2022-02-25
La volpe Bonomi rinuncia all’uva Serie A
Il presidente di Confindustria non è mai stato veramente in partita. Oggi riunione preparatoria in vista dell’assemblea del 3 marzo Se non ci sarà accordo tra i club, Gravina ha già il nome del commissario. Restano in campo Bini Smaghi, Mauro Masi e Lorenzo Casini.«Dice che Confindustria gli lascia molto tempo libero. Quindi va a giocare a pallone». Un grande imprenditore del Nord aveva liquidato così, con un’entrata a gamba tesa, la candidatura di Carlo Bonomi a presidente della Lega calcio. Un’idea surreale tramontata ieri pomeriggio quando il numero uno degli industriali italiani ha deciso di evitare la rivolta degli associati e ha preso la guerra al balzo per sgonfiare la palla e ritirarsi in buon ordine. «Il mio dovere istituzionale in un momento straordinario come questo», ha spiegato in una nota, «non può che concentrarsi solo sulla difesa degli interessi del sistema industriale italiano. Per questo ho comunicato ai club della Lega che mi è impossibile accogliere la richiesta di assumerne la presidenza».Fine di un volo pindarico, primo curioso effetto collaterale dei cannoni russi puntati su Kiev. In realtà da una settimana l’intero sistema imprenditoriale italiano era in subbuglio per la pretesa di Bonomi di collezionare poltrone come un qualsiasi grand commis pubblico buono per tutte le stagioni. E di volerlo fare mentre le aziende chiudono sotto il peso di due anni di pandemia gestita con i lockdown anche per colpa sua; mentre chi resiste ha cominciato a ricevere le mazzate dei costi dell’energia; mentre chi vive di export si prepara all’emergenza guerra-sanzioni. In questo scenario, lui si stava infilando gli scarpini bullonati come se la vita fosse un lungo weekend che non passa mai.Chiamato dal presidente del Milan, Paolo Scaroni, e dall’ad dell’Inter, Beppe Marotta, a difendere gli interessi della Serie A dopo l’uscita di scena di Paolo Dal Pino, l’ex numero uno di Assolombarda asceso al trono nazionale due anni fa, ha dribblato la sollevazione degli associati ma non una brutta figura. Di ritorno dal viaggio di nozze alle Maldive (si è da poco sposato con la giornalista di Mediaset, Veronica Gervaso), ha fiutato il vento e ha deciso di non giocare. Precisando che «naturalmente, Confindustria resterà sempre disponibile a qualunque contributo sia volto a ridare al sistema calcio il ranking finanziario e manageriale che gli spetta in Europa». Politichese puro per mascherare la resa senza condizioni e rientrare nei ranghi dopo le critiche sempre più diffuse anche da parte di ex grandi elettori come Emma Marcegaglia, Marco Tronchetti Provera e Diana Bracco. La base è esacerbata a tal punto da mettere il dubbio la sua sopravvivenza manageriale già a maggio, quando ci saranno le elezioni di midterm, con lo spettro del commissariamento.La scalata di Bonomi alla Serie A sarebbe stata comunque impervia. Lo si era capito alla prima votazione, rivelatasi un disastro completo nonostante il battage perfino imbarazzante dei molti giornali amici: ha preso solo un voto. La batosta non lo aveva fatto rinsavire. Nei giorni scorsi aveva confermato la disponibilità, anche se qualche consigliere in Viale dell’Astronomia gli aveva sussurrato che il raddoppio di poltrone sarebbe stato incompatibile per lo statuto di Confindustria («Le cariche di presidente e vice non sono cumulabili con alcuna altra carica del sistema»). Lui ha già un secondo ruolo, quello di presidente di Fiera Milano, che gli garantisce 200.000 euro di emolumenti, mentre da numero uno della Lega ne avrebbe aggiunti almeno 100.000. Di fatto il cremasco Bonomi è un ben piccolo imprenditore, titolare del 33% dell’azienda medicale Synopo. Viene definito «più finanziere che industriale, un raffinato esponente del private equity». Le big del calcio avevano puntato su di lui (dopo Milan e Inter, anche Juventus) per ottenere solide entrature a Palazzo Chigi e bypassare la filiera politica che spesso si interrompe alla sottosegretaria Valentina Vezzali. Dal punto di vista amministrativo il pallone è bucato, i bilanci sono disastrati e i debiti galoppano. Serve un personaggio conosciuto, che faccia lobby, ottenga presto gli stadi aperti al 100% e acceda ad eventuali agevolazioni o finanziamenti. In vista dell’assemblea del 3 marzo ora i candidati sono tre. Lorenzo Bini Smaghi, su indicazione ufficiosa di Francesco Giavazzi (consigliere economico di Mario Draghi) e sponsorizzato dagli «amerikani», i proprietari statunitensi di Roma, Venezia, Fiorentina, Spezia, Genoa, Bologna. L’ex direttore generale della Rai, Mauro Masi, attorno al quale si coalizzerebbero le tre big, peraltro pronte a confluire su Bini Smaghi. E Lorenzo Casini, capo di gabinetto di Dario Franceschini al ministero della Cultura, portato avanti dal duo Claudio Lotito-Aurelio De Laurentiis.Se ne parlerà oggi in Lega, dove i presidenti sono impegnati ad adeguare lo statuto alle richieste della Federcalcio. In caso di inadempienza, il presidente Gabriele Gravina ha già nominato un commissario ad acta, il professor Gennaro Terracciano. Il solito clima da assemblea condominiale mentre la barca affonda in un mare di debiti. Anche per questo il «dovere istituzionale» di Bonomi ieri è diventato quello di darsela a gambe.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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