2023-03-22
Borrell si intesta i fondi per armare l’Africa
L’Alto rappresentante dell’Unione annuncia: «Riforniremo di munizioni ed elicotteri Niger e Somalia» attingendo dal tesoretto per la pace che vale sette miliardi di euro. La Nato intanto batte cassa: «Per la Difesa bisogna spendere almeno il 2% del Pil».Bruxelles ha accolto sotto il cappello dello Schuman forum, i 27 ministri della Difesa, rappresentanti della Nato, Onu, Unione africana e ben 45 Paesi partner dell’Ue. Il tema è quello della Difesa e il titolo del forum su input del rappresentante Ue per gli Esteri, Josep Borrell, è «Più forti insieme in un mondo instabile». Obiettivo: «Rafforzare la cooperazione tra gli attori globali e regionali rilevanti nel campo della sicurezza e della difesa e di essere un forum in cui saranno discusse le questioni chiave della sicurezza e i modi per rafforzare la pace e la sicurezza internazionali». Al termine della mattinata di lavori i due speaker di peso sono usciti dal solco tecnico e hanno affidato ai giornalisti due messaggi totalmente politici e mirati a impegnare le mosse dei partner per i prossimi anni. «L’Europa fornirà munizioni ed elicotteri nei prossimi mesi a partner come Niger e Somalia attraverso lo European peace facility (Epf)», ha detto Borrell chiudendo il forum. «Il lavoro che facciamo in Ucraina ha cambiato il brand dell’Unione europea», ha precisato, spiegando che «altri partner ora si aspettano da noi la stessa rapidità ed efficacia dimostrata in Ucraina». L’altra dichiarazione di svolta è arrivata dal rappresentante della Nato. «È mia prerogativa convocare la commissione Nato-Ucraina e credo che il momento sia arrivato», ha commentato il segretario generale, Jens Stoltenberg, chiarendo che l’incontro avverrà nel quadro della ministeriale esteri di aprile e che il format avrà una cadenza più regolare nel futuro. «Al summit di Vilnius mi aspetto che i leader siano d’accordo sul fatto che il 2% del Pil sia il minimo per quanto riguarda le spese in Difesa» ha detto Stoltenberg prima di andarsene. Le dichiarazioni, quella di Borrell e del numero uno della Nato si tengono tra di loro. Stoltenberg pone un paletto che è stato troppo a lungo divelto dai Paesi Ue. Quando nel 2018 e poi nel 2019 Donald Trump viaggiava in Europa chiedendo il medesimo impegno di partecipazione alle spese militari, gli amici di Borrell, i governi francese e tedesco accoglievano le richieste dell’ex presidente repubblicano sorridendo e in taluni casi sghignazzando. Adesso che l’invasione russa dell’Ucraina e l’intervento americano targato Biden ha cambiato le carte in tavola, Stoltenberg ha le spalle grosse per tornare a battere cassa e soprattutto sciogliere il nodo che aveva annodato Emmanuel Macron. Non solo la Nato non è più in «stato di morte celebrale», ma è l’organismo a guida americana che decide anche i budget europei per la Difesa. Non solo. Fissa l’asticella e fa capire che prima va destinato alla Nato e poi ai singoli Paesi. Per questo ieri Borrell ha tenuto in un certo senso a intestarsi l’avvio di due grandi progetti di presenza militare in Africa. Il fondo per promuovere la pace e armare Paesi alleati dall’Ue nasce nel 2021 e ha in pancia complessivamente 7 miliardi di euro. Poco meno di 3 sono quelli disponibili in questo momento. Con una scelta che ha fatto discutere Bruxelles ha deciso di dirottare parte dei fondi al riarmo dell’Ucraina e per gli ordinativi di nuove munizioni. Anche Borrel, il quale sostiene apertamente che l’Europa ha cambiato brand ed è pronta a indossare l’elmetto, si incammina pe un nuovo percorso politico. Per lui l’obiettivo è prendere le distanze da francesi e anti trumpisti e quindi potersi fregiare il petto con una medaglia. Dall’altra parte l’ok ufficiale all’invio di mezzi, materiali e armi in Niger e in Somalia apre la strada a un importante novità per il nostro Paese. I nostri militari da tempo lavorano nel Paese del Sahel e sono pronti ad affrontare una missione a Mogadiscio. Dove sarebbe necessario rafforzare la Marina e creare un percorso di crescita interno alla sicurezza. Inoltre, la presenza militare italiana sotto la bandiera europee aiuterebbe a contenere l’avanzata russa e cinese nell’area. I mercenari di Vladimir Putin, gli uomini della Wagner, da qualche settimana si muovono con estrema disinvoltura a Port Sudan. Da lì, dalle acque del Mar Rosso, la longa manus del Cremlino può far arrivare rifornimenti e infilarsi in profondità nel Sahel. La loro presenza è indice e segno di crescente capacità di destabilizzazione e rende il presidio militare italiano in Niger ancor più importante. Negli ultimi sette mesi la Misin, sigla che sta per Missione italiana bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger, ha portato avanti la formazione di circa 8.200 militari condotta nei centri di addestramento di Niamey, Agadez e Arlit. Nel campo della sanità e dell’educazione, Misin ha avviato e finalizzato molteplici progetti con le istituzioni civili, per un totale di oltre 560.000 euro. «Tra questi, la costruzione del Centre d’expertise de médecine aéronautique du Niger, centro deputato agli accertamenti sanitari volti al rilascio delle idoneità medico-legali per il personale pilota e tecnico dell’Armée de l’Air», si legge in un recente comunicato. «Si tratta di una capacità che potrà essere rivolta anche alle nazioni partner del Niger, rendendo il Paese un centro di riferimento internazionale». Chiaramente servono più fondi da destinare alla Difesa per creare legami di lungo termine. Per noi lo sblocco politico dell’iniziativa africana è un’ottima notizia, perché saranno i nostri militari a portare avanti la diplomazia che conta, quella della sicurezza e della presenza sul campo. Borrel è infine un altro tema. Bene vigilare che non si intesti queste iniziative. Andrà sostituito da un Parlamento Ue a matrice di destra. E per questo servirà l’appoggio di alleati esterni all’Ue, ma interni alla Nato.