2018-03-30
Dopo la batosta la Boschi piazza ancora i suoi pasdaran
Giri di nomine e promozioni nella pubblica amministrazione. Premiati i fedelissimi del sottosegretario e qualche paracadutato. Con il compagno di partito Luca Lotti ha blindato alcune figure, minacciate dal possibile arrivo dei «barbari» grillini e leghisti.Nessuno sa perdere meglio di Maria Elena Boschi. A dicembre 2016 perse il referendum sulla riforma costituzionale che portava il suo nome, ma non fece una piega. Domenica 4 marzo ha guidato con Matteo Renzi il Pd ai minimi storici, ma due giorni dopo era già rientrata a Palazzo Chigi, nel suo ufficio di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con il consueto piglio autoritario. E mentre centrodestra e 5 stelle tentano faticosamente di formare un governo, lei continua a fare nomine di fedelissimi ovunque. «Ai successori non farà trovare neppure uno sgabello libero», è la battuta che si raccoglie a Palazzo Chigi, dove anche i sindacati sono sul piede di guerra.Gli ultimi due casi riguardano la nomina di altrettanti dirigenti di prima fascia, ovvero figure di vertice, con stipendi che possono variare da 180.000 a 240.000 euro l'anno. La Boschi, insieme al compagno di partito Luca Lotti, ha deciso di blindare a tutti i costi Giovanni Panebianco, un dirigente di seconda fascia con contratto triennale che aveva lavorato prima al dipartimento dello Sport e poi in quello delle Politiche contro le droghe. Ebbene, tra l'8 e il 18 febbraio è stato fatto un interpello interno per un posto da dirigente generale come «coordinatore dell'Ufficio tecnico-scientifico e affari generali» del dipartimento che si occupa di droghe, e il giorno dopo l'incarico è stato assegnato a Panebianco. Il decreto di nomina porta la firma del segretario generale Paolo Aquilanti e la data è quella del 6 marzo, ovvero il martedì dopo la disfatta elettorale. E se il curriculum di Panebianco è comunque valido, quello che colpisce, a parte la fretta di procedere alla nomina, è che il prescelto era titolare di un contratto triennale che sarebbe scaduto il prossimo 6 agosto. Avete capito bene: aveva ancora tre mesi di contratto, ma la Boschi lo ha «stabilizzato» prima che arrivassero i «barbari» di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Se la pubblica amministrazione fosse sempre così previdente, saremmo la prima economia d'Europa. E adesso che il governo si è anche formalmente dimesso, sono pronte nuove prebende e nuovi ingaggi di fedelissimi renziani. L'ultimo «movimento» che sta mettendo in fibrillazione gli oltre 4.000 dipendenti della presidenza del Consiglio riguarda una misteriosa figura esterna, sempre paracadutata dalla Boschi. Anche qui si tratta di «un dirigente di prima fascia in arrivo da altra amministrazione», come è stato anticipato ai sindacati interni. Una formula che può riguardare il fedelissimo di qualche ministro in uscita, oppure il solito dirigente dei soliti enti locali della solita regione del centro Italia. Il fatto è che alla Presidenza del consiglio non mancano certo i dirigenti di seconda fascia da promuovere, ma forse non sono targati Pd. E in ogni caso, non solo i dirigenti di prima fascia, dopo la riforma del 1990, sono magicamente passati da 35 a 91, ma a tutt'oggi ce n'è una ventina «in staff». Insomma, senza un vero incarico. Possibile che tra loro non ce ne sia neppure uno in grado di essere recuperato? Pare di no. La Boschi, insieme al fido Aquilanti, ha proprio deciso di non fare prigionieri. Chi invece ha la possibilità di darle uno stop, almeno uno, è il nuovo presidente della Camera, Roberto Fico. Una delle ultime nomine della Boschi al consiglio di Stato è quella di Carla Ciuffetti, suo braccio destro al dipartimento Riforme istituzionali. Una nomina sulla quale c'è stata un'interrogazione parlamentare dei 5 stelle, ma che Palazzo Spada ha comunque ratificato. Solo che la Ciuffetti è un consigliere parlamentare e adesso deve ottenere il fuori ruolo da Fico.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».