2025-08-31
Borghi vuoti? Zuppi li vuole pieni di stranieri
Monsignor Matteo Maria Zuppi (ANsa)
Cardinali e vescovi pungolano il governo su un tema cruciale: «Non lasciate morire le aree interne e spopolate dell’Italia». Un appello sacrosanto. Peccato che il presidente della Cei proponga poi una soluzione allucinante: metterci gli immigrati.Qualche giorno fa, a Benevento, ben 139 tra cardinali, arcivescovi, vescovi e abati hanno presentato un documento di grande importanza che tocca un tema fondamentale per il futuro della nazione. Si tratta di una lettera aperta che è stata letta dal primo firmatario monsignor Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento, ed è incentrata sulla condizione delle aree interne. Cioè i territori che si stanno nemmeno troppo lentamente spopolando, paesi e borghi che rimangono vuoti o isolati o privi di servizi. Insomma, un pezzo di cuore dell’Italia che sta avvizzendo e che bisogna a tutti i costi salvare. «La lettera», ha detto monsignor Accrocca, «è un contributo che offriamo al governo e al Parlamento, perché non possiamo e non dobbiamo rassegnarci a sancire la morte di una parte significativa della nazione. Ne sortirebbe un danno per tutti. Noi crediamo che, accanto alle criticità, che pure ci sono, le aree interne possono vantare grosse potenzialità, che devono però essere valorizzate in un progetto organico che richiede tempi anche lunghi. Una sfida che la politica deve saper cogliere se non vuole assistere al proprio fallimento. Noi siamo già presenti sul campo e siamo disponibili a offrire il nostro contributo». I prelati contestano l’impostazione del Piano strategico nazionale delle aree interne, accusato di arrendersi alla prospettiva dello spopolamento. Secondo i religiosi si tratta nei fatti di un «suicidio assistito», una «morte felice» dei territori. Il loro documento è estremamente determinato: «Chiediamo che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne», scrivono giustamente gli uomini di Chiesa. «Sollecitiamo le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese. Chiediamo altresì di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico». Le soluzioni proposte, ancorché per ora soltanto teoriche, sono interessanti: «Riteniamo che si debba ribaltare la definizione delle aree interne», sostengono i prelati, «passando da un’esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo - in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità - a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina». Merita d’essere supportata, questa iniziativa, perché non ci si può rassegnare alla decadenza totale di una parte rilevante e meravigliosa della nazione. «In questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore», continuano i sacerdoti. «Guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe - oltre che segno di grave miopia politica - un torto fatto alla nazione intera, poiché un territorio non presidiato dall’uomo è sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio - per nulla ipotetico - di favorire nuovi e sempre più vasti disastri ambientali, senza contare il rischio della perdita di parte di quell’immenso patrimonio artistico-architettonico che fa dell’Italia intera un museo a cielo aperto». Fortunatamente il documento non è passato inosservato. Tommaso Foti, ministro degli Affari europei, delle Politiche di coesione e dell’attuazione del Pnrr, ha risposto con una lettera in cui assicura che il governo non ha alcuna intenzione di abbandonare le aree interne: «Personalmente», ha dichiarato ad Avvenire, «sono pronto a un incontro con i vescovi per capire come condividere l’obiettivo comune di una ripartenza delle aree interne». Sembra dunque che il sasso lanciato nel proverbiale stagno abbia sortito effetti positivi. Resta però una preoccupazione. Se è vero che le osservazioni contenute nel documento dei sacerdoti e la prospettiva di lungo periodo che esso disegna sono condivisibili e apprezzabili, è anche vero che c’è sempre un rischio dietro l’angolo. E cioè che con la scusa del ripopolamento si organizzino progetti per riempire di stranieri le aree in difficoltà. Non è una nostra paranoia, ma una possibilità concreta, che è già stata messa in campo in anni passati e che, incredibilmente viene caldeggiata proprio dai vertici della Chiesa, in controtendenza - almeno sulla carta - con quanto è scritto nella lettera aperta di cui sopra. Il presidente della Cei, monsignor Matteo Maria Zuppi, è tra i firmatari di quel documento e non ha perso occasione per commentarlo con Avvenire. Indovinate quale è il primo punto su cui si è soffermato parlando dei borghi in via di spopolamento? Ovvio, l’accoglienza degli stranieri. «È una parte del futuro per tutto il Paese, non c’è futuro senza accoglienza», ha rimarcato Zuppi. Non a caso Avvenire, giorni fa, ha dato conto del dibattito sulle aree interne rimarcando il concetto: «Accoglienza degli stranieri, protezione degli anziani e reti contro l’individualismo. Passa da qui la sopravvivenza delle aree interne del nostro Paese». Capito? Pure la lotta per la sopravvivenza di borghi diviene una scusa per promuovere l’immigrazione di massa, con la Cei a tirare la volata. Questa ormai è la cifra dei vescovi italiani, sacerdoti della religione umanitaria: a parte l’accoglienza, niente.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.