2024-03-11
«Bis di Trump? Per Meloni sarà dura»
L’analista Dario Fabbri: «Il nodo verrà al pettine quando gli Usa cominceranno a parlare con la Russia. Ed è un passaggio inevitabile, lo vuole lo Stato profondo. La difesa europea è possibile solo se a comandare saranno gli americani».Dario Fabbri, analista e direttore di Domino, rivista di geopolitica. Con Trump alla Casa Bianca, gli Stati Uniti si isolerebbero dal resto del mondo. La convince questa narrazione?«No. Non mi convince per due ragioni. Anzitutto perché quando sei una superpotenza globale, non puoi tornartene a casa. Anche volendo, è proprio impossibile. Dobbiamo immaginare il contesto. Arrivare all’egemonia globale significa avere talmente tanti dossier aperti, talmente tante crisi, nelle quali si agisce e dalle quali non ci si può ritirare. Aggiungo che si diventa superpotenza globale facendosi un bel po’ di nemici. E se dici “basta, mi ritiro perché sono stanco”, verrebbero a cercarti. Il solo annunciarlo sarebbe un segno di debolezza. Questo è il motivo per cui gli imperi esistono sempre».Quindi è impossibile, perché non è mai successo?«In realtà ci sono stati momenti di grande sofferenza e stanchezza. L’ultima volta che gli americani sono riusciti almeno parzialmente a ritirarsi dalle cose del mondo fu tra la Prima e la Seconda guerra mondiale. Quando però il loro peso era infinitamente minore rispetto ad oggi». L’opinione pubblica americana è stufa?«C’è una notevole stanchezza nell’opinione pubblica americana che Trump incarna e rappresenta, ma che non ha inventato lui. Trump, sia chiaro, è un oligarca newyorkese. Non è stanco di niente. Ha dalla sua una grande abilità politica. Parliamo di un signore che non c’entra niente con l’elettorato che però rappresenta. Tuttavia, queste decisioni non le prendono idealmente i presidenti degli Stati Uniti, perché molto banalmente questo potere non ce l’hanno. I mitici padri fondatori immaginavano che il presidente avesse quasi nessun potere e ci sono riusciti perfettamente. Ma cosa non avevano calcolato? Che quelle 13 colonie iniziali diventassero la prima potenza del pianeta. È questa la causa di ogni equivoco. Una superpotenza con alla testa un signore (una signora non è mai avvenuto) che ha pochi poteri ma è pur sempre il presidente della prima potenza al mondo». Andiamo allora diretti ai singoli dossier. Cosa accadrebbe in Ucraina con Trump presidente?«Molte cose cambierebbero. Trump rappresenta di nuovo quella parte della popolazione stanca della guerra che non vuole l’escalation nucleare possibile scontrandosi con la Russia. Ciò che più conta è che cambierebbe il tentativo stesso di parlare con i russi, a differenza di quanto accadde otto anni fa. Traduco. Trump è già stato presidente. Anche se qualcuno, coi suoi toni apocalittici, sembra dimenticarlo. Ha subito due impeachment proprio per aver tentato di aprire alla Russia. Era da poco stato eletto Zelensky e Trump esigeva che fosse indagato il figlio di Biden in cambio della promessa di armi. Ma in America ci sono 16 corpi di intelligence ed uno di questi in un pomeriggio di tedio trasmette tutto al Congresso. Poi l’impeachment si arena, essendo una procedura politica. Oggi sarebbe diverso. Tutti quegli apparati, alcuni dei quali allora ostili alla Russia, oggi direbbero “parliamoci”».Le dimissioni della più accanita antiputiniana Victoria Nuland dal Dipartimento di Stato non ne sarebbero che una conferma. Per non parlare dell’esplicito invito di Papa Francesco ad avere il coraggio di alzare bandiera bianca da parte dell’Ucraina.«Papa Francesco ha un rapporto molto complicato con gli apparati americani che gli rimproverano le aperture alla Cina, specie il rinnovo del meccanismo delle investiture. E Washington non vorrebbe la resa di Kiev, preferirebbe un congelamento della guerra senza vittoria russa».Come spiega questo nuovo atteggiamento verso la Russia del deep state americano?«Questa guerra ha cambiato le carte in tavola spingendo Mosca fra le braccia di Pechino. Per gli Stati Uniti questo è uno sviluppo grave». A conferma di quanto diceva a proposito dello scarso potere della Casa Bianca. Cosa accadrebbe a Gaza? Magari la crisi israelo - palestinese sarà già risolta.«Se per risolta intende la fine della controffensiva israeliana a Gaza, immagino di sì. Qualora Trump fosse eletto nel primo martedì di novembre si insedierebbe la terza settimana di gennaio 2025. Sarebbe davvero sorprendente che il conflitto non fosse terminato. Se invece per “risolta” si intende che si sia trovato un modo per convivere pacificamente, ne dubito fortemente. Gli americani però dal Medio Oriente non vogliono niente. Gli accordi di Abramo voluti da Trump e confermati nel 2022, a cui stava per aderire anche l’Arabia Saudita, intendono rassicurare le monarchie arabe: dagli Emirati al Bahrein. La filosofia è chiara: “avete paura della minaccia nucleare dell’Iran? Dovete affidarvi ad Israele”. Il motivo lo dico in maniera spiccia. Gli israeliani sono gli unici che hanno la bomba atomica in Medio Oriente. Gli americani vogliono che tutta questa impalcatura rimanga. Che ci sia Trump o qualsiasi altro. E di Medio Oriente non vogliono saperne quasi niente. Anzi posso togliere sicuramente il “quasi”». A proposito di mondo arabo, noi lì dentro ci infiliamo anche l’Iran. Semplifichiamo troppo?«Gli iraniani sono persiani quindi indoeuropei. Più vicini a noi. Gli arabi invece semiti e quindi più vicini agli ebrei. Arabi e iraniani sono prevalentemente musulmani. Ma da una parte sunniti e dall’altra sciiti. Pensare che debbano tutti andare d’accordo perché musulmani, equivarrebbe a dire che Italia e Francia vanno d’accordo perché cristiani. Ci sarebbe da sorridere al solo pensarlo. Il principale nemico delle monarchie arabe sono i persiani».Trump ha avvertito l’Europa che se non si metterà in regola con le spese militari non la difenderà neppure di fronte ad un ipotetico attacco di Mosca. Con questa uscita Trump vuole dire qualcos’altro?«No, no. Voleva dire proprio questo. Trump è quasi sempre sgradevole, ma su questo il pensiero di Obama non è diverso. Anche se ha una diversa nobiltà di espressione. Lo stesso Biden, che fa finta di indignarsi come accaduto nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, nel retropalco concorda. La regola della spesa del 2% del Pil in armamenti non è tassativa, sia chiaro. Il messaggio degli americani è che si occupano della “manutenzione del mondo” dal 1991 in completa solitudine. E quindi l’Europa deve darsi una svegliata. Anche se ovviamente non sarebbe lasciata al suo destino».La difesa comune europea come risposta alla provocazione di Trump è una prospettiva credibile?«Se per difesa comune si intende un contingente composto da Paesi Nato e dunque comandati dagli americani, dico sì. Se intendiamo un vero esercito europeo, no. Primo perché gli americani non te lo farebbero fare. Secondo, perché noi li abbiamo espunti dal dibattito ma i popoli europei esistono e lottano con o contro di noi. Noi (forse) ci faremmo comandare da chiunque. Ma vai a dire ad un polacco di prendere ordini da un tedesco. Per la Francia poi l’esercito comune europeo si riassume così: lo pagano i tedeschi e comandano loro. Le sembra praticabile?».Qualche settimana fa il ministro della Difesa Crosetto ha detto che la forza militare del blocco Russia, Iran e Cina supera quella della Nato. Esagera?«Difficilissimo da dire. Le teorie, tutte col bilancino, di augusti analisti militari sul tema divergono. Crosetto ha comunque fatto bene. Meglio sopravvalutare che non sottovalutare il nemico. Anche per svegliare l’opinione pubblica dal “sonno dei giusti”. Anche se non so cosa ci sia da dormire. L’economia non governa più le vicende del pianeta. Siamo in una nuova fase in cui serve una difesa maggiorata». Meloni che ha stretto un’intesa ferrea con Biden sarebbe imbarazzata dal ritorno di Trump?«Secondo me sì. Giorgia Meloni si è mossa con acutezza sul fronte ucraino, mettendo la questione anche sul piano della disputa morale e non solo territoriale contro l’autocrazia russa. Ma l’imbarazzo ci sarà nel momento in cui saranno gli americani a parlare con la Russia. Ma è una situazione inevitabile. Se potessi darle un consiglio? Conviene approfondire la visione degli apparati americani. È difficile da accettare per un politico che rivendica la superiorità dell’essere eletto sull’apparato che sta lì più stabilmente proprio perché non eletto. Lo Stato profondo americano vuole oggettivamente cambiare postura in Ucraina. E quando cambia l’amministrazione americana, se è bel tempo, cambia la nostra politica estera. Altrimenti può cambiare addirittura il governo; in parte se non del tutto».In tempi di guerra, basta coi gasdotti che vengono fatti saltare in aria ed il gas viaggia via nave. E questa va dove la porta il prezzo. Scenario credibile?«Scenario non troppo credibile in tempi di Huthi che infatti attaccano i colli di bottiglia. Come il Mar Rosso che collega il Mediterraneo all’Oceano Indiano e da dove passa il 16% del traffico mondiale. Non attaccano le navi del Qatar che ha buoni rapporti con tutti perché paga tutti, e neppure le navi verso la Cina o quelle russe. In tempi di globalizzazione viaggia per i mari il 90% delle merci ed il controllo americano si è scolorito. Anche questo qualcosa vorrà dire. Non sono sicuri i gasdotti ma neppure le navi in tempo di guerra». Coi gasdotti del Baltico saltati in aria l’Italia diventerà la porta del gas del sud verso l’Europa?«Non è una fantasia e comunque sempre che gli americani lo vogliano. I tedeschi sarebbero d’accordo perché sono lungo questa direttrice. Ma che succede se gli americani tornando a parlare con la Russia volessero evitare che tutto il gas di Mosca andasse in Cina attraverso la Siberia?».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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