiato soprattutto perché Andrea Agnelli ha deciso di schierarsi con chi vuole ricominciare. Con un recente giro di telefonate ha creato consenso, ha compattato i presidenti e sottolineato l'importanza anche economica che un movimento da cinque miliardi a stagione non possa arrendersi passivamente ma abbia il dovere di provare a ripartire. Il numero uno della Juventus (spinto anche dall'Uefa) ha fatto breccia, ha spostato gli equilibri; insomma sembra che nessuno abbia più intenzione di appiattirsi sulla filosofia della decrescita felice tanto cara al ministro grillino, che nel suo furore ideologico ha commesso un errore strategico. Cambiando la dicitura che prevedeva il via libera ad «allenamenti individuali» con «sport individuali» ha convinto il mondo del calcio d'essere vittima di un atteggiamento vessatorio. Della serie: anche i ricchi piangono. E lo ha ricompattato. Sul secondo tema, quello del protocollo, il sistema è in alto mare. Lo scontro con il Comitato tecnico scientifico avviene sostanzialmente su quattro punti. 1 Il numero delle persone coinvolte nelle sedute di allenamento (tra le 50 e le 70 considerando anche tecnici, preparatori, medici, magazzinieri) è ritenuto troppo alto. 2 Le trasferte sono considerate un fattore di rischio e il Cts chiede garanzie più precise. 3 Tamponi e test sierologici sono sostenibili economicamente per la Serie A, non per tutti gli altri club. 4 Nel caso di un atleta positivo, i club prevedono l'isolamento immediato del calciatore e doppi tamponi per i compagni mentre il Cts opterebbe per la quarantena di tutte le persone venute a contatto con il contagiato. Come a dire, fermiamo di nuovo tutto.Una riunione significativa per discutere il protocollo avverrà l'8 maggio e in quella data sarà necessario sciogliere un altro nodo, quello legale. Molti club sono frenati dal rischio che il contagio di un top player possa innescare contenziosi legali dolorosissimi per le casse. Si cercano certezze laddove ci sono solo ipotesi. Nel frattempo le squadre si stanno ricompattando con una certa lentezza; c'è chi ha richiamato in anticipo i propri giocatori (come Napoli, Inter, Milan) e chi se li vede arrivare alla spicciolata come Maurizio Sarri. Cristiano Ronaldo è in partenza da Madeira da una settimana mentre voci argentine parlano di un Gonzalo Higuain intenzionato a chiudere qui la sua stagione personale. Si naviga a vista ma il tempo sta per scadere e la decisione della Francia potrebbe condizionare tutti. Curiosa la posizione della Fifa. Sollecitata dal mondo del pallone a dare la linea, ieri ha rotto il silenzio e ha deciso di punire con l'ammonizione chi sputa per terra. Un contributo di alto profilo.
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