2025-06-11
La maggioranza ora si risveglia e annuncia barricate sullo stop agli Euro 5
Tutti i partiti contro il divieto europeo che paralizzerà il Nord. La Lega: «A partire da Salvini, siamo al lavoro a ogni livello».Levata di scudi in reazione al blocco: «Metterà in ginocchio camionisti e piccole ditte».Lo speciale contiene due articoli.L’allarme lanciato ieri dalla Verità sull’imminente stop alla circolazione delle autovetture Euro 5 dal prossimo ottobre in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna scuote dal torpore le forze politiche di maggioranza, che promettono interventi. A partire dal Carroccio, che ha diffuso una nota combattiva: «Come già ribadito, la Lega è impegnata a livello locale e nazionale (a partire dal vicepremier e ministro Matteo Salvini) per scongiurare il blocco dei diesel Euro 5 previsto nei prossimi mesi in alcune regioni». «Siamo al lavoro», aveva detto l’altro ieri Salvini, «per fermare il blocco delle auto con motore Euro 5. È una delle follie della Commissione Von der Leyen, che ha approvato quella fesseria economico-industriale che si chiama Green deal. La strada è un emendamento al decreto Infrastrutture». Come abbiamo scritto ieri, dal 1° ottobre e fino al 15 aprile nel Nord Italia scatterà il divieto di circolazione dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 19.30 (con alcune variazioni di orario in certe regioni) per le auto Euro 5 alimentate a gasolio, costruite tra 2011 e il 2015, che non potranno circolare nei Comuni al di sopra del 30.000 abitanti. Alla prima infrazione la multa sarà di 168 euro; in caso di recidiva in due anni, si pagheranno altri 168 euro con la sospensione della patente da 15 a 30 giorni. In Veneto il blocco parte il 20 ottobre nelle fasce orarie dei giorni lavorativi dalle 8 alle 18 fino al 15 aprile. In tutto rischiano lo stop 7.609.000 veicoli. Manco a dirlo, le Regioni applicano una direttiva europea, recepita dal governo guidato da Giorgia Meloni, con tanti saluti ai proclami sul «cancelleremo i deliri del Green deal!», con la variante «Ursula von der Leyen ha deciso di cambiare rotta». Come dicevamo, il nostro articolo pubblicato ieri ha smosso le acque e il centrodestra si è mobilitato. «Noi vogliamo rivedere dalle fondamenta», dice alla Verità il capogruppo al Senato di Forza Italia, Maurizio Gasparri, «le folli regole europee sulla transizione ecologica. Riteniamo in particolare che si debbano riconsiderare le tempistiche: vanno riviste tutte, non solo quelle che riguardano come in questo caso Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia Romagna». Da un capogruppo all’altro, anche il leader dei senatori della Lega, Massimiliano Romeo, illustra alla Verità il suo punto di vista: «Chiediamo al governo un piano di investimenti forti, un programma strutturale, per migliorare la situazione dell’inquinamento nel bacino padano, dove si sa benissimo che la circolazione dell’aria è più difficoltosa. Chiediamo che si prendano misure alternative, perché non si può andare a penalizzare in maniera così pesante chi non ha i soldi per acquistare un’auto più nuova». Una proposta concreta arriva anche da Tullio Ferrante, sottosegretario ai Trasporti e alle Infrastrutture di Forza Italia: «Il tema della sostenibilità», dice, «richiede un approccio pragmatico, in grado di coniugare le esigenze di salvaguardia ambientale con la tutela del tessuto economico. Lo stop per i veicoli Euro 5 avrebbe un impatto inaccettabile per i cittadini, per questo è necessario adottare una soluzione in grado di evitare il blocco alla circolazione degli stessi veicoli già in sede di conversione del decreto Infrastrutture. Occorrerà poi lavorare anche per cambiare il Green deal, frutto di una visione dogmatica che non combatte il cambiamento climatico ma affossa l’economia reale. Come ha ribadito il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, la decisione di imporre il passaggio all’auto elettrica nel 2035 va rivista. L’impegno di Forza Italia sarà massimo per fissare obiettivi realizzabili e non meramente ideologici che penalizzano in maniera sconsiderata milioni di persone». La Lega si muove in Regione Lombardia: «Non possiamo essere i soli in Europa», sottolinea l’assessore regionale all’Ambiente Giorgio Maione, «con un blocco che coinvolgerebbe più di mezzo milione di veicoli. Bisogna riaprire la discussione con Bruxelles e Roma per trovare più risorse e soluzioni condivise». Ieri il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione sull’argomento che ha come primo firmatario il capogruppo della Lega Alessandro Corbetta: «La Lombardia decide di non piegarsi alle euro follie sull’ambiente imposte da Bruxelles», commenta Corbetta, «e chiede al governo di annullare il blocco Euro 5 diesel in Pianura Padana che colpisce lavoratori, pensionati e studenti. Vanno sospese e rinviate le limitazioni ai diesel Euro 5 e trovate soluzioni alternative che tengano in considerazione le caratteristiche geografiche, economiche e sociali della Pianura Padana». La mozione approvata ieri «impegna il presidente e la giunta regionale a chiedere al governo italiano l’istituzione di un tavolo tecnico/politico composto dalle Regioni aderenti all’Accordo di bacino padano e al ministero dell’Ambiente che, in tempi rapidi, concordi e definisca, anche sulla base delle migliori tecnologie oggi disponibile e con l’obiettivo di un costante incremento della qualità dell’aria, soluzioni alternative al blocco strutturale dei veicoli N1, N2 e N3 alimentati a diesel di categoria Euro 5».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/blocco-diesel-euro-5-2672344681.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="associazioni-di-categoria-in-rivolta-ugge-seicento-milioni-di-perdite" data-post-id="2672344681" data-published-at="1749586708" data-use-pagination="False"> Associazioni di categoria in rivolta. Uggè: «Seicento milioni di perdite» Il conto alla rovescia è cominciato: da ottobre 2025 entrerà in vigore il divieto di circolazione per i mezzi diesel Euro 5 in molte aree del Paese, tra cui Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Ma il fronte del no si allarga, compatto e trasversale, dalle associazioni di categoria ai territori, passando per le voci degli imprenditori e dei cittadini.A guidare la protesta è Paolo Uggè, presidente di Fai-Conftrasporto, che non usa mezzi termini: «Siamo e saremo fermamente al fianco del governo italiano in quella che si preannuncia come una battaglia di buon senso contro una misura profondamente irragionevole, figlia di un’interpretazione ideologica e miope del Green deal europeo», afferma. Per Uggè, il divieto rappresenta «un colpo durissimo per l’intero settore del trasporto merci su gomma», mettendo a rischio la sopravvivenza di centinaia di imprese, «molte delle quali a conduzione familiare». L’investimento degli autotrasportatori, sottolinea, è stato ingente: «Sono 597 milioni di euro che rischiano di andare in fumo», con ripercussioni «su oltre 8.000 Comuni» e in particolare «nelle aree interne, dove il trasporto merci è vitale per la sopravvivenza economica e sociale». Ma c’è anche un chiaro richiamo alla politica: «Nel cuore della Romagna molti cittadini hanno scelto di votare il Partito democratico. Ora quel partito ha il dovere di rispondere ai propri elettori e non assecondare gli interessi di qualche realtà finanziaria internazionale o ambientalismo ideologico sganciato dalla realtà produttiva del Paese». L’appello finale è netto: «La prima cosa da fare è rinviare immediatamente il termine di ottobre. Poi favorire incentivi per chi vuole cambiare veicoli. Fermare i camion significa fermare il Paese. Noi non lo permetteremo».Una voce altrettanto critica arriva da Simonpaolo Buongiardino, presidente di Assomobilità, che focalizza l’attenzione sul parco veicoli interessato dal divieto: «Parliamo di un milione di automezzi, soprattutto veicoli commerciali, immatricolati nel 2014. Mezzi che hanno quindi solo 11 anni di vita, e che rappresentano investimenti importanti per le imprese», spiega.Buongiardino evidenzia lo squilibrio tra il costo di questi mezzi - anche 50.000 euro - e la loro estromissione anticipata dalla circolazione: «Sono ancora efficienti e funzionali. Mettere fuori uso queste flotte significa colpire una larga fascia della popolazione che lavora, produce e sostiene la città. A pagarne le conseguenze saranno le famiglie». Non manca una stoccata alle istituzioni regionali: «È vero che ci dovrebbe essere una linea comune a livello nazionale, ma la Regione Emilia Romagna si muove con criteri diversi. E poi ci si chiede perché i cittadini si allontanano dalle istituzioni». E infine il tema milanese, dove il divieto assume contorni paradossali: «È assurdo che questi stessi veicoli possano circolare nei Comuni con meno di 30.000 abitanti, ma possono essere multati nelle strade interurbane».Anche la Cgia di Mestre si è più volte espressa con fermezza contro il provvedimento, sottolineando che il blocco degli Euro 5 colpirebbe in particolare le piccole imprese artigiane, spesso impossibilitate a rinnovare i veicoli in tempi così ristretti.La Cgia ha chiesto a più riprese una moratoria e un piano nazionale coerente evitando decisioni a macchia di leopardo che «spiazzano gli operatori economici e danneggiano la competitività delle nostre imprese».E mentre il tema dei diesel Euro 5 continua ad alimentare il dibattito, a Milano si apre un altro fronte: quello dei motocicli. Le restrizioni annunciate vengono percepite da molti come punitive e scollegate dalla realtà cittadina. «Le due ruote rappresentano un’opzione ecologica ed efficiente, ma vengono trattate come un problema», denuncia Buongiardino.
Giancarlo Fancel Country Manager e Ceo di Generali Italia
Rifugiati attraversano il confine dal Darfur, in Sudan, verso il Ciad (Getty Images)
Dopo 18 mesi d’assedio, i paramilitari di Hemeti hanno conquistato al Fasher, ultima roccaforte governativa del Darfur. Migliaia i civili uccisi e stupri di massa. L’Onu parla della peggior catastrofe umanitaria del pianeta.