«Bisogna ricalcolare i rischi e i benefici dei vaccini». Parola degli esperti Iss

«Bisogna ricalcolare i rischi e i benefici dei vaccini». Parola degli esperti Iss
Silvio Brusaferro (Ansa)
Uno studio di tre ricercatori dell’ente riflette su effetti avversi e cure: «Con Omicron, serve un ripensamento sui booster».

«Mettiamo in discussione la reale necessità di somministrare questi prodotti, con effetti di lungo termine non ancora chiari, a persone a rischio con patologie autoimmuni, come pure a individui in salute, nell’epoca delle varianti Omicron».

La frase che leggete non è un dispiaccio negazionista e no vax. È un estratto dell’articolo, appena pubblicato sulla rivista Pathogens, di Loredana Frasca, Giuseppe Ocone e Raffaella Palazzo, tre scienziati del Centro nazionale per il controllo e la valutazione dei farmaci, che fa capo all’Istituto superiore di sanità. I ricercatori alle dipendenze di Silvio Brusaferro smontano la stantia propaganda del loro stesso ente, che ancora pretende s’inseguano gli italiani siringa alla mano. Con i ceppi virali oggi in circolazione - meno patogeni - e in presenza di cure Covid efficaci, sostengono invece loro, la politica dei richiami continui, anche quelli con i bivalenti, deve essere riconsiderata: «Il calcolo rischi/benefici» dei vaccini «richiede un aggiornamento».

Non stupisce solo che degli esperti dell’Iss si decidano finalmente a smitizzare la religione delle punture, in un fase in cui il tasso di mortalità per il coronavirus risulta «paragonabile o addirittura inferiore a quello dell’influenza». Sono sorprendenti - benché familiari ai lettori della Verità, costantemente informati sul dibattito in seno alla comunità scientifica - altresì le motivazioni addotte dagli autori dell’analisi.

Anzitutto, i ricercatori stemperano la retorica sui farmaci a mRna, che le virostar, incoraggiate dai recenti disastri cinesi, insistono nel glorificare in quanto protagonisti di un miracolo medico tutto occidentale. In realtà, osservano gli studiosi, «i vaccini più “tradizionali” e quelli genici sembrano avere un’efficacia simile». Vale per quello cubano, come per quello cinese. Giuseppe Remuzzi, del Mario Negri, una ventina di giorni fa, su Radio 24, aveva promosso il Sinovac: «Dopo tre dosi», funziona «più dei nostri a mRna».

Gli autori del saggio su Pathogens riflettono dunque sui vantaggi relativi delle inoculazioni ai sani e sui profili di sicurezza per i soggetti che soffrono di malattie autoimmuni.

Questi ultimi, considerati fragili e quindi candidati ideali alla profilassi, sono al contempo esposti ad alcuni degli effetti collaterali delle punture: quelle patologie aumentano i rischi cardiovascolari e giocano un ruolo nelle infiammazioni cardiache. Peraltro, non esistono dati sull’affidabilità delle «somministrazioni reiterate (fino a quattro o cinque e oltre)». E alcune statistiche realizzate nel Regno Unito rivelano che i decessi per cause diverse dal Covid sono più frequenti tra i vaccinati che tra i non vaccinati: una delle spiegazioni chiama in causa miocarditi e pericarditi subcliniche provocate dagli shot, difficili da diagnosticare, ma potenzialmente letali. E c’è un ulteriore elemento di riflessione: «Un’interessante metanalisi», sottolinea il paper, «mostra come l’uso di una monoterapia, tipo gli inibitori del fattore di necrosi tumorale (anti Tnf alfa), in questi pazienti fosse associato a un minor rischio di ricovero e morte per Covid-19». Quindi, l’opportunità di continuare a inocularli va riconsiderata alla luce di una combinazione di fattori: la scarsità di indagini sui booster, i sospetti sulle reazioni cardiache, la disponibilità di cure, la ridotta aggressività del virus Omicron. E la circostanza, valida sia per gli immunocompromessi sia per i sani, che «un gran numero di persone sta acquisendo naturalmente l’immunità» tramite infezioni, che spesso provocano pochi o nessun sintomo.

L’articolo dei tecnici Iss passa in rassegna tutti i dubbi sui farmaci a mRna, di cui sembrava un tabù parlare pubblicamente. Ad esempio, la persistenza nell’organismo della Spike, che viene sintetizzata su impulso dell’acido ribonucleico contenuto nel vaccino, e la sua potenziale tossicità. Uno studio uscito su Cell nel marzo 2022 aveva certificato che la proteina poteva restare in circolo due mesi dopo l’iniezione, mentre altri esami ne avevano trovato traccia nel sangue dei vaccinati fino a sei mesi dopo l’ultima dose. In più, gli scienziati italiani ricordano i disturbi neurologici collegati ai medicinali a mRna, più probabili in chi soffriva già di problemi autoimmuni; i casi di recidive di lupus eritomatoso sistemico (un’infiammazione cronica di vari organi e tessuti); di artrite reumatoide, talora insorta per la prima volta in seguito alle inoculazioni; e persino di sclerosi multipla. Spiccano, infine, le sospette correlazioni con infarti e ictus. Senza contare il saggio di Science Immunology, secondo il quale i richiami fanno aumentare gli anticorpi di classe IgG4, associati a una tolleranza immunitaria nei confronti del virus. Pensare che, quando ne abbiamo scritto su questo giornale, s’erano scatenati i soliti, grotteschi cacciatori di bufale. Adesso cosa faranno? Andranno in battuta direttamente all’Iss?

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