2020-08-02
Boom di arrivi, Lampedusa scoppia. E noi pattugliamo i confini francesi
A fine agosto partiranno le missioni miste. Mentre Parigi cura i suoi interessi in Africa, noi ci occupiamo di proteggerla dai clandestini. Il sindaco chiude l'hotspot dell'isola siciliana: i profughi resteranno sul molo.Graziano Delrio scende in campo. Peccato che il numero di nuovi cittadini equivalga alla perdita di popolazione: la sostituzione è in corso.Lo speciale contiene due articoli.Il governo giallorosso ha deciso di tenere fuori gli immigrati. Raffreddate gli entusiasmi, però, perché mica li tengono fuori dall'Italia. Gli stranieri che bloccheranno, al contrario, sono quelli che dal nostro territorio tentano di raggiungere la Francia attraversando la frontiera a Nord Est. Almeno questo si capisce dalle dichiarazioni rilasciate venerdì sera a Roma dal ministro degli Interni francese, Gérald Darmanin, a seguito di un incontro con Luciana Lamorgese. «Per la prima volta ci sarà una pattuglia mista tra le forze di polizia di Italia e Francia alla frontiera italiana», ha detto Darmanin. I militari saranno dispiegati tra la fine di agosto e gli inizi di settembre. «I trafficanti di esseri umani si approfittano delle diverse disposizioni delle polizie di Italia e Francia e quindi questa forza di polizia mista è un grande passo in avanti», ha aggiunto il francese. «Oltre a questa ci sarà una forza di polizia di frontiera italiana che si installerà a Bardonecchia».Sembra davvero una raffinatissima presa per i fondelli. Negli anni passati abbiamo assistito più e più volte all'odioso spettacolo dei gendarmi francesi che, di nascosto, scaricavano i migranti sgraditi oltre il confine italiano nemmeno fossero rifiuti tossici. E adesso, non paghi delle umiliazioni passate, che facciamo? Ci mettiamo ad aiutare i vicini d'Oltralpe affinché i nostri clandestini non passino il confine. I cugini, ovviamente, se ne fregano altamente del caos migratorio in casa nostra: continuano a coltivare i propri interessi in Nord Africa a discapito dell'Italia e si guardano bene dal farsi carico degli stranieri in arrivo sulle nostre coste tramite nave. Giusto due settimane fa, la Caritas che opera al confine piemontese ha fatto sapere che la Francia respinge circa 100 migranti al giorno. Però il nostro governo - inventandosi una nuova definizione per la sindrome di Stoccolma - si mette ad agevolare il controllo delle frontiere altrui. Il tutto mentre le nostre, di frontiere, sono un colabrodo. I dati del Viminale disegnano un quadro disperante. Sono 13.710 i migranti sbarcati sulle coste italiane dall'inizio dell'anno. Nello stesso periodo, nel 2019, erano 3.867. Significa che siamo quasi ai livelli del 2018, quando ancora si avvertivano gli strascichi della grande invasione e gli stranieri sbarcati erano 18.546.Ma le cifre più inquietanti sono altre. Negli ultimi cinque giorni sono stati registrati 1.634 arrivi. Vuol dire che, nel mese di luglio, sono giunti sul nostro territorio 6.760 stranieri (contro i 1.088 del 2019 e 1.969 del 2018). In un solo mese sono arrivati tanti immigrati come in sette mesi del 2019: è spaventoso. E l'ondata non accenna a diminuire. Tra la notte di venerdì e la mattina di ieri a Lampedusa sono approdati in 300 tramite sette sbarchi autonomi. Nell'hotspot dell'isola si trovano circa 950 persone, cioè dieci volte tanto quelle che dovrebbe contenere. «Ci sono 1.000 persone, è stracolmo e ora è chiuso», grida il sindaco lampedusano Totò Martello. «I migranti che arriveranno dovranno stare sul molo Favaloro. Va organizzato l'immediato trasferimento. Non capisco perché il presidente del Consiglio non dichiari lo stato di emergenza considerato che in due settimane abbiamo avuto 250 sbarchi. Cinquemila persone in 28 giorni è numero superiore al 2011: in quel caso il governo dichiarò lo stato di emergenza». Non che altrove vada meglio. Protestano amministratori e sindaci in Basilicata, Lazio, Campania, Calabria, Piemonte, Veneto... A Palermo, ieri, un egiziano positivo al Covid (faceva parte di un gruppo di 33 contagiati trasferiti dopo lo sbarco) è uscito dall'hotel San Paolo palace dove era stato accolto, si è fatto un bel giro durato alcune ore e poi è rientrato. In 28 sono fuggiti dal centro di contrada Cifali, a Ragusa, dove erano stati trasferiti in 117, tra i quali 9 positivi al Covid-19. Scene di surrealismo puro. Di fronte a un disastro di tali proporzioni, tuttavia, il ministro dell'Interno non appare particolarmente scosso. Ieri Luciana Lamorgese ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera alternando mezze verità a fuffa. A sentire lei, l'aumento degli sbarchi dipende dalla crisi economica in Tunisia (improvvisamente, la Libia non è più un problema...). «Ho detto al ministro dell'Interno francese Darmanin che la crisi tunisina non può essere gestita da un solo Paese per tutta l'Europa», assicura la Lamorgese. Le sue parole hanno avuto così tanto effetto che noi aiuteremo i francesi a Nord, mentre loro sembrano continuare a lavarsi le mani di quanto accade qui. La signora Luciana ripete, in ogni caso, che non bisogna avere troppi timori: «Tutti i migranti che sbarcano sulle nostre coste sono sottoposti al test sierologico e poi al tampone». Peccato che dalla Sicilia dicano cose diverse, e cioè che i tamponi non vengono fatti a tutti, e infatti sono stati trasferiti in altre regioni migranti infetti. Per rispondere ai guai siculi, la Lamorgese ha deciso di noleggiare un'altra nave quarantena che dovrebbe essere operativa da questa sera, mentre una seconda nave dovrebbe essere posizionata al largo delle coste calabresi. Bellissimo. Queste imbarcazioni costano più o meno 1,5-2 milioni di euro al mese. I contribuenti italiani ringraziano. Ecco, queste sono le grandi idee del ministro per fronteggiare l'aumento esponenziale degli arrivi. Con l'aggiunta di un paio di promesse: chi è sbarcato in Italia dopo l'8 marzo non verrà regolarizzato (e ci mancherebbe pure) e verranno rimpatriate più persone in Tunisia tramite aereo e nave. Ammesso pure che succeda, se le partenze dal Nord Africa proseguono a questo ritmo, sarà come svuotare una cisterna con un cucchiaio. Ma si vede che al nostro governo va bene così, del resto è già troppo impegnato a cancellare i decreti Sicurezza e a pensare allo ius culturae. In fondo, l'importante è che i migranti non arrivino... in Francia. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/boom-di-arrivi-lampedusa-scoppia-e-noi-pattugliamo-i-confini-francesi-2646859294.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-pd-prima-smonta-i-decreti-sicurezza-e-ora-vuole-lo-ius-soli" data-post-id="2646859294" data-published-at="1596304545" data-use-pagination="False"> Il Pd prima smonta i decreti Sicurezza e ora vuole lo ius soli Non gli basta mai. Giusto ieri commentavamo le modifiche che neutralizzeranno i decreti sicurezza voluti a suo tempo da Matteo Salvini: riduzione drastica delle multe alle Ong, agevolazioni per l'ottenimento del permesso di soggiorno e di lavoro, riduzione dei tempi (da 4 a 3 anni) per l'acquisizione della cittadinanza tramite residenza e matrimonio. Eppure la maggioranza di governo non è ancora soddisfatta. Oltre all'invasione, vuole la grande sostituzione. Pochi giorni fa, è stato il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzollina, a tornare sul tema dello ius culturae (che è poi lo ius soli sotto altro nome, ovvero la cittadinanza facile). «Ci sono bambini che già oggi hanno cultura e valori italiani. Non vedo nulla di strano nell'aprire una riflessione nel nostro Paese. Prima o poi si dovrà fare», ha dichiarato. Interessante: visto che la signora si preoccupa tanto degli «italiani del futuro», forse farebbe meglio a consentire ai bambini stranieri di rientrare a scuola, e invece non è in grado di garantire un bel nulla né a loro né ai piccoli italiani. Ieri, sull'argomento cittadinanza è tornato Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera con una grande passione per le Ong. Parlando con La Stampa, ha spiegato che il percorso per lo ius culturae «si era già avviato, poi il virus ha interrotto tutto. Ma mi auguro», ha aggiunto, «che il Parlamento torni a occuparsene». Secondo Delrio, «i riformisti sono radicali nei principi, ma sanno seminare e aspettare il tempo buono del raccolto». Il capogruppo Pd si ritiene dunque uno che sa aspettare. «Sullo ius culturae non mollo», ribadisce, «nell'idea che ogni volta che abbiamo concesso più diritti a qualcuno siamo diventati più forti tutti. I cambiamenti avvengono con costanza e determinazione: sono sicuro che arriverà anche questo risultato». Ma certo che arriverà, se Pd e sodali continueranno a restare al governo. Il punto è che una nuova legge sulla cittadinanza non è necessaria né utile. Al massimo rischia di risultare controproducente. Per rendersene conto basta dare uno sguardo ai dati Istat pubblicati soltanto poche settimane fa. I numeri dimostrano che dalle nostre parti non è per nulla difficile ottenere la cittadinanza, tanto che continuano ad aumentare gli stranieri diventati italiani. Lo scorso anno si sono contate ben 127.000 nuove cittadinanze, cioè 24 ogni 1.000 stranieri, ovvero il 13% in più rispetto al 2018. I «nuovi italiani», dal 2015, sono così lievitati a oltre 766.000, valore di poco inferiore alla perdita di popolazione di cittadinanza italiana negli stessi anni. Siamo, appunto, alle soglie della sostituzione etnica. Ma c'è di più. Sempre a partire dai dati Istat, la fondazione Ismu - Iniziative e studi sulla multietnicità (dunque non un covo di pericolosi sovranisti) ha messo per iscritto un'analisi interessante. Ha spiegato che, «nonostante l'acquisizione di cittadinanza venga considerata come la massima espressione di integrazione e stabilità», in un numero «crescente di casi la mobilità garantita dal passaporto italiano» porta «i nuovi concittadini a emigrare nuovamente in Paesi terzi o nel luogo di origine». Significa che «l'acquisizione di cittadinanza è un elemento incentivante all'emigrazione internazionale per i nuovi cittadini». Nel 2018 le emigrazioni degli stranieri divenuti italiani ammontavano a circa 35.000 unità, facendo rilevare un aumento del 6% rispetto al 2017. Nel 2019, invece, delle 182.000 persone che hanno lasciato l'Italia, la componente di stranieri è cresciuta del 39,2% rispetto all'anno precedente. Che cosa vuol dire? Che in un numero crescente di casi i «nuovi italiani», non appena ottengono la cittadinanza, se ne vanno. O si trasferiscono in altri Stati europei oppure, addirittura, rientrano nel loro Paese d'origine. Riepilogando: le nuove cittadinanze sono in aumento costante, e tanti fra coloro che beneficiano della naturalizzazione scelgono di abbandonare l'Italia, approfittando del documento fresco di stampa. Anche tenendo conto di questi dati, vi sembra che sia il caso di rendere ancora più snelle le procedure per l'ottenimento della nazionalità italiana? La battaglia condotta dalla maggioranza, da un lato, è puramente ideologica, cioè condotta a prescindere dalla realtà. Dall'altro, però, ha un evidente secondo fine: quello di creare una platea di nuovi elettori potenziali negli anni a venire. È l'unica spiegazione, altrimenti non si capirebbe tanta ostinazione nel chiedere una modifica inutile, dannosa e anche offensiva nei confronti di chi è cittadino lo è già e ogni giorno viene allegramente trascurato dal governo.