2022-04-22
Cade un’altra tegola sul Pd in Puglia. Arrestato il nuovo astro nascente
Domenico Vitto (Imagoeconomica)
Il partito locale, commissariato da Enrico Letta attraverso Francesco Boccia, si trova alle prese con l’inchiesta sul sindaco di Polignano a Mare per turbativa d’asta. I pm: «Appalti costruiti sartorialmente per ditte amiche».Nel Partito democratico pugliese, particolarmente provato dalle faide interne che, su mandato del segretario Enrico Letta, dovrà cercare di sedare il neo commissario Francesco Boccia, Domenico Vitto, al suo secondo mandato da sindaco di Polignano a Mare, da un mese nel cda di Aeroporti di Puglia su nomina del governatore Michele Emiliano e presidente dell’Anci locale aveva già la nomea di astro nascente. In molti lo vedevano sulle tracce del collega barese Antonio Decaro, che l’Anci lo guida a livello nazionale. L’assessoreIl gip che ieri lo ha privato della libertà, invece, ritiene Vitto «parte» di un «sistema» che avrebbe pilotato gli appalti. In cambio, insieme al suo vicesindaco, Salvatore Colella, che ricopriva anche l’incarico di assessore ai Lavori pubblici, avrebbe ottenuto sostegno per la campagna elettorale. I due sono finiti ai domiciliari, insieme con i dirigenti e funzionari comunali Nicola Cicala, Pasquale Teofilo e Raffaele Lassandro, su richiesta del pm di Bari Michele Ruggero. Per gli imprenditori coinvolti, Nicola Narracci, Hibro Hibroj, Sergio Giazzi, Vito Dentico e Vito Lo Franco è stata disposta una misura interdittiva. Gli indagati sono 24. «Amici miei», hanno ribattezzato l’inchiesta gli investigatori della Guardia di finanza.L’accusa per il sindaco è di turbativa d’asta. Stando all’ordinanza di custodia cautelare avrebbe manipolato la gara per la riqualificazione delle aree di largo Gelso e del lungomare Domenico Modugno «in modo da garantire la vittoria del consorzio Athanor stabile» che faceva capo all’imprenditore albanese Hibro Hibroj. Vitto, secondo l’accusa, avrebbe intrallazzato con Hibroj sin dal 2017, «quando», scrive il gip, «gli chiedeva di impegnarsi in proprio favore per le elezioni comunali, ribadendo poi analoga richiesta in favore della propria corrente politica per le elezioni regionali del 2020». Ma Hibroj, oltre a essere un grande elettore del sindaco e della sua compagine locale, sembrerebbe essere un supporter dell’intera corrente dem pugliese. Uno dei testimoni, tale Domenico Pellegrini, ha detto ai pm: «Ricordo perfettamente che Hibroj alle elezioni regionali del 2020 ha appoggiato elettoralmente l’assessore Colella, il quale sosteneva la corrente politica dell’attuale assessore regionale Anna Maurodinoia. Infatti, si notavano frequentemente insieme, in quel periodo, incontrandosi con elettori e imprenditori locali». Maurodinoia è la moglie di Alessandro Cataldo, ritenuto in un’altra inchiesta l’uomo che tirava le fila di un sistema di compravendita di voti finalizzato a far rieleggere un altro sindaco, Antonio Donatelli, di Triggiano, anche lui di centrosinistra. Ma se a Triggiano i voti sarebbero stati «comprati» con banconote da 50 euro a elettore, a Polignano il sistema dem avrebbe dispensato appalti. Con il sindaco che avrebbe interferito negli uffici, «intromettendosi», si legge nei documenti giudiziari, «nella designazione del presidente della commissione giudicatrice della gara, da lui direttamente scelto»: Pasquale Russo. Che a sua volta «aggiudicava la gara a Hibroj attestando falsamente la regolarità della documentazione tecnica». Russo, stando alle scoperte dei finanzieri, apparirebbe come una pedina di un altro esponente del Pd. Tant’è che Vitto si sarebbe sentito ripetutamente con Giuseppe Colonna, sindaco di Mola di Bari e sostenitore del governatore Michele Emiliano alle primarie, per ottenere il suo «benestare» e fornirgli, in cambio, incarichi a persone fidate dell’entourage dell’Anci pugliese. Ma per ottenere il via libera per Russo, funzionario municipale di Castellana Grotte, il sindaco di Polignano avrebbe anche dovuto relazionarsi con il primo cittadino di quest’altro Comune, Francesco De Ruvo (eletto con una civica di centrodestra ma sostenuto dal Pd). Nominato Russo, secondo gli investigatori, sarebbe intervenuto il vicesindaco Colella per far preparare una gara che gli investigatori definiscono «sartoriale». Ovvero cucita addosso alla ditta degli amici. A Colella, però, viene anche addebitata una presunta spintarella per una fattura da pagare all’imprenditore Stefano Andresini, che era impantanata negli uffici. In cambio avrebbe «accettato dall’imprenditore la promessa di utilità economiche». le busteAlla fine, le gare che sarebbero state truccate, stando alle accuse, sarebbero nove. Tutte prima della loro pubblicazione all’albo pretorio. Sarebbe proprio la gara vinta da Hibroj a svelare il meccanismo. All’apertura delle buste il sindaco non avrebbe trovato il nome dell’azienda di Hibroj e si sarebbe preoccupato. Ne parla a telefono con Colella: «A Bari me ne sto andando... eh, ho un appuntamento con Emiliano... Si ma sta quello (Hibroj, ndr)?... E dovrebbe stare il nome suo pure, non c’è! Mha! Speriamo». «Solo approfondendo direttamente con l’imprenditore albanese si sarebbe poi chiarita l’effettiva partecipazione dell’impresa gradita da Colella e da Vitto», annota il gip. L’appuntamento con Hibroj è sotto casa dell’assessore. «Sto giù... vie’», dice l’albanese al vicesindaco. Colella in quella circostanza avrebbe consegnato al supporter elettorale i dati in chiaro di tutte le imprese partecipanti alla gara. Poco dopo Colella ne avrebbe parlato con il funzionario comunale Cicala: «Qua tutt’apposto». E il consorzio ha incassato.
Mahmoud Abu Mazen (Getty Images)
(Guardia di Finanza)
I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito di un’attività mirata al contrasto delle indebite erogazioni di risorse pubbliche, hanno individuato tre società controllate da imprenditori spagnoli che hanno richiesto e ottenuto indebitamente oltre 5 milioni di euro di incentivi per la produzione di energia solare da fonti rinnovabili.
L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate, è stata avviata attraverso l’analisi delle società operanti nel settore dell’energia elettrica all’interno della circoscrizione del Reparto, che ha scoperto la presenza di numerose imprese con capitale sociale esiguo ma proprietarie di importanti impianti fotovoltaici situati principalmente nelle regioni del Centro e Sud Italia, amministrate da soggetti stranieri domiciliati ma non effettivamente residenti sul territorio nazionale.
Sulla base di tali elementi sono state esaminate le posizioni delle società anche mediante l’esame dei conti correnti bancari. Dall’esito degli accertamenti, è emerso un flusso finanziario in entrata proveniente dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ente pubblico responsabile dell’erogazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica. Tuttavia, le somme erogate venivano immediatamente trasferite tramite bonifici verso l’estero, in particolare verso la Spagna, senza alcuna giustificazione commerciale plausibile.
In seguito sono state esaminate le modalità di autorizzazione, costruzione e incentivazione dei parchi fotovoltaici realizzati dalle società, con la complicità di un soggetto italiano da cui è emerso che le stesse avevano richiesto ad un Comune marchigiano tre diverse autorizzazioni, dichiarando falsamente l’installazione di tre piccoli impianti fotovoltaici. Tale artificio ha consentito di ottenere dal GSE maggiori incentivi. In questi casi, infatti, il Gestore pubblico concede incentivi superiori ai piccoli produttori di energia per compensare i maggiori costi sostenuti rispetto agli impianti di maggiore dimensione, i quali sono inoltre obbligati a ottenere l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia. In realtà, nel caso oggetto d’indagine, si trattava di un unico impianto fotovoltaico collegato alla stessa centralina elettrica e protetto da un’unica recinzione.
La situazione è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati relativi all’indebita erogazione di incentivi pubblici, per richiedere il sequestro urgente delle somme illecitamente riscosse, considerati anche gli ingenti trasferimenti verso l’estero. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha disposto il blocco dei conti correnti utilizzati per l’accredito delle somme da parte del GSE e il vincolo su tutti i beni nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro.
L’attività della Guardia di Finanza è stata svolta a tutela del corretto impiego dei fondi pubblici al fine di aiutare la crescita produttiva e occupazionale. In particolare, l’intervento ispettivo ha permesso un risparmio pari a ulteriori circa 3 milioni di euro che sarebbero stati erogati dal GSE fino al 2031 alle imprese oggetto d’indagine.
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Viktor Orbán e Giorgia Meloni a Roma (Ansa)
Giorgia Meloni (Getty Images)