2018-08-14
Boccia si inventa i girotondi di Confindustria
Il capo degli imprenditori, in versione Nanni Moretti, minaccia scioperi contro il governo: «Potremmo scendere in piazza». Peccato che il leader delle braghe bianche sia stato in silenzio durante l'austerity di Mario Monti e il pasticcio sulle banche di Matteo Renzi.«Speriamo di evitare la piazza», dice il presidente Vincenzo Boccia al Messaggero, dopo aver minacciato lo sciopero di Confindustria. E così, ancora una volta, dimostra di non volere bene al nostro Paese. Perché, infatti, evitare la piazza? Con tutte le cose tristi che ci circondano, dico, perché privarsi dello spettacolo? Perché non auspicarlo? O meglio: perché non organizzarlo subito? Noi già ce lo immaginiamo: il girotondo di viale dell'Astronomia. Il sit in del sciur padrun, la rivolta delle belle braghe bianche. Non sarebbe una meraviglia? Boccia ad arringare la folla, come un nuovo Masaniello in salsa di Mibtel e Ebitda. Dietro di lui Montezemolo, che come è noto è sempre il primo in tutte le manifestazioni popolari, a patto ci sia la navetta privata per saltare la plebe (Stromboli docet). E poi tutti gli altri, capipopolo d'acciaio, anzi di Federacciaio, contestatori delle Brigate Tod's e rivoluzionari dell'Unione petrolifera. Avanti popolo alla riscossa, Federchimica rossa la trionferà. Non sarebbe una goduria? E allora perché Boccia, dopo tutto il resto, ce la vuole negare? Perché è così crudele da sperare che ciò non avvenga? Perché non si mette subito al lavoro per dare il via al primo girotondo di Confindustria, con Diego Della Valle al posto di Nanni Moretti, e Acqua di Parma come sponsor ufficiale? Noi già ce la pregustiamo la prima adunata ribelle: tutti al Quisisana di Capri, lotta dura e biosauna senza paura. Più che una piazza, una piazzetta, va beh. Ma tra un body treatment e l'altro, la battaglia sarebbe tostissima, con i capi di Assolombarda e Farmindustria a lanciare i cori tipici di ogni corteo che si rispetti: «Come mai, come mai sempre in (beep) agli operai». Si sa, quando il clima si surriscalda volano subito parole pesanti. O, almeno, Pesenti. Dico io: la vita è così avara di soddisfazioni, perché il presidente di Confindustria vuole toglierci anche questa? È un uomo dal cuore duro, lo si capisce leggendo la sua intervista sul Messaggero. Non solo il cuore, per la verità. In effetti c'è qualcosa che non torna nel suo modo di ragionare. Per carità: è chiaro che vuole sparare contro il governo. Ma seguirlo non è facile. Prima dice che la maggioranza gialloblù è colpevole soprattutto di «seguire la piazza» («Non possono limitarsi a seguire i sondaggi e la piazza», accusa severo). E subito dopo aggiunge che siccome non bisogna seguire la piazza, forse bisogna «portare gli imprenditori in piazza». Dunque non si capisce che cosa passa esattamente in quella Boccia: il governo deve seguire la piazza? Oppure no? O non la deve seguire quando ci vanno i cittadini e invece la deve seguire quando ci vanno gli imprenditori? Ma poi: gli imprenditori del salotto buono ci vanno in piazza? Loro che pure ad andare in Piazza Affari hanno qualche difficoltà? Tu chiamale, se vuoi, confusioni. O meglio: diciamo che l'uomo è diversamente lucido, nonostante le apparenze. Comunque bisogna capirlo: è deluso. Lo dice lui stesso, con parole definitive: è deluso dal governo, anche se quest'ultimo non ha ancora fatto la sua prima manovra, anche se il ministro Tria è affidabile, anche se sull'Ilva confida ancora nel buon senso, anche se tutte le altre misure sono ancora sospese. Niente. Lui è deluso. Come non lo è mai stato. Ma proprio mai. Non era così deluso, per dire, quando gli imprenditori suoi associati si impiccavano vittime dell'austerity assassina del governo Monti. Né quando le piccole imprese venivano uccise dalle banche protette dal governo Renzi. Ecco, no: lì Confindustria non sentiva il bisogno di scendere in piazza, e nemmeno in piazzetta. Niente. Chinava il capo e mandava i suoi giornali a spargere fiumi di saliva davanti al portone di Palazzo Chigi. Altro che girotondo del (ca) viale dell'Astronomia. Ora invece, o bella ciao, comincia la lotta partigianconfindustriale. Stamattina mi son svegliato e ho trovato l'invasor. Anche se la ricetta alternativa proposta da Boccia contro le truppe di occupazione salvimaie è tanto confusa quanto il resto del ragionamento. Dice che vuole partecipare alle decisioni, ma non vuole una società «consociativa». Dice che vuole affermare legittimamente la propria corporazione, ma non vuole una società «corporativa». Si schiera per una società «inclusiva», ma dà un po' l'idea che l'unico a essere incluso vorrebbe essere lui. Il quale, però, come si diceva, non riesce a essere incluso nello stesso recinto della logica. Proprio non gliela fa. Per esempio, a un certo punto, dice che bisogna ristabilire «l'equità generazionale». Bella idea, sacrosanta. Poi però afferma che per ristabilire l'«equità generazionale» bisogna smetterla di parlare di pensioni. E con che cosa la fai, Boccia mia, l'«equità generazionale»? Con le cerbottane? Giocando a quattro cantoni? Pimpiripette nusa pimpiripette pam? Con una cantatina all'Anema e Core, dopo la manifestazione in piazzetta? O con in giro in barca insieme a Gianluca Vacchi? Cercheremo di approfondire meglio la lezione di Confindustria, nella speranza che anche il presidente la metta meglio a fuoco. O, anche, nel fuoco. Considerata infatti l'affidabilità dei bilanci e delle comunicazioni sociali dell'associazione, come dimostrato dal noto caso del quotidiano Sole 24 Ore (ma forse le ore sono soltanto 18), ecco, conoscere la ricetta che esce da quel trust di cervelli ci interessa fino a un certo punto. Al massimo può interessare per fare esattamente il contrario, visti i risultati sin qui ottenuti dai loro programmi. Però, caro presidente, nel frattempo lei non ci deluda. Non si trattenga. Dia sfogo alla sua anima guevarista e contestatrice. Invada la piazza di amministratori delegati, organizzi i pullman di direttori generali, infiammi la protesta sindacale o, almeno, quella dei collegi sindacali. Che aspetta? Si trasformi nel Cofferati confindustriale, in un neo Bertinotti in doppiopetto manageriale, proclami il maxi sciopero contro sé stesso scioperante, pullman e panini a volontà, avanti tutti a bordo, ma anche nel board, che è la stessa cosa. E via verso il grande raduno, come quelli Cgil dei tempi d'oro. Magari al Circo Massimo. O anche solo al circo, che va bene lo stesso.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)