2024-09-03
Niente tregua a Gaza, Biden incolpa Israele
Benjamin Netanyahu e Joe Biden (Ansa)
Per nascondere il fallimento americano nella crisi mediorientale, Sleepy Joe accusa Netanyahu di mettergli i bastoni fra le ruote. Un’uscita imbarazzante che rischia di ritorcersi pure contro Kamala. La quale finisce di nuovo nel mirino degli elettori pro Pal.La brutale uccisione dei sei ostaggi da parte di Hamas ha fatto irruzione nella campagna elettorale americana. Donald Trump è andato prontamente all’attacco dell’amministrazione Biden-Harris. «Datemi retta: questo è accaduto perché la compagna Kamala Harris e il corrotto Joe Biden sono dei pessimi leader», ha dichiarato. «Hanno le mani sporche di sangue!», ha proseguito, per poi aggiungere: «Questo terrore non sarebbe mai accaduto se fossi stato presidente, e cesserà il giorno in cui tornerò nello studio ovale».D’altronde, la crisi di Gaza rappresenta un fattore di vulnerabilità per la candidata dem. Durante la sua recente intervista alla Cnn, la Harris aveva detto di auspicare un accordo su ostaggi e cessate il fuoco. Il problema, per lei, è che è vicepresidente in carica e che l’amministrazione di cui fa parte sta cercando da mesi, senza successo, di mediare una simile intesa. Ieri, Biden è tornato per l’ennesima volta a dire che l’accordo sarebbe «molto vicino», aggiungendo però che Benjamin Netanyahu non starebbe facendo abbastanza, quasi a voler scaricare la responsabilità sulle spalle del premier israeliano. «È sconcertante che il presidente Biden stia facendo pressioni sul primo ministro Netanyahu [...] e non sul leader di Hamas Yahya Sinwar, che continua a rifiutare con veemenza qualsiasi accordo», ha replicato un funzionario israeliano. Per gettare acqua sul fuoco, la Casa Bianca ha successivamente precisato di considerare Hamas responsabile dell’uccisione degli ostaggi. Nel frattempo, il ministro degli Esteri britannico, il laburista David Lammy, storico amico di Barack Obama, ha annunciato una parziale sospensione della vendita di armi allo Stato ebraico, che ha a sua volta espresso delusione. La verità è che l’attuale amministrazione americana non riesce a toccare più palla in Medio Oriente. Israele non si fida di Biden e della Harris per la loro politica di appeasement verso l’Iran. Quello stesso Iran che, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di aiutare gli Stati Uniti nella regione e che, anzi, ha rafforzato i propri legami con Cina e Russia, non rinunciando a foraggiare il suo network terroristico (che va da Hamas a Hezbollah). Non è del resto un mistero che Netanyahu stia scommettendo sulla vittoria di Trump a novembre, nella speranza che il tycoon rispolveri la politica della «massima pressione» su Teheran. Di contro, la Harris, da presidente, sceglierebbe come consigliere per la sicurezza nazionale quel Phil Gordon che, nel 2015, fu tra gli architetti del controverso accordo sul nucleare iraniano.Ed è qui che sorge un duplice nodo per la campagna della candidata dem. Innanzitutto, insieme all’Afghanistan, la crisi di Gaza getta un’ulteriore ombra sulle sue capacità in politica internazionale. In secondo luogo, non bisogna dimenticare che l’ala filopalestinese della sinistra americana continua a mostrarsi sul piede di guerra. La candidata dem ha fatto di tutto per blandirla, scegliendo come vice Tim Walz al posto del filoisraeliano Josh Shapiro, e non partecipando al discorso tenuto a luglio da Netanyahu al Congresso. Eppure, nonostante queste concessioni, i pro Pal hanno contestato la Harris in vari eventi elettorali. Inoltre, durante la Convention dem di Chicago, hanno anche tenuto delle manifestazioni di protesta. Come se non bastasse, la campagna di boicottaggio elettorale condotta da alcuni gruppi arabo americani, originariamente chiamata «Abbandona Biden», ha cambiato il suo nome in «Abbandona la Harris». Un movimento, questo, che ha recentemente pubblicato una nota in cui afferma di stare «intensificando gli sforzi negli Stati chiave indecisi per mobilitare i musulmani americani e i loro alleati contro la candidatura della Harris e di Walz». «Questa azione è una risposta diretta al sostegno di Kamala Harris al genocidio in corso a Gaza», si legge ancora nel comunicato. Da sottolineare che questo movimento pro Pal è particolarmente influente in Michigan: uno Stato cruciale, la cui assegnazione potrebbe essere decisa da poche migliaia di voti.Nel frattempo, la Harris ha, sì, sentito i genitori dell’ostaggio israeliano-americano ucciso, Hersh Goldberg-Polin, esprimendo loro le proprie condoglianze. Tuttavia, Walz le ha creato non poco imbarazzo nelle scorse ore. Domenica, mentre il governatore partecipava a una fiera in Minnesota, un reporter gli ha chiesto: «Qual è la sua reazione alla notizia del ritrovamento dei sei ostaggi morti a Gaza?». «Va bene, grazie a tutti», ha replicato il vice della Harris, per poi andarsene subito dopo. Sommerso dalle critiche, Walz ha diffuso successivamente una nota, dichiarando: «Hamas è un’organizzazione terroristica brutale e condanniamo le sue continue atrocità contro americani e israeliani nei termini più forti possibili». Non è del resto la prima volta che Walz imbarazza la Harris sulla questione mediorientale. Ad agosto, il Washington Examiner riportò che, da governatore del Minnesota, il diretto interessato aveva più volte partecipato, tra il 2018 e il 2023, a eventi pubblici insieme ad Asad Zaman: imam radicale, de facto sostenitore del 7 ottobre e direttore esecutivo della sezione della Muslim American Society Minnesota. La stessa Cnn ha pubblicato un video risalente al 2018, in cui Walz definiva Zaman un «maestro». L’imbarazzo è stato tale che la campagna della Harris è dovuta intervenire, sostenendo che il governatore non intratterrebbe «relazioni personali» con l’imam. Insomma, per la vicepresidente, la strada continua a rivelarsi tutt’altro che in discesa.
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