2019-08-28
Bimba avuta con l’utero in affitto abbandonata perché è disabile
La piccola, nata in Ucraina, ha avuto delle complicazioni che hanno indotto i genitori adottivi, americani, a fare dietrofront. Ora è di fatto apolide e non più adottabile. Nelle sue condizioni anche altri bambini.Commissionata e abbandonata. Si potrebbe riassumere così, parodiando il titolo del celebre film di Pietro Germi, la vicenda di Bridget, la bimba di tre anni che sta commuovendo l'opinione pubblica ucraina e non solo. In breve, è la storia di una figlia dell'utero in affitto che i committenti, una coppia statunitense, hanno deciso di scartare una volta venuti a conoscenza delle sue condizioni di salute. Sì, perché la piccola, nata prematura a 25 settimane con un peso di poco superiore agli 800 grammi nel febbraio 2016, dopo essere essere stata tenuta in grembo da una madre surrogata di Donec'k, città dell'Ucraina orientale devastata dalla guerra, avrebbe dovuto essere consegnata a Matthew S. E.T, di 39 anni, e la matura consorte Irmgard P., di 61.Peccato che le cose siano andate diversamente da come in un primo momento programmate. Infatti Bridget, oltre ad aver perso il fratellino gemello, morto con il parto, è risultata essa stessa non in piena salute. Più precisamente, i medici le hanno riscontrato danni cerebrali, cosa che ha spiazzato i genitori committenti, i quali hanno subito deciso di non portarla con loro negli Stati Uniti, dove sono prontamente ritornati. Non solo. Pochi mesi più tardi la coppia ha pure inviato una lettera con la quale chiedeva di far morire la piccola, rea di non essere abbastanza sana.«Il 25 maggio 2016», hanno infatti spiegato i due, «abbiamo appreso che Bridget è malata sia mentalmente e sia fisicamente, versando in uno stato vegetativo che non le darà mai la possibilità di diventare una persona normale». L'inquietante missiva proseguiva poi con un ambiguo giro di parole da cui però traspariva, alla fine, un chiaro invito all'eutanasia: «I medici consigliano e raccomandano di interrompere qualsiasi trattamento, così che lei possa trovare la pace». Della serie: eliminatela pure, ovviamente per il suo bene.Nonostante i non cattivi bensì pessimi auspici, la bimba però non solo non si decideva a a morire, ma continuava a crescere. Così, quando Bridget aveva quasi due anni, per l'esattezza 18 mesi, la coppia committente si è fatta nuovamente viva con una seconda lettera tramite la quale accordava il proprio assenso all'adozione della piccola, a cui, nel frattempo, era stato dato il cognome di entrambi. Il problema è che questo secondo messaggio non è stato riconosciuto come valido dalla legge ucraina, con il risultato che la bambina restava - e resta - sostanzialmente apolide, dato che nel frattempo non era stata presenta alcuna domanda per farla diventare una cittadina americana.Chi ha avuto il merito di scoprire e raccontare questa sconvolgente storia è Samantha Hawley, corrispondente per l'Europa dell'australiana Abc News. La Hawley è rimasta sulle tracce della piccola per molti mesi, finché non è volata in Ucraina ottenendo il permesso d'incontrarla. La bambina, che ora ha tre anni, si trova al Sonechko Children's Home, un istituto fatiscente di due piani a Zaporizhzhya, un centro industriale a Sudest di Kiev. Dopo un colloquio con Natalia Syvoraksha, la responsabile del dipartimento dell'infanzia del comune di Zaporizhzhya, la giornalista è riuscita a incontrare finalmente la bimba.L'ha trovata in compagnia di Marina Boyko, l'infermiera pediatrica dai capelli rossi fiammanti che se ne prende cura da tempo, e che ha per «Brizzy» - così ama chiamarla - parole cariche di affetto: «La considero la bambina migliore, la più bella, la più gioiosa e la più intelligente che possa esistere». Finalmente qualcuno che si sia presa a cuore le sorti di questa piccola, viene da commentare. Sorti che peraltro rimangono incerte.Infatti, se da un lato, come detto poc'anzi, ad oggi Bridget è di fatto priva di una cittadinanza, dall'altro tutto ciò non la rende adottabile, costringendola ad una permanenza in un orfanotrofio dove le possibilità di ripresa che avrebbe potuto avere in famiglia sfumano purtroppo giorno dopo giorno. Ad ogni modo, per capire meglio i contorni di questa incredibile vicenda, l'inviata di Abc News ha voluto incontrare anche Albert Tochilovsky, il proprietario di Biotexcom - realtà nota per promuovere e seguire la pratiche di maternità surrogata - il quale l'ha ricevuta presso la sede della società nel centro Kiev. In sostanza Tochilovsky, già reduce da accuse di traffico di minori, falsificazione di documenti ed elusione fiscale che gli sono costate gli arresti domiciliari, ha negato ogni coinvolgimento nella vicenda della piccola Bridget. Secondo lui la responsabilità è tutta di un'azienda fantasma che si spaccia per Biotexcom senza esserlo e soprattutto senza offrire, per così dire, le medesime garanzie.Sta di fatto che quello della bambina scartata dalla coppia americana, che nel frattempo si sarebbe attivata con altri canali per soddisfare le proprie pretese genitoriale, non è il solo caso di questo genere. Secondo Nikolai Kuleba, garante dei minori nominato direttamente dal presidente ucraino, ci sarebbero infatti almeno una decina di vicende simili. Storie cioè di bambini commissionati, nati tramite un procedimento di surrogazione di maternità, e infine scartati dai committenti in quanto non corrispondenti agli standard desiderati. Bridget è insomma solo la punta del vergognoso iceberg che Samantha Hawley, che sulla vicenda ha realizzato anche un toccante reportage televisivo, ha avuto il merito di smascherare.
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