2023-09-19
Tutte le segnalazioni sul rischio alluvione ignorate da Bonaccini
Arbusti nel letto dello Zena, detriti lungo il Reno, gli espropri mancati. L’Emilia-Romagna era stata avvertita dei pericoli.Una proposta di legge prevede pene più dure per chi spaccia sostanze «leggere». Faida Bonaccini-Schlein nel Pd.Lo speciale contiene due articoli.«Le paratoie non si sono aperte perché la piena ha danneggiato il meccanismo». È il comma 22 applicato dalla Regione Emilia Romagna all’alluvione, è la giustificazione suprema per coprire errori, omissioni e mancate manutenzioni: gli strumenti anti esondazione non avrebbero funzionato per colpa dell’esondazione. Frase accompagnata da braccia larghe, collo incassato nelle spalle e aria contrita, come a dire che non ci si poteva fare nulla. È la surreale motivazione con cui la vicepresidente Irene Priolo spiega il mancato funzionamento di due paratoie nel Forese Ravennate (la periferia) che avrebbero dovuto tenere a bada il fiume Montone e invece hanno mandato sott’acqua centinaia di famiglie.Quel maggio della tragedia in due atti (martedì 2 e lunedì 15) non se lo dimentica nessuno, i parenti delle 17 vittime e i 20.000 sfollati continuano a chiedere perché. E quattro mesi dopo cominciano ad arrivare le risposte ufficiali regionali alle interrogazioni della minoranza, che chiamano in causa il dissesto idrogeologico e confermano limiti e buchi del meccanismo di prevenzione e controllo. La Regione punta sempre e comunque sull’eccezionalità dell’evento atmosferico ma i casi singoli sono illuminanti, piccole pepite che contribuiscono a confermare anche una cattiva gestione. Quello delle due paratoie inutilizzate nel Ravennate è così lampante che la vice di Stefano Bonaccini, per uscire dall’angolo si esibisce in una ricostruzione storica della «chiavica denominata Alberoni» che parte dal 1739 e passando per decisioni risalenti al 1875 arriva al «ripristino dello scarico in località Longana mediante una chiavica a saracinesca detta Spadoni per riversare sul fiume Ronco le acque delle terre alte mediante un diversivo». Aiuto.La parola giusta è proprio diversivo, adottata nella fluviale risposta per dire che le saracinesche «non si sono aperte perché i livelli a fiume erano ancora elevati». Con un finale divinatorio: «L’apertura della chiavica Alberoni non avrebbe potuto avere effetti sensibili sul contenimento di un evento alluvionale assolutamente straordinario». Una spiegazione che Marta Evangelisti, capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, contesta con un sorriso: «È come dire che un’auto non frena non perché qualcuno ha dimenticato di sostituire le pastiglie dei freni, ma perché la strada è in discesa. Un spiegazione talmente assurda che non può essere accettata. Nulla sarebbe cambiato per i residenti del Forese? Quelle due paratoie si dovevano alzare nel momento del bisogno per tentare di salvare pure soltanto una casa». Dissesto ambientale ma anche regionale. Dalla provincia di Ravenna a quella di Bologna, cambia il luogo non lo stile. Due anni fa il consigliere di minoranza del comune di Pianoro, Luca D’Oristano, postò su Facebook un servizio fotografico da giungla amazzonica: era il letto del torrente Zena. Lui chiedeva all’amministrazione piddina di pulirlo paventando «danni maggiori da possibili piene, esondazioni già accadute in passato». Il Consorzio di Bonifica Renana effettivamente lanciò l’allarme per la «folta vegetazione erbacea e arbustiva nell’alveo, cresciuta durante i mesi siccitosi». E ipotizzò: «In caso di piogge ed eventi di piena la vegetazione potrebbe causare ostacolo al deflusso delle acque». Furono chiamati in causa il Comune e l’Agenzia del Demanio; quest’ultima mise per iscritto che la competenza ex lege era della Regione. Ci fu anche un incontro pubblico, i cittadini della zona si lamentavano perché «il torrente e i suoi affluenti non venivano manutenuti da almeno cinque anni». Durante l’alluvione di maggio lo Zena ha travolto case a San Lazzaro di Savena, ha dilagato in pianura, ha dato ampio materiale ai servizi televisivi. Disinteresse prima, disinteresse dopo. Con un aspetto clamoroso: ad oggi i detriti dell’ultimo disastro non sono ancora stati rimossi. Lo ha denunciato il solito D’Oristano. «La situazione è rimasta invariata da quattro mesi. I detriti sono in quantità molto preoccupante, tronchi di traverso o incastrati fra loro sono dighe. E se non verranno portati via, alle prime piogge favoriranno nuove esondazioni».In questi mesi il governatore Bonaccini ha incolpato chiunque tranne sé stesso, ha tuonato contro gli uragani, voleva essere commissario unico per gestire i miliardi del governo. Eppure c’è un’altra storia ai confini della realtà che lo riguarda da vicino. È quella legata alla vasca di laminazione sul torrente Ghironda, al ponte Ronca, comune di Zola Predosa (città metropolitana di Bologna). La Regione aveva intuito l’importanza della cassa di espansione, che purtroppo rientra fra le 11 mai rese operative su 23, opere per le quali il governo regionale ha incassato 190 milioni in sette anni. Questa era nel programma triennale 2022-2024 come «intervento di prevenzione del dissesto idrogeologico e sicurezza del territorio e navigazione interna». La Ghironda aveva già fatto disastri nel 2014 e nel 2022, domarne le esuberanze doveva essere una priorità. Invece il manufatto è rimasto sulla carta per un inghippo amministrativo: l’ente pubblico avrebbe dovuto acquistare i terreni dai privati ma gli espropri sono andati per le lunghe fra impedimenti e ricorsi. Risultato, la vasca non esiste e l’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale ha indicato l’affidamento lavori, una volta scappati i buoi, per la fine di questa estate. L’ennesimo ritardo, la teoria che non diventa pratica neppure nei santuari politici del partito unico.«Segnalo il pericoloso stato di incuria e forestazione del fiume Reno». La pec dell’ex sindaco di Malalbergo (Bologna), Massimiliano Vogli, non ammetteva dubbi. Era indirizzata il 10 ottobre 2022 a Regione e Consorzio di Bonifica Renana e denunciava «accumulo di detriti ed alberi sotto il ponte sul Reno all’altezza della Statale 64, fra Malalbergo e Gallo (Ferrara), attraversato quotidianamente da migliaia di mezzi». Il 13 maggio scorso ecco un’altra mail con l’annuncio «del peggioramento dello stato dei luoghi rispetto alla segnalazione in premessa». A quel punto la consigliera di minoranza Evangelisti chiedeva in Consiglio regionale con un’interrogazione «se non sia doveroso intervenire tempestivamente nel tratto di fiume segnalato onde evitare pericolosi scenari in regime di piena. Inoltre se sia disponibile il piano di manutenzione del fiume e a quando risalga l’ultima manutenzione di quel tratto». Due giorni dopo il Reno avrebbe invaso la pianura.La risposta è comunque arrivata, sempre firmata dalla vicepresidente regionale Priolo. «Il settore sicurezza territoriale dell’Agenzia, distretto Reno, ha riferito di aver provveduto - sebbene il quantitativo di materiale accumulato non apparisse tale da creare un rischio di ostruzione - a segnalare all’ente competente l’esigenza di un intervento di manutenzione». A parte la previsione ampiamente sbagliata, chi era l’ente competente? L’Anas. Lo stabilisce l’articolo 12 del Regio decreto del 1904. Millenovecentoquattro. Quindi meglio segnalare a Roma piuttosto che intervenire in fretta, con le ruspe, a Bologna. Uno scaricabarile in piena regola mentre l’Emilia Romagna andava sott’acqua.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/bonaccini-allarme-alluvione-2665629518.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-corrente-pd-del-governatore-ora-sfida-la-schlein-sulle-droghe" data-post-id="2665629518" data-published-at="1695125806" data-use-pagination="False"> La corrente Pd del governatore ora sfida la Schlein sulle droghe La faida nel Pd passa anche attraverso le droghe leggere. Mentre la segretaria Elly Schlein è da sempre schierata per l’antiproibizionismo, all’interno del suo partito c’è chi va in direzione opposta. Alla Camera infatti è stata presentata una proposta di legge che chiede di inasprire le pene per i fatti di droga di «lieve entità». Niente di sorprendente, se non fosse che a presentarla non è stato qualcuno di destra-centro, come sottolinea Repubblica, che ha raccontato cosa c’è all’interno della proposta di legge, ma il deputato dem, Andrea De Maria, che è stato appena nominato responsabile organizzazione del nuovo correntone di minoranza, Energia Popolare, che fa capo a Stefano Bonaccini. Il testo, assegnato in sede referente alla Commissione Giustizia il 12 settembre, chiede di modificare il comma 5 dell’articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti, quello che riguarda, appunto, i fatti di lieve entità, come le droghe cosiddette leggere e la sola detenzione di sostanze. La proposta è di portare «da due a sei anni» le pene che oggi sono fissate da «sei mesi a quattro anni». Dunque, una stretta che mira a «dare la possibilità al giudice di valutare opportunamente l’applicazione della custodia cautelare in carcere, attualmente preclusa dall’entità della pena edittale». Insomma, più detenzione. Una proposta che diventa una faccenda imbarazzante per un Pd che va nella direzione opposta, tradizionalmente molto orientata alla depenalizzazione, fino al punto di ipotizzare il via libera alla produzione per uso personale della cannabis, «massimo 4 piante». Dal Pd nessuna reazione ma critiche aperte arrivano invece da +Europa, il cui segretario Riccardo Magi ha detto che «non è solo stupefacente ma anche politicamente molto grave che da un esponente del Pd arrivi una proposta di modifica della legge sugli stupefacenti che è persino peggiore di quelle proposte recentemente dal governo. In questo modo di fatto si elimina la lieve entità per le sostanze cosiddette leggere, che è l’opposto di quello che il Pd ha sostenuto nella scorsa legislatura votando in commissione per la mia proposta che toccava proprio questo punto». A pensar male si fa peccato, diceva qualcuno, ma anche la scarsa reattività dei dem vicini alla Schlein, fa pensare che la proposta non sia altro che un segnale politico. Non che il governatore dell’Emilia-Romagna viri a destra, anche se durante l’estate è stato molto visibile prendendo posizioni che a volte andavano a favore del governo Meloni, salvo poi cambiare idea e ribadire la vicinanza alla sua ex vice presidente in Regione. Che, va ricordato, ha conquistato la leadership del Pd grazie ai voti dei gazebo battendo proprio Bonaccini che invece era stato votato dal partito. E se ha sempre detto che «Elly è brava e non ha bisogno di difese», lui intanto si è fatto la sua corrente che, chissà, può sempre essere politicamente utile. Intanto De Maria assicura: «La proposta non è proibizionista ma vuole contenere il fenomeno del piccolo spaccio».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.