2021-07-07
I brevetti fanno gola più degli ex br latitanti
Nel faccia a faccia con l'omologo francese, Marta Cartabia sfiora solo il tema della complicata estradizione dei terroristi ricercati. La partita dietro la «cooperazione giudiziaria esemplare» è il trasferimento da Londra a Milano del Tribunale delle invenzioni.Tra la Francia è l'Italia c'è una «cooperazione giudiziaria esemplare» come hanno affermato ieri Marta Cartabia e il suo omologo transalpino Eric Dupont-Moretti. I due ministri della Giustizia si sono incontrati qualche giorno fa Roma, poco prima che iniziasse la visita di Stato del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, arrivato a Parigi domenica e ripartito per Roma ieri.Il comunicato congiunto spiegava che i due ministri hanno discusso di alcuni tra «i principali temi della cooperazione giudiziaria bilaterale e europea». Tra questi figuravano la lotta alla criminalità organizzata «anche nel campo dei reati ambientali» e l'utilizzo di strumenti digitali «per migliorare l'efficienza della giustizia». I titolari della Giustizia di Italia e Francia hanno anche parlato di protezione dei minori non accompagnati e della lotta alla violenza contro le donne.Stranamente i due Guardasigilli hanno fatto solo un accenno all'estradizione degli ex br che, da vari decenni, vivono in Francia grazie alla protezione della «dottrina Mitterrand». La nota congiunta ricorda solo che Cartabia e il suo omologo francese ne avevano parlato nel loro incontro precedente, svoltosi in videoconferenza a causa del Covid lo scorso aprile. Da allora il dossier dei dieci ex terroristi rossi è in alto mare e le promesse fatte da Emmanuel Macron e dallo stesso Dupont-Moretti nel maggio scorso, relative al ritorno in Italia degli ex br, sembrano quelle di un marinaio.In effetti nelle udienze svoltesi alle Corte d'appello di Parigi, tra il 5 maggio e il 30 giugno scorsi, gli avvocati della difesa di Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Luigi Bergamin, Enzo Calvitti, Roberta Cappelli, Narciso Manenti, Giorgio Pietrostefani, Marina Petrella, Sergio Tornaghi e Raffaele Ventura, hanno fatto di tutto per guadagnare tempo. Nell'udienza del 23 giugno scorso, al quale La Verità ha assistito, alcuni degli avvocati degli ex br hanno addirittura scomodato l'articolo 16 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, nel quale si dice che «ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione». Come dire: l'Italia è un postaccio per il rispetto dei diritti degli imputati. L'atteggiamento degli avvocati difensori degli ex br non sorprende come conferma anche uno dei maggiori esperti in estradizioni, il penalista italo-francese Ciro Perrelli, secondo il quale «gli avvocati stanno cercando di rallentare in tutti i modi la procedura di estradizione, ad esempio contestando il diritto riconosciuto dalla Corte d'appello di Parigi al collega William Julié - l'avvocato dello Stato italiano - di prendere la parola durante le udienze. Ma lo Stato può intervenire ed essere ammesso alla procedura, stante l'estradizione passiva».Quello che invece sorprende è il tono leggero con il quale il nostro ministro della Giustizia tratta l'affaire degli ex brigatisti rossi. Tenuto conto dell'intesa tra il nostro capo di Stato e Emmanuel Macron manifestata anche sul misteriosissimo Trattato del Quirinale, è ovvio che Marta Cartabia non abbia potuto alzare la voce. Ma leggendo la nota congiunta si ha l'impressione che la titolare di via Arenula abbia preferito parlare poco del ritorno nelle patrie galere degli ex compagni di Cesare Battisti, e tanto della «partita» per ottenere una sezione del Tribunale unico dei brevetti. A causa della Brexit, questo tribunale lascerà Londra, per questo Cartabia ha espresso al suo omologo la «viva aspettativa» di vederla atterrare a Milano. Insieme al suo collega transalpino, il nostro ministro della Giustizia ha anche espresso «soddisfazione» per l'avvio della Procura europea.Nell'estasiarsi per la collaborazione giudiziaria in ambito Ue, l'ex presidente della Corte costituzionale ha forse dimenticato che la giustizia francese non collabora sempre volentieri con quella italiana. Ad esempio, all'inizio del 2021, la Corte d'appello di Angers ha bloccato la procedura per l'estradizione verso l'Italia di Vincenzo Vecchi. L'uomo è stato condannato a dodici anni nel processo sul G8 di Genova. L'ex contestatore vive in Bretagna dal 2011 e gode di molti sostegni importanti nella gauche d'Oltralpe. Il tribunale francese ha richiesto un parere alla Corte di giustizia europea, sollevando dei dubbi sul nostro diritto e sul rispetto dei diritti degli imputati da parte dello Stato italiano. C'è da sperare che al di là delle Alpi i vari attori della giustizia e delle istituzioni smettano di considerare con tono condiscendente l'Italia e le sue leggi. Oppure si dovrà attendere l'arrivo del tribunale da Londra perché Marta Cartabia brevetti una modalità per ottenere senza problemi che i condannati fuggiti dall'Italia tornino nelle carceri del Bel Paese.