
Surreale botta e risposta fra Thierry Breton e il guru di X: «Hai 24 ore per rimediare ai contenuti fake». Il tycoon chiede di indicarli e l’Unione replica: «Li sapete già». Il commissario sponsorizza anche il social rivale. Ventiquattrore. È il tempo concesso dal commissario Ue per il mercato interno, Thierry Breton, prima a Elon Musk e poi anche a Mark Zuckerberg per comunicare le misure anti fake news da adottare sulle rispettive piattaforme social. «Siamo venuti a conoscenza di segnalazioni di un numero significativo di contenuti deep fake e manipolati che sono circolati sulle vostre piattaforme e alcuni dei quali appaiono ancora online» ha scritto ieri Breton al capo di Meta (Facebook, Instagram) facendo riferimento agli attacchi terroristici di Hamas contro Israele dopo i quali «vediamo che vengono disseminati contenuti illegali e disinformazioni nella Ue attraverso certe piattaforme». Il commissario Ue ha anche invitato Zuckerberg a informare «senza indugio» il suo team «sui dettagli delle misure adottate per mitigare i deepfake anche alla luce delle prossime elezioni in Polonia, Paesi Bassi, Lituania, Belgio, Croazia, Romania e Austria e al Parlamento europeo». Martedì Breton ha inviato una comunicazione analoga a Elon Musk, patron di X (l’ex Twitter) sottolineando che «dopo gli attacchi terroristici condotti da Hamas contro Israele» a Bruxelles si dispone «di indicazioni sull’utilizzo della vostra piattaforma per la diffusione di contenuti illegali e di disinformazione nell’Ue». Una situazione che, avverte Breton, potrebbe portare a sanzioni contro X. Il commissario europeo ha quindi dato 24 ore di tempo (quindi fino alla mezzanotte di ieri) a Musk per rispondere ai rilievi che gli sono stati mossi. In particolare, la Commissione europea gli contesta di non aver agito tempestivamente e con responsabilità alle segnalazioni sui contenuti illegali come dovrebbe essere fatto dopo l’entrata in vigore del Digital service act (Dsa), le nuove regole volute da Bruxelles per i contenuti online. Nel testo del Dsa si legge che gli organi preposti potranno dunque chiedere la rimozione di contenuti informativi «non corretti» in occasione di crisi che «potrebbero derivare da conflitti armati o atti di terrorismo, catastrofi naturali quali terremoti e uragani, nonché pandemie e altre gravi minacce per la salute pubblica a carattere transfrontaliero». In pratica, la Commissione potrà decidere che cosa potrà essere scritto e che cosa no. Dove e soprattutto che livello di visibilità potrà avere. Alla lettera, e al tweet di Breton che l’ha accompagnata, è seguito un fitto botta e risposta tra il commissario Ue e il proprietario di X e Tesla (che ieri ha intanto annunciato che tutte le centraline di ricarica in Israele saranno gratis). «La nostra politica è che tutto sia open source e trasparente, un approccio che so l’Ue sostiene. Vi preghiamo di elencare le violazioni su X, cui si allude, in modo che il pubblico possa vederle», ha replicato Musk al richiamo della Ue. A stretto giro gli ha risposto Breton: «Siete ben consapevoli delle segnalazioni dei vostri utenti e delle autorità sui contenuti falsi e sull’esaltazione della violenza. Sta a voi dimostrare che mantenete la parola. Il mio team rimane a disposizione per garantire la conformità al Dsa, che la Ue continuerà a far rispettare rigorosamente». Quindi, è la surreale replica del commissario, la Ue non dice quali sono le violazioni ma passa il cerino in mano a Musk. Il quale ha contrattaccato: «Compiamo le nostre azioni allo scoperto, nessun accordo dietro le quinte. La prego di pubblicare esplicitamente le sue preoccupazioni su questa piattaforma». Il duello social tra Musk e Breton va avanti da quando il primo ha acquistato Twitter nell’ottobre 2022 (il commissario lo accolse cinguettando che «in Europa, l’uccello volerà secondo le nostre regole»). Nel maggio scorso, quando Twitter ha abbandonato il Codice di condotta volontario della Ue contro la disinformazione, Breton ha twittato a Musk un minaccioso «Puoi scappare ma non puoi nasconderti».Ieri, però, il commissario ne ha combinata un’altra. Sempre con un tweet, ha annunciato di essersi iscritto al social alternativo Bluesky. «Buongiorno! Anche se l’erba del vicino non è (sempre) più verde, il cielo a volte è più blu. Teniamoci in contatto!» ha postato condividendo l’immagine del proprio profilo sulla piattaforma concorrente. E facendole, così, pubblicità proprio poche ore dopo aver mandato la letterina a mister X. A pensar male si fa peccato ma il trasloco di Breton su Bluesky fa sorgere qualche sospetto sulle reali intenzioni del commissario impegnato nella lotta alla disinformazione. Tra l’altro, allo sviluppo di questa nuova piattaforma social ha contribuito anche Jack Dorsey, co-fondatore proprio di Twitter che nel 2019 aveva messo al lavoro cinque ingegneri per costruire un’alternativa decentralizzata all’«uccellino», poi catturato da Musk. Bluesky è stata progettata in modo che nessuno possa possederla o controllarla, e al suo interno gli utenti possono creare le proprie comunità. Ha visto la luce solo all’inizio di quest’anno e la versione attuale è molto simile al social di Musk anche se, a differenza di X, è necessario un invito da parte di un altro utente o iscriversi a una «lista d’attesa» che può richiedere settimane per ottenere un account. Bluesky ha dichiarato di aver già superato il traguardo del milione di utenti. Tra i vip ci sono Alexandria Ocasio-Cortez, tanti giornalisti Usa e ora anche Breton. Non c’è però stato ancora un vero boom e la discussione è limitata. La funzione «what’s hot» fornisce un elenco degli argomenti principali della giornata. Ieri mostrava parecchie foto di gatti e poche discussioni sul conflitto tra Israele e Hamas.
Maurizio Landini (Ansa)
- Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
- Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.
Lo speciale contiene due articoli.
Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.






