
Chi compra un bambino spezza un legame con la mamma creatosi nell’utero e provoca in lui una ferita che non si rimarginerà mai. Per avere una famiglia servono un uomo e una donna, l’amore e una gravidanza. Non basta la voglia di togliersi un capriccio.Il signor Nicola Vendola dichiara che va di notte spesso nella stanza del bambino di cui è «proprietario». Avendo pagato, lo chiama il «suo» bambino. Suona un po’ come riferirsi a una macchina o a delle scarpe, perché pagare una donna perché lo porti in grembo è secondo me una cosa ignobile, perché i bambini non devono e non possono essere venduti. I bambini devono vivere con papà e mamma, la loro mamma e la loro papà. Se per qualche incidente della vita questo non è possibile, allora si danno al bambino un padre e una madre adottivi, ma la ferita resta. Papà è l’uomo che ha amato la mamma, che ne ha desiderato il corpo e che, amandola nel piacere, ha fecondato il suo ventre così che il bimbo possa esistere. La mamma è colei che ha amato il padre, e che ha portato il bimbo per nove mesi, condividendo con lui emozioni, ormoni e neurotrasmettitori. Il bimbo impara a riconoscere la sua voce al quarto mese di vita intrauterina, impara a riconoscere il suo odore nel canale del parto. Se il bambino perde la donna che lo ha portato nel suo ventre ha una ferita primaria, che non è sanabile. Ha gli ormoni da stress alti, un lutto che non può nemmeno essere elaborato dove la ferita è negata. Questi bambini con gli ormoni da stress alti hanno una depressione del sistema immunitario. Sono concepiti nel dolore, la donazione di ovuli è dolore. La gravidanza per altri è molto più problematica di una gravidanza normale. Questi bambini, se per disgrazia si ammalano, non hanno nemmeno la mamma vicino. Hanno vicino solo quelli che chiamo «proprietari». Dopo che avete ascoltato il signor Nicola Vendola chiedersi perché la gente non ami chi fa la sua scelta, raccomando a tutti di leggere Jephthah’s Daughters, storia delle vittime innocenti nella guerra per la famiglia «egualitaria», le vere testimonianze dei bambini vittime di questo tragico esperimento antropologico. Vi parleranno del dolore atroce per il genitore negato, dello strazio per la vita da scimmietta ammaestrata: sempre esibiti a spiegare la meravigliosa scelta del genitore di farli nascere orfani della stessa idea dell’altro genitore. Viene usato l’ampolloso termine famiglie arcobaleno, ma in realtà sono famiglie ottusamente monocolori, di persone incapaci di accettare la differenza. Una donna che non è in grado di accettare la potenza del corpo di un uomo dentro il proprio, di sentire la forza di due diversità che si incontrano, si scontrano e si fondono, non è capace di accettare la diversità del figlio maschio. Di gravidanza e di parto si può morire e si muore. Il corpo della madre ne porta i segni per sempre, anche quando tutto è andato bene. Anche nei parti più normali e fisiologici sia madre che figlio ne escono dolenti e stremati, dopo di che inevitabilmente si abbracciano, a meno che il neonato non sia immediatamente sequestrato per essere lavato e messo in un’insopportabile culla sterile, dove i suoi polmoni saranno spinti allo spasimo in un dolorosissimo pianto nella inutile ricerca di qualcuno che lo consoli (pratica ormai abbandonata, fortunatamente). L’abbraccio, l’odore della pelle, provoca in entrambi una sensazione di piacere mediata dalle endorfine. Questa scarica di endorfine è enorme nel neonato e ulteriormente aumentata da quelle contenute nel latte materno. Solo dove c’è dolore può esserci consolazione. Che il parto umano sia così lungo e doloroso, secondo alcuni fisiologi favorisce un attaccamento così grande da permettere una vicinanza lunghissima, dei molti anni necessari per rendere il bimbo adulto. L’attaccamento madre/figlio è l’emozione più potente che esista in natura e su questa è basata la sopravvivenza della vita. Tutte le altre emozioni sono pallide imitazioni. La vicinanza tra madre e figlio è protetta dal padre, dalla sua forza, dalla sua potenza virile. Il padre è colui che ha fecondato la madre amandola e che la protegge. Dove non c’è madre che possa consolare, il dolore resta non consolato, una ferita aperta. Quello che succede negli orfani. Essere separati dalla madre è una ferita primaria. I bambini «comprati», come quello di cui Nicola Vendola è «proprietario», non hanno famiglia. Le case dove vivono sono orfanotrofi con un unico «cliente». È la gravidanza, il periodo in cui il feto e la madre condividono i neurotrasmettitori, che determina l’epigenetica, l’adattamento che permette la sopravvivenza della specie. Se mamma ha sofferto la fame durante la gravidanza, il bambino avrà una forte tendenza a ingrassare (dove non c’è roba, meglio metterla da parte), e a non essere troppo alto (dove c’è poco, meglio non sprecare). Se la madre ha vissuto in condizione di stress alto, bombardamenti, violenza, il bambino tenderà ad essere estremamente ansioso e più facilmente aggressivo. Una mia carissima amica suonatrice di liuto durante la gravidanza del suo secondogenito ha provato tutti i giorni un pezzo di musica del barocco napoletano in previsione di un concerto dato all’ottavo mese di gravidanza. Dopo di che non ha più suonato quel pezzo. La volta in cui la radio lo ha trasmesso, suo figlio di quattro anni ha cominciato a canticchiarlo anticipando le battute.Il legame madre figlio è sacro. Quando il legame con la madre è spezzato, il bambino per tutta la vita esprime ormoni da stress, sempre, anche quando sembra tranquillo, e moltiplica il rischio di sviluppare depressione. Stesso discorso per la madre. Chiunque lo spezzi volutamente questo legame per me commette una cosa grave quanto un crimine. Nell’onnipresente figura dell’orfano, personaggio chiave di tutta la letteratura fantastica c’è questo dolore assoluto. Nel libro Milioni di farfalle, il neurochirurgo Alexander, adottato piccolissimo da una meravigliosa famiglia adottiva, ci spiega come questo dolore non sia mai superabile. Che questo dolore sia causato apposta, è intollerabile. Questi tizi affermano di amare i bambini di loro «proprietà». Figuriamoci se li odiavano. Nicola Vendola non è il solo ad aver usato questa pratica che crea dolore: la maggioranza degli utenti è costituito da donne che rubano la gravidanza, compresi i dolori del parto, a un’altra donna. Queste donne però tengono un profilo basso, sono i maschi come Nicola Vendola che si vantano, che rivendicano il loro diritto di maschi padroni di sfruttare il corpo delle donne. Baby Makers è il libro di Gita Aravamudan che spiega le gravidanze surrogate, le donne costrette a portare pericolose gravidanze multiple, costrette ad abortire i bimbi «difettosi» o le bambine (i clienti coreani e cinesi non le vogliono), ad avere il parto indotto il giorno in cui i clienti hanno prenotato l’aereo, ad abortire se il cliente cambia semplicemente idea. Ci dicono che esiste una gravidanza solidale. Posso regalare una trasfusione di sangue o un rene, che sono miei. Non posso regalare il diritto di un bambino ad avere sua madre, perché non mi appartiene. Esistono donne che portano una gravidanza per dare poi il bambino in mano a due sconosciuti, che per quanto ne sanno loro potrebbero essere stupratori o sadici? Si tratta di persone con la struttura «troppo gentile», dipendono dal giudizio altrui, hanno sempre linee di autoaggressione e spesso soffrono di disturbi alimentari. Per il bambino essere stato regalato è peggio di essere stato venduto. «Mia madre mi ha venduto aveva bisogno di soldi, io valgo quei soldi» è una frase paradossalmente migliore di «mia madre mi ha regalato perché non valgo niente». Per inciso: gli stupratori e i sadici esistono, ed esistono individui che fabbricano pedopornografia sadica. È un grosso vantaggio per costoro potersi comprare un bambino...
Christine Lagarde (Ansa)
Nel consueto bollettino, gli economisti della Bce (a guida francese) parlano di una Ue a due velocità trainata dalla crescita del Pil di Macron & C. Non citano la crisi politica più grave degli ultimi 70 anni, deficit fuori controllo, tagli al rating e spread zero con l’Italia.
Qualche settimana fa (inizio ottobre), era balzato agli onori delle cronache un report degli analisti di Berenberg che per la prima volta parlavano di un vero e proprio scambio di ruoli all’interno dell’Ue: «La Francia sembra la nuova Italia». Dietro a quel giudizio tranchant ci passa un’epoca di almeno tre lustri che parte da un altro mese di ottobre, quello del 2011, e dalla risatina tra gli allora leader di Parigi e Berlino, Sarkozy e Merkel. Il sorrisetto beffardo nascondeva un giudizio di inaffidabilità politica ed economica rispetto alla traballante situazione del governo Berlusconi e ai conti pubblici che a detta dei sostenitori dell’austerity dell’epoca, nel Belpaese non rispettavano gli impegni presi.
Jeffrey Epstein (Getty Images)
Pubblicati i primi file. Il trafficante morto misteriosamente in carcere disse: «Sono l’unico in grado di abbattere Trump».
La torbida vicenda che ruota attorno alla controversa figura di Jeffrey Epstein è tornata di prepotenza al centro del dibattito politico americano: nuovi documenti, nuovi retroscena e nuove accuse. Tutte da verificare, ovviamente. Anche perché dal 2019, anno della morte in carcere del miliardario pedofilo, ci sono ancora troppi coni d’ombra in questa orribile storia fatta di abusi, ricatti, prostituzione minorile, silenzi, depistaggi e misteri. A partire proprio dalle oscure circostanze in cui è morto Epstein: per suicidio, secondo la ricostruzione ufficiale, ma con i secondini addormentati e l’assenza delle riprese delle telecamere di sicurezza.
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
Requisiti una villa, conti correnti accesi in Italia e all’estero e due automobili, di cui una di lusso. I proventi di attività illecite sono stati impiegati nuovamente per acquisizioni di beni immobili e mobili.
Lo Scico della Guardia di finanza ha eseguito ieri un decreto di sequestro per circa 2,2 milioni di euro emesso dal Tribunale di Roma su proposta dei pm della Direzione distrettuale Antimafia, nei confronti di Giancarlo Tulliani, attualmente latitante a Dubai e fratello di Elisabetta Tulliani, compagna dell’ex leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale della Capitale ha disposto nei confronti di Tulliani il sequestro di una villa a Roma, di conti correnti accesi in Italia e all’estero e due autovetture di cui una di lusso, per un valore complessivo, come detto, di circa 2,2 milioni di euro. «Il profitto illecito dell’associazione, oggetto di riciclaggio, veniva impiegato, oltre che in attività economiche e finanziarie, anche nell’acquisizione di immobili da parte della famiglia Tulliani, in particolare Giancarlo», spiega una nota. «Quest’ultimo, dopo aver ricevuto, direttamente o per il tramite delle loro società offshore, ingenti trasferimenti di denaro di provenienza illecita, privi di qualsiasi causale o giustificati con documenti contrattuali fittizi, ha trasferito le somme all’estero, utilizzando i propri rapporti bancari.
2025-11-14
Casalasco apre l’Innovation Center: così nasce il nuovo hub del Made in Italy agroalimentare
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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