2019-12-21
Bossi difenda la vecchia Lega, ma consegna base e futuro a Salvini
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Dopo le parole di Giuseppe Leoni contro il Capitano («Vogliono farci il funerale») c'è chi si aspettava parole più dure da parte del Senatùr. Invece l'Umberto, in carrozzina, quando prende la parola difende il segretario. «È uno di quelli che vuole ancora lottare». E rispetto alle inchieste della magistratura gli dimostra tutta la sua solidarietà. «Anche il fatto che adesso vogliano condannarlo vuol dire che qualcosa lo abbiamo fatto bene, non ho mai visto un segretario della Lega che sia stato tranquillo».Fino a pochi giorni fa, tra la sede della Lega in via Bellerio e la casa di Gemonio della famiglia Bossi, nessuno aveva ancora capito cosa avesse in mente «l'Umberto» per il congresso della Lega. Verrà? Non verrà? Manderà un messaggio? Non si farà vedere neppure come a volte è già successo? D'altra parte il vecchio capo padano, 78 anni, fondatore del Carroccio insieme con la moglie Emanuela Marrone e l'amico Giuseppe Leoni, è costretto da qualche mese su una carrozzina. Fa fatica a camminare. In settimana a parlare era stato Leoni, in un'intervista a Repubblica, concessa a Gad Lerner. L'inamovibile presidente dell'Aero Club d'Italia (Aeci), già interdetto dai pubblici uffici per una condanna per peculato, ha sparato contro il segretario Matteo Salvini: «Vogliono fare il funerale alla vecchia Lega, non ci dormo la notte. Ci ho messo l'anima e ad Umberto è persino costata la salute». La tensione è alta. Non è che l'Umberto verrà solo per attaccare il Capitano? Durante il congresso all'Hotel Da Vinci di Milano, giorno in cui si riunisce la Lega Nord in vista della fondazione dell'altra nuova Lega (Lega Salvini premier), invece il Senatùr stupisce tutti. A un certo punto compare insieme con i suoi uomini della scorta all'ascensore che porta alla sala congressi. Scende insieme con loro e si presenta in sala. I delegati leghisti, ancora con i vecchi vessilli padani, lo accolgono con un boato. Lo applaudono. Poi tocca a Giancarlo Giorgetti chiamarlo e a dargli la parola. Daniele Belotti lo storico speaker di Pontida lo invoca a gran voce. «Parla il presidente». Bossi scende dalla carrozzina e si fa trasportare a braccio al tavolo dei relatori. Prende il microfono e inizia a parlare. E' lucido, come sempre. Incomincia con i suoi ragionamenti politici. Parla del movimento delle sardine («Non bisogna sottavalutarlo, anche noi facevamo politica fuori dal palazzo con le scritte sui muri della Padania»). Tira qualche frecciata a Salvini, ma ne riconosce il coraggio. «E' uno di quelli che vuole ancora lottare». Ma il vecchio Capo, da cui qualcuno si aspettava bordate ben più pesanti, in realtà non demolisce la spinta nazionale di Salvini. Anzi. «Non ci sono litigi per fortuna, sarebbe un modo per dare soddisfazione agli altri", assicura proprio a fianco dell'ex ministro dell'Interno che ha portato il suo vecchio Carroccio a fare un pieno di voti che mai avrebbero potuto pensare, all'epoca, da Sud a Nord. «Ma» aggiunge Bossi «anche con i voti e con un sacco di parlamentari non riesci a cambiarle le cose. Il palazzo non te lo concede. Dobbiamo ricordarci che la Lega deve essere sempre spinta sociale, da fuori, solo così riusciremo ad avere l'autonomia». Perché, dice il Senatùr: «la Lega non è un partito qualsiasi, un partito come gli altri: è una forza identitaria. Identità e appartenenza saranno indispensabili nei prossimi mille anni. La Lega è nata per quello», ricorda. «Sull'autonomia non siamo riusciti a ottenere niente. Quella è una battaglia che la Lega deve mantenere», ruggisce, aggiungendo: «Matteo Salvini è uno di quelli che vuole combattere ancora, la battaglia della Lega sarà sempre di cambiare le cose, il centralismo, fare in modo che il Paese diventi davvero democratico». E ancora, sul leader della nuova Lega, usa parole al miele: «Anche il fatto che adesso vogliano condannare Salvini vuol dire che qualcosa lo abbiamo fatto bene, non ho mai visto un segretario della Lega che sia stato tranquillo». Bossi ha buone parole per Salvini, ma anche per la sua Lega. «I giornalisti fuori mi hanno chiesto se oggi si celebra il funerale della Lega. Col cazzo io rispondo, Oggi non si celebra nessun funerale». Certo, poi ribadisce che Salvini non può «imporci un cazzo» e che comunque se vuole avere il simbolo «deve raccogliere le firme». Ma sono piccole stilettate, per tenere a bada la base padana che forse non vede di buon occhio lo spostamento a Sud. Ormai la strada è segnata. Anche Bossi lo ha capito. «Il prossimo congresso della Lega Nord sarà sulle cose da fare e tutti potranno partecipare». Sarà tra cinque anni. In sala tutti ne sono certi: Bossi si farà sentire anche allora.