2019-08-21
Brexit sempre più hard da subito. «Stop alla libertà di movimento»
Boris Johnson annuncia l'immediato ripristino delle frontiere britanniche per tutti i cittadini Ue «dal 31 ottobre». Tensioni con Bruxelles sul destino dell'Irlanda. Donald Trump invece promette a Londra patti commerciali speciali.Dal punto di vista geopolitico, quella sganciata lunedì dall'Home office britannico (l'equivalente del nostro ministero degli Interni) è una vera e propria bomba. Da Londra fanno sapere infatti che, dalla mezzanotte del 31 ottobre, in caso di Brexit senza accordo la libertà di movimento dei cittadini dell'Ue subirà uno stop definitivo. Detto in termini più semplici, chiunque possieda un passaporto europeo non potrà più entrare e uscire dal Paese, né tantomeno soggiornarvi e lavorare, senza andare incontro a limitazioni. La conferma è arrivata da un portavoce del dicastero: «La libertà di movimento così come sussiste oggi terminerà il 31 ottobre quando il Regno Unito lascerà l'Unione europea, e dopo la Brexit il governo introdurrà un nuovo e più giusto sistema di immigrazione che privilegerà le competenze e il contributo che le persone potranno dare al Paese, piuttosto che il luogo dal quale provengono».La mossa del ministro Priti Patel rappresenta un irrigidimento rispetto alle posizioni del suo predecessore Sajid Javid, attuale cancelliere dello scacchiere nel governo guidato da Boris Johnson. Javid aveva lasciato intendere che anche dopo l'uscita del Regno Unito dall'Ue i cittadini europei avrebbero potuto circolare liberamente. In realtà, già nel settembre 2018 l'allora premier Theresa May dichiarò che la libertà di movimento sarebbe terminata «una volta per tutte». Sebbene fonti vicine al ministro riferiscano che la Patel consideri buono il lavoro svolto da Javid, allo stesso tempo riportano la «necessità di introdurre cambiamenti a seguito dell'arrivo di un nuovo primo ministro e all'insorgere di nuove priorità». E proprio in quest'ottica va visto l'ordine tassativo di non partecipare alle riunioni dell'Ue a partire dal 1° settembre, impartito per l'appunto ieri da Johnson a tutti i suoi funzionari.Cosa accadrà all'atto pratico il prossimo 31 ottobre, ancora non è dato saperlo con precisione. Sembra che il ministro Patel abbia inviato dei funzionari a Singapore per comprendere a fondo il funzionamento, anche dal punto di vista informatico, del sistema di immigrazione dell'arcipelago asiatico. L'unica cosa sicura, oltre all'annunciato giro di vite, sono le parole pronunciate alla Bbc dallo stesso primo ministro Boris Johnson: «Quanto ci accingiamo a fare è lasciare l'Unione europea, e ciò significa che tutti i poteri torneranno nelle mani del Regno Unito. Ciò non significa che inizieremo a fermare tutti coloro che arrivano nel Paese, né che diventeremo ostili nei confronti dell'immigrazione e degli immigrati».Parole che non sono servite a placare le proteste dell'opposizione. Il leader del Labour, Jeremy Corbyn, ha espresso il disappunto nei confronti della presa di posizione di Priti Patel, da lui definita «ridicola». Critico anche il sindaco di Londra Sadiq Khan, che definisce la decisione «sbagliata, insensibile e crudele». Ma c'è anche un'altra polemica che ha tenuto banco, quella tra Johnson e il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Lunedì il primo ministro britannico aveva inviato una lettera a Tusk nella quale, pur auspicando un accordo con l'Ue, affermava la netta contrarietà nei confronti del backstop (letteralmente «rete di protezione»), quel meccanismo che in caso di Brexit garantirebbe l'esistenza di un confine non rigido tra l'Irlanda (membro dell'Ue) e l'Irlanda del Nord (parte del Regno Unito). Nella lettera indirizzata all'ex premier polacco, Johnson definisce il backstop «antidemocratico e incompatibile con la sovranità del Regno Unito». Dura la reazione di Tusk, che pur non menzionando direttamente l'inquilino di Downing Street su Twitter ha tuonato: «Il backstop rappresenta una garanzia per evitare un confine rigido fintantoché non venga trovata un'alternativa. Coloro i quali si dicono contrari al backstop e non propongono un'alternativa, nei fatti intendono ristabilire il confine. Anche se non lo ammettono». Mentre i rapporti tra Bruxelles e Londra appaiono sempre più tesi ogni giorno che passa, cresce invece l'intesa tra Johnson e il presidente americano Donald Trump. Nel corso di una telefonata avuta lunedì sera, i due hanno discusso tra le altre cose di un accordo di libero scambio tra gli Usa e il Regno Unito. «Non vedo l'ora di incontrare Boris questo fine settimana al G7 in Francia», ha poi twittato esultante Trump. Ma la Brexit non è solo una questione di cavilli legali. Poco meno di 50 anni fa John Lennon, nella sua celebre Imagine, fantasticava di un mondo senza nazioni. Le parole del cantautore inglese sono entrate talmente in profondità nell'immaginario comune occidentale al punto da essere considerate alla stregua di una conseguenza ineluttabile della globalizzazione. Ma i tempi che viviamo dimostrano quanto sbagliata fosse quella previsione. Raggiunto dalla Verità, il politologo della Luiss Lorenzo Castellani afferma che «i confini acquisiscono un significato fondamentale nella teoria e nella pratica della Brexit. La promessa è quello di un Regno Unito più protetto dall'immigrazione e dalla globalizzazione e, al tempo stesso, capace di rinegoziare nuovi accordi di libero scambio». L'uscita dall'Ue «può essere condivisibile o meno», conclude Castellani, «ma a forza di immaginare nazioni con confini sempre più sfumati si è determinato un meccanismo di rigetto che ha portato a vincere le elezioni chi crede che proprio i confini, e l'identità che essi preservano, siano ancora molto importanti».
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».