2018-12-15
Bruxelles adesso ci chiede l’1,98%. Conte: «Non siamo al mercato»
Si tratterà a oltranza, però il premier tiene il punto: «Non abbiamo il cappello in mano. Il saldo resta quello». Giancarlo Giorgetti contro il M5s: «Il reddito di cittadinanza voluto da un'Italia che non ci piace, può favorire il nero». La risposta di Luigi Di Maio non tarda ad arrivare: «A me l'Italia piace tutta, dalla Sicilia alla Valle d'Aosta, e sono orgoglioso di questo Paese».Qualcuno - chi in modo critico, chi in modo simpaticamente ammirato - aveva definito il 2,04% di deficit proposto dall'Italia come un tocco dadaista. Ma non sapremmo come descrivere la controproposta della Commissione Ue, così com'è stata riferita alla Verità da una fonte governativa: Bruxelles non vorrebbe il 2,04% ma chiederebbe l'1,98%. Insomma, il trio composto da Jean-Claude Juncker, Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis starebbe tenendo in ostaggio un governo e un Paese (uno degli stati fondatori, la seconda economia manifatturiera dell'Ue) per uno 0,06%. Letteralmente da non credere, roba da suk, da trattative tra cammellieri. E, come ha scritto ieri questo giornale, la cosa diventa perfino incredibile in considerazione del ruolo giocato dal presidente della Repubblica nei contatti con gli interlocutori stranieri: alcuni dei quali - è da ritenere -con una mano risponderebbero alle chiamate del Quirinale, e con l'altra userebbero la matita blu per continuare a eccepire su un surreale 0,06. Davanti a tutto questo, che ha quasi un sapore di provocazione, Giuseppe Conte ha scelto di tenere i nervi a posto. E, a margine del Consiglio Ue in corso a Bruxelles, il premier, assistito dal ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi, si è impegnato in una serie di incontri bilaterali con i suoi omologhi, a partire dalla cancelliera Angela Merkel, mentre il ministro dell'economia Giovanni Tria è tornato a vedere Moscovici e Dombrovskis. Per sovrammercato, lungo tutta la mattinata di ieri, attraverso i consueti canali mediatici, fonti della Commissione facevano circolare veline costruite per seminare zizzania, mettendo nel mirino quota 100, cioè l'intervento caldeggiato da Matteo Salvini, e attribuendo alla Merkel una presunta ostilità verso questa misura. La cancelliera, per la verità, davanti a taccuini e telecamere si è tenuta alla larga dalle polemiche, dichiarando di «attenersi alle valutazioni della Commissione», e anzi aggiungendo di essere «fiduciosa su un accordo con l'Italia». Alla fine, nel tardo pomeriggio di ieri, Conte è apparso in conferenza stampa. Non ha negato le tensioni e la trattativa a oltranza, ma ha tenuto il punto con fermezza: «L'Italia non è con il cappello in mano, ma è a testa alta», ha esordito. «Il saldo è quello, non abbiamo altri margini», ha aggiunto, lasciando però una via d'uscita a sé stesso e ai suoi interlocutori: «È su quel saldo che si possono costruire delle tecnicalità». Traduzione: mini aggiustamenti contabili indolori si possono immaginare, ma senza altri arretramenti. E infatti Conte ha chiaramente scandito la sua rassicurazione politica a Lega e M5s: «Le riforme, a partire da quota 100 e reddito di cittadinanza, verranno realizzate».Il premier ha usato carota e bastone verso gli interlocutori europei. Da un lato, ha detto di «non aver mai pensato che il 2,4 fosse un totem» e ha ammesso che «vi siano stati toni un po' elevati» (ma «da ambo le parti», ha precisato); dall'altro, ha ribadito: «Non siamo al mercato. Ne va della credibilità del Paese». Conte ha messo altri due elementi sul tavolo. Per un verso, ha sostenuto che il passaggio dal 2,4 al 2,04% è stato solo determinato dalle nuove stime contabili giunte al governo. In realtà, La Verità ha spiegato molte volte che il puro e semplice slittamento in avanti delle misure più impegnative (il reddito di cittadinanza non partirà prima di marzo o aprile) determina di per sé un risparmio di uno 0,3%. Per un altro verso, il premier ha detto che le novità per adeguare la manovra al negoziato in corso dovrebbero giungere in un maxi emendamento al Senato, più probabilmente in Aula che non in commissione. Anche se fonti attendibili continuano a riferire che la via prescelta potrebbe essere un provvedimento separato, un disegno di legge o un decreto. Conte ha chiuso la conferenza rimarcando ottimismo: «Sono confidente che raggiungeremo una soluzione positiva. Non voglio considerare altre prospettive». E in fondo le «altre prospettive» le ha evocate, inviando un messaggio molto chiaro non solo al M5s ma pure alla Commissione, Giancarlo Giorgetti: «Il nostro impegno dura nella misura in cui sarà possibile realizzare il contratto di governo: quando non sarà possibile, finirà. Ma allora la parola torni al popolo». E c'è da dubitare che a Bruxelles auspichino un trionfo di Salvini. Il sottosegretario leghista comunque non ha resistito alla tentazione di prendere le distanze dagli alleati. Sempre ieri ha dichiarato: «Il M5s al Sud ha vinto perché gli elettori vogliono il reddito di cittadinanza. Una misura che nel contratto di governo è finalizzata a incentivare i posti di lavoro, ma il pericolo che vedo è che possa alimentare il lavoro nero». «Magari è l'Italia che non ci piace ma con cui dobbiamo confrontarci e governare», ha aggiunto. La risposta di Luigi Di Maio non tarda ad arrivare: «A me l'Italia piace tutta, dalla Sicilia alla Valle d'Aosta, e sono orgoglioso di questo Paese».Intanto, con un timing oggettivamente non felicissimo, la Banca d'Italia ha annunciato ieri il taglio delle stime di crescita del Pil per quest'anno allo 0,9% (dall'1,2% precedente), lasciando invariata la previsione dell'1% per il 2019. Immaginiamo l'entusiasmo di Conte nel vedersi recapitata la comunicazione nel pieno di una trattativa così delicata.
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