2021-03-25
Bojo rivalutato è uno schiaffo a Mattarella
Il Colle entrò a gamba tesa su Boris Johnson tra gli applausi di chi detestava i populisti: «Non è serio». Adesso, però, di fronte al successo della campagna di immunizzazione britannica, Mario Draghi lo indica come un modello: «Dobbiamo imparare il pragmatismo da Londra».All'improvviso, il diavolo ha assunto sembianze più dolci. O, detto in altre parole, l'orrendo populista ha smesso di puzzare. Lo scorso settembre, Boris Johnson era il nemico numero uno di ogni sincero democratico italiano. I media, più o meno all'unisono, lo bastonavano ogni giorno, editorialisti e professori universitari - tutti gongolanti - rilanciavano in coro la medesima tesi: «Il coronavirus ha fermato il populismo». Ovunque era un fiorire di articoli in cui il nome del premier britannico veniva affiancato a quelli di Trump, Bolsonaro, Putin, Orbàn e via destreggiando. Obiettivo della stampa illuminata era quello di dimostrare che i sovranisti con l'anello al naso avessero causato soltanto disastri: rifiutando «Lascienza», avevano messo in pericolo i loro cittadini. Ci fu addirittura chi accusava i governanti non progressisti di essere degli assassini di massa, degli stragisti.Per quanto riguarda Johnson, l'acme si raggiunse quando Sergio Mattarella (erano gli ultimi giorni di settembre del 2020) gli rifilò un'altezzosa frustata. Il rubicondo inglese si era espresso su lockdown e restrizioni dicendo che il suo popolo, a differenza degli italiani, «ama la libertà». Era una provocazione, come no, però Boris qualche ragione l'aveva. In ogni caso, Mattarella gli rispose piccato: «Anche noi italiani amiamo la libertà ma abbiamo a cuore anche la serietà», disse. L'uscita del presidente della Repubblica fu accolta da uno scroscio di applausi, i soliti commentatori corsero a spellarsi le mani e ripresero con ancora più vigore a farsi beffe della Perfida Albione populista.Diversi mesi dopo, tuttavia, l'atteggiamento delle nostre istituzioni è decisamente cambiato. Ora la Gran Bretagna è diventata addirittura un modello di efficienza e ha ricevuto l'inaspettato plauso di Mario Draghi. «Nel Regno Unito, giusto per fare un esempio, la campagna vaccinale procede più rapidamente, anche se bisogna dire che il numero delle persone che hanno ricevuto entrambe le dosi è paragonabile a quello dell'Italia. Vediamo però cosa abbiamo da imparare da quella esperienza e anche da quella di altri Paesi». Capito? Ora dal puzzone londinese dobbiamo imparare, perché a quanto risulta è più serio di noi.Non che Draghi abbia distribuito elogi incondizionati. Semplicemente ha fatto quello che i governanti dovrebbero sempre fare: se ci sono politiche che dimostrano di funzionare, bisogna prenderle in esame, rifletterci su e poi, se possibile, applicarle. «Lì si utilizza un gran numero di siti vaccinali e un gran numero di persone è abilitato a somministrare i vaccini», ha aggiunto Draghi. «Inoltre il richiamo della seconda dose è stato spostato nel tempo rispetto a quanto avviene in Europa. Insomma, quel che abbiamo da imparare è che, una volta che abbiamo una logistica efficiente (e l'abbiamo), con meno requisiti formali e con un maggior pragmatismo si arriva anche ad una maggiore velocità».Pensate: non solo gli inglesi sono seri, ma hanno anche mostrato maggior pragmatismo, il che ha consentito loro di somministrare più velocemente i vaccini, alla faccia delle farraginosità e dei clamorosi errori a cui ci ha abituato l'Unione Europea.Intendiamoci: non c'era bisogno delle parole di Draghi per rendersi conto che Johnson e soci avevano fatto un ottimo lavoro sulla distribuzione dei sieri. È sufficiente rivolgersi ai dati: calo dell'80% di ricoveri di anziani, milioni di persone già immunizzate, fasce «fragili» protette... In pratica, tutto quel che serve - si spera - per tornare a un'esistenza civile. I dileggiatori della Brexit che da sempre godono a insultare Johnson, dunque, avrebbero dovuto fare ammenda già da tempo.Il fatto però che Mario Draghi arrivi a citare il Regno Unito come esempio offre una coloritura politica e polemica in più a tutta la faccenda. A Mattarella che punzecchiava Johnson, rimarcando che la libertà non consiste nel «far ammalare gli altri», adesso arriva un colpo di fioretto da parte del presidente del Consiglio. Il quale, per inciso, ha dovuto tenersi a fianco gente che, in quanto a mancanza di serietà, non è seconda a nessuno, ad esempio Roberto Speranza.È vero: il focoso Boris non è sempre stato un maestro di efficienza, pure lui - specie nelle primissime fasi - ha commesso errori e ha dovuto correre ai ripari e modificare l'approccio. Se non altro, però, ha avuto l'umiltà o forse il buon senso di imparare dagli strafalcioni. E dopo un inizio faticoso, ha ripreso in mano le redini e ha celermente garantito protezione al suo popolo. Lo stesso, purtroppo, non si può dire dei nostri politici. Il blocco giallorosso ha commesso sbagli in quantità industriale, ma non ha mai avuto la dignità di ammetterli, anzi ha cercato di nasconderli o addirittura li ha rivendicati. E infatti oggi ci troviamo ancora tutti a farne le spese. Chissà, magari se Mattarella non avesse insistito così tanto a preservare la maggioranza che ci ha portato allo sfascio, forse l'Italia oggi non si troverebbe a dover prendere lezioni da chicchessia.
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