2022-06-20
«C’è stata collusione tra scienza e politica per far credere che era tutto a posto»
Nel riquadro il microbiologo Francesco Broccolo (iStock)
Il microbiologo della Bicocca Francesco Broccolo: «Hanno voluto rassicurare i cittadini a ogni costo, così molti sono stati poco oggettivi».«Questi errori di comunicazione nascono per due motivi». Il virologo Francesco Broccolo, docente di microbiologia clinica all’università Milano Bicocca, racconta dove e come siano potuti nascere tutti questi errori offrendo un punto di vista diverso dai tanti che abbiamo ascoltato in questi mesi.Qual è il primo motivo che ha provocato questi «errori comunicativi»?«Il primo motivo è che questa pandemia è stata una sperimentazione ad interim, ovvero si scoprivano le cose strada facendo».Per esempio?«Vedi l’efficacia del vaccino sulla malattia e sull’infezione. All’inizio, infatti, si parlava sempre di efficacia e non si distingueva mai l’efficacia sulla malattia e l’efficacia sull’infezione. Sia i tecnici sia i politici non operavano questa differenza. Questo è stato un errore perché non si sapeva la reale efficacia del vaccino e quindi si metteva tutto nel calderone».E l’altro motivo qual è, secondo lei?«Si è voluto rincuorare la popolazione che con il vaccino tutto si sarebbe messo a posto subito e in poco tempo. C’è stata una collusione fra la scienza e la politica nel voler rassicurare i cittadini che le cose stavano andando per il verso giusto. Ci sono stati esperti e tecnici che si sono fatti tirare per la giacca e molti di questi sono stati poco oggettivi. Addirittura chi, invece, guardava le cose in modo oggettivo veniva imbavagliato».Questo è grave.«Diciamo la verità. Molti esperti cercavano di essere fuori dal coro analizzando le cose in modo eccessivo per mettere magari il faccione in tv e stare sulla cresta dell’onda».In questa pandemia la politica ha vinto sulla scienza?«In tv sembrava che i virologi e gli infettivologi avessero un potere enorme tanto da guidare la politica e dunque apparentemente poteva sembrare che il potere della scienza fosse superiore a tutto. Il punto, però, è che gli esperti che venivano poi realmente consultati dalla politica erano quelli del Comitato tecnico scientifico e non gli esperti che andavano in televisione. E quel Cts era composto, tra gli altri, da ginecologi e altri medici vari, ma di virologi nemmeno l’ombra. In quel primo Cts non c’era un virologo! Manco uno! E manco un infettivologo! E si parlava di una pandemia, non di malattie sessualmente trasmissibili».Ma quindi era più importante il politico o il tecnico?«Apparentemente il tecnico, ma secondo me solo apparentemente».Quindi aveva il sopravvento il politico?«Sì. Secondo me, sì».C’è mai stata malafede nelle comunicazioni fatte agli italiani? Se pensiamo al green pass, ad esempio, tante cose non tornano.«Il green pass all’inizio aveva un razionale scientifico perché spingeva, magari in un modo non tanto gentile, a vaccinarsi tutta una serie di persone che erano indecise. Almeno all’inizio, quindi, il green pass è stato uno strumento sicuramente politico, ma anche utile».E dopo questa fase?«Quando siamo arrivati ad avere un numero importante di vaccinati il green pass è stato uno strumento puramente politico, soprattutto dal momento in cui si è capito che il vaccinato poteva infettare chiunque. E allora mi chiedo: perché si è continuato a insistere nel voler costringere i cittadini?».Professore, lo chiedo io a lei. Che risposta si dà?«Il green pass non garantiva la non trasmissibilità dell’infezione. Di conseguenza, perché insistere ancora quando poi vieni a sapere che la Camera dei deputati era praticamente l’unico luogo d’Italia dove si poteva accedere senza green pass? Ci sono state delle pesanti contraddizioni create dal decisore politico».A proposito di green pass. Come poteva Mario Draghi affermare, a luglio 2021, che con il certificato verde si aveva la certezza di non infettarsi?«Quella è stata una faccenda grave. Difficile capire se lui è stato vittima di un inganno da parte dei tecnici, i quali gli hanno fatto credere che davvero potevi avere la certezza di non contagiarti se avevi il green pass. O viceversa, se lui stesso abbia voluto forzare ulteriormente. Sul fatto che ci sia stata una forzatura, credo non ci siano dubbi, è innegabile».Ma come è stato possibile?«Lo spiego subito dimenticandomi totalmente della politica. Si è sempre saputo che questo vaccino non era come quello della polio, ad esempio, che bloccava la trasmissione della malattia. Questo vaccino non ferma l’infezione. E allora perché dare una carta verde per accedere a vari luoghi per garantire la non trasmissibilità?»In un certo senso mi sembra di capire che si possa affermare che si è cercato di governare la pandemia con la strategia della paura.«Penso di sì. La paura all’inizio c’era, ed era giustificata. Ma poi si è proseguito così anche quando le conoscenze sul virus erano maggiori. Da gennaio, con la nuova variante Omicron è stato deciso di andare avanti con un martellamento e un clima che ha fatto solo del male».Cioè?«Le cose potevano essere spiegate in modo diverso. Le persone si sono sentite ingannate perché il politico o il Comitato tecnico scientifico non ha mai detto: “A oggi non sappiamo dirvi”, “a oggi non abbiamo dati certi”. Queste frasi non si sono mai sentite».E che frasi si sentivano?«Ho partecipato ad alcune riunioni, o call interne come si dice adesso, per decidere la strategia della divulgazione scientifica alla presenza di grandi esperti, alcuni che avevano presenziato anche dentro il Cts. Ecco, in queste riunioni veniva detto che dovevamo parlare o in bianco o in nero. Ma la scienza non è bianco o nero. La scienza è fatta di tante tonalità di grigio e quindi tutti i comunicatori che parlavano alla popolazione con frasi tipo “sicuramente sì” o “certamente no” lo hanno fatto per mettere in giro dosi di rassicurazione che di fatto non era il caso di dare».