
Ursula Von der Leyen sogna di scrivere nuove regole, inasprendo i rapporti con Washington.L'antitrust continua a rappresentare un tema caldo per l'Unione europea, oltre che un'opportunità per l'asse franco-tedesco. In un'intervista rilasciata ieri a Repubblica, la neo presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è non a caso intervenuta sulla questione. «La spina dorsale della nostra economia», ha dichiarato, «sono le piccole e medie imprese, ma è vero che in alcuni settori la competizione è ridotta a pochi soggetti globali. Dunque sarà necessario rivedere le regole sulla concorrenza. In alcuni settori, quelli più globalizzati, la nostra analisi delle posizioni di mercato sarà in riferimento al livello mondiale per favorire l'emergere di competitors europei. In tutti gli altri settori, invece», ha concluso, «continueremo ad analizzare il mercato europeo per tutelare l'interesse dei consumatori». Già qualche settimana fa, il commissario europeo alla Concorrenza, Margrethe Vestager, aveva del resto annunciato una riforma delle regole antitrust: regole che la diretta interessata aveva non a caso definito troppo vecchie.Insomma, il settore sembrerebbe avviarsi a risultare dirimente nell'operato della nuova Commissione. E una sua riforma potrebbe costituire un elemento in grado di compattare l'asse franco-tedesco che, nonostante qualche recente scricchiolio interno, sembra comunque puntare a rafforzare l'intesa sancita con il trattato di Aquisgrana lo scorso gennaio. Se è vero che in passato la Vestager ha rotto le uova nel paniere alla convergenza economica tra Germania e Francia (si pensi solo alla mancata fusione tra Alstom e Siemens), le parole della von der Leyen sembrano lasciare intendere che Bruxelles possa adesso essere aperta alla creazione di grandi poli europei: poli che - è facile immaginarlo - siano in grado di reggere la concorrenza statunitense e cinese, soprattutto, anche se non esclusivamente, nel settore tecnologico. È d'altronde in un simile quadro che, lo scorso febbraio, Parigi e Berlino avevano sottoscritto un manifesto congiunto per chiedere un cambio delle norme antitrust europee, in vista di un rafforzamento in termini di politica industriale (con un occhio di riguardo al settore dell'intelligenza artificiale): un «auspicio» che la von der Leyen sembra oggi intenzionata a soddisfare.In tal senso, le implicazioni sul fronte geopolitico potrebbero rivelarsi numerose: a partire dai rapporti transatlantici, che rischiano di farsi sempre più problematici. In primo luogo, è infatti probabile che Bruxelles sia intenzionata a riprendere la sua ormai classica battaglia contro i colossi tecnologici americani. In secondo luogo, non è un mistero che Francia e Germania, seppure con sfumature diverse, non abbiano grande intenzione di seguire Washington nella sua linea duramente restrittiva in relazione al 5G cinese. L'ostilità nei confronti dei giganti del web statunitensi e la postura relativamente eterodossa in materia di telecomunicazioni verso Pechino rischiano quindi di peggiorare i già non idilliaci rapporti tra una Bruxelles a trazione carolingia e la Casa Bianca.Alla luce di tutto questo, quello che si prospetta all'orizzonte non è uno scenario propriamente ottimale per il nostro Paese. Innanzitutto, l'asse franco-tedesco si conferma assolutamente centrale nella conduzione delle politiche europee, lasciando l'Italia in secondo piano sul fronte economico ed industriale. In secondo luogo, si riscontra un problema anche di natura geopolitica: la netta convergenza finora dimostrata dal governo Conte bis nei confronti dell'asse franco-tedesco rischia infatti di allontanare ancora di più Roma da Washington.
Elly Schlein (Ansa)
Fratelli d’Italia spinge per il proporzionale puro con premio di coalizione, ma il Pd grida al magheggio: «Hanno paura di perdere». Esaltati dalle ultime elezioni, credono che con le attuali regole vincerebbero le politiche. Lo scenario più probabile, però, è lo stallo.
I risultati delle regionali di Campania, Puglia e Veneto hanno fatto ringalluzzire la sinistra, sicura adesso di avere un’alternativa a Giorgia Meloni, e contestualmente rintuzzato il dibattito sulla legge elettorale e sul premierato. Ad accendere la miccia il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli: «Va fatta una riflessione sulla legge elettorale», perché, «con il campo largo unito, a differenza delle politiche 2022, se si dovesse votare oggi non ci sarebbe la stessa stabilità politica né in caso di vittoria del centrodestra né in caso di vittoria del centrosinistra».
(Istock)
- Nel bresciano un bengalese stupra una bambina di 10 anni. L’episodio avvenuto in un centro per rifugiati. L’uomo ha confessato. Tra rito abbreviato e circostanze a discarico, la pena rischia di essere irrisoria.
- A Pisa uno straniero violenta bimba di 6 anni. Il «protocollo rosa» è scattato dopo che la piccola ha denunciato strani comportamenti da parte dell’adulto, ritenuto persona di fiducia dalla famiglia. Sugli indumenti della vittima trovate tracce genetiche dell’indagato.
- Per i fatti di Tor Tre Teste si cerca un tunisino, forse riparato all’estero. I tre fermati hanno precedenti per spaccio. Possibile anche la presenza di un quinto uomo.
Lo speciale contiene tre articoli.
Elly Schlein, Roberto Fico e Giuseppe Conte (Ansa)
Nonostante quel che si dice e si scrive, le elezioni regionali non hanno spostato di una virgola gli equilibri politici nazionali. Per lo meno a destra, mentre nel centrosinistra forse qualche cambiamento c’è stato. Alessandra Ghisleri, che fra i sondaggisti è quella che più ci prende, alla domanda se a questo turno Schlein e compagni siano riusciti a rubare voti alla maggioranza di Meloni, Salvini e Tajani, ha risposto con una fragorosa risata. In Campania, che è portata a esempio di successo del campo largo, Ghisleri sostiene che Pd, 5 stelle e alleati vari abbiano perso, rispetto alle precedenti elezioni, 400.000 voti, mentre il centrodestra ne abbia guadagnati 250.000.
Giulia Bongiorno (Imagoeconomica)
La Lega mette nel mirino il ddl e fa slittare l’approvazione a febbraio. La Bongiorno: «È necessario ascoltare esperti». Il timore è che norme troppo vaghe invertano l’onere della prova. In effetti sul punto il presidente del Tribunale di Milano si è già contraddetto.
L’accordo tra Elly Schlein e Giorgia Meloni sul ddl consenso è chiuso, certo, ma non nei dettagli, come ovvio che accada tra presidente del Consiglio e leader di opposizione. Difficile immaginarle al tavolo insieme a scrivere la legge, ma è proprio nei dettagli che, come si dice, spesso si nasconde il diavolo. O meglio detto: nei particolari si celano le preoccupazioni. Qui si è creata l’impasse che ha portato alla richiesta di approfondimenti da parte della Lega e poi di tutto il centrodestra in commissione Giustizia al Senato. Tra le pieghe dell’emendamento ci sono passaggi poco chiari, che vanno definiti e chiariti bene per evitare di emanare una legge scritta male con tutti i rischi che ne derivano.






