2023-01-18
L’Fbi scova la gabola per «graziare» Biden sulle carte segrete trovate nei suoi uffici
Il Bureau, che mise a soqquadro la villa di Donald Trump in Florida, non perquisisce le dimore del presidente: «Sta collaborando».Cresce la tensione sullo scandalo dei documenti classificati, rinvenuti in alcuni locali privati di Joe Biden. Il portavoce della Casa Bianca, Ian Sams, è andato all’attacco del Gop. «I repubblicani della Camera non hanno credibilità», ha tuonato, «le loro richieste dovrebbero essere accolte con scetticismo e dovrebbero porre domande sul motivo per cui stanno politicizzando questa faccenda». Domenica, la commissione Sorveglianza della Camera aveva chiesto di visionare i registri dei visitatori della dimora privata di Biden a Wilmington, dove sono stati trovati alcuni dei documenti classificati: richiesta a cui la Casa Bianca ha risposto picche, sostenendo che tali registri non esisterebbero. A replicare alle critiche di Sams è stato il presidente della commissione Giustizia della Camera, Jim Jordan, che ha di recente avviato un’indagine sui documenti indebitamente trattenuti da Biden. «Perché la casa del presidente Trump è stata perquisita e quella del presidente Biden no?», ha protestato. «I repubblicani vogliono solo un trattamento equo e paritario ai sensi della legge».E qui veniamo a un nodo oggettivo in questa complicata faccenda. Che si sia finora registrata una disparità di trattamento nei confronti di Biden e Donald Trump da parte del Dipartimento di Giustizia è incontestabile. La villa dell’ex presidente fu perquisita dall’Fbi lo scorso agosto e soltanto a novembre è stato nominato dal ministro della Giustizia, Merrick Garland, un procuratore speciale che dovrà far luce sui documenti classificati trattenuti da Trump. Nel caso di Biden, al contrario, gli agenti federali non sono stati mobilitati dopo la scoperta della prima tranche di documenti, lo scorso 2 novembre, in un suo ex ufficio di Washington. La motivazione ufficiale è che, contrariamente all’ex presidente, l’attuale inquilino della Casa Bianca starebbe cooperando con le autorità competenti. Ma questa spiegazione regge? Cominciamo col dire che la ricerca e il ritrovamento dei documenti classificati di Biden sono stati condotti dagli avvocati dello stesso presidente. E qui iniziano i problemi. Gli avvocati non costituiscono un’autorità inquirente e, per definizione, tutelano gli interessi dei propri assistiti. Chi può quindi garantire che, nel cercare e trovare incartamenti, abbiano agito in modo realmente corretto e imparziale? È pur vero che, insieme ai legali, ha operato il consigliere speciale di Biden, Richard Sauber, che detiene l’autorità di trattare i documenti classificati. Si tratta tuttavia di una figura legata al presidente, che certo non aiuta da sola ad assicurare trasparenza. La questione è seria, anche perché i ritrovamenti avvenuti finora sono ben quattro. Almeno il secondo, verificatosi il 20 dicembre nel garage della casa di Wilmington, avrebbe quindi dovuto portare Garland a usare l’Fbi per cercare ulteriori incartamenti classificati nelle abitazioni private del presidente. Ma questo non è avvenuto. Eppure il fatto che dei documenti sensibili fossero tenuti in un garage non dovrebbe porre un tema di rischio per la sicurezza nazionale? A dirlo non sono solo i repubblicani, ma anche il potente deputato dem, Adam Schiff. E pensare che Trump fu tacciato di attentare alla sicurezza del Paese per aver conservato materiale classificato nella sua villa in Florida! D’altronde, se la questione dei documenti di Biden non fosse seria, difficilmente il procuratore federale, John Lausch, avrebbe dato parere positivo alla nomina di un procuratore speciale per indagare su questa vicenda: nomina alla fine arrivata giovedì da parte di Garland. Tra l’altro, il presidente, in Delaware, non ha solo la casa di Wilmington ma anche quella di Rehoboth Beach: abitazione in cui gli avvocati affermano di non aver trovato nulla. Ma sono loro a dirlo. Non varrebbe la pena che ci fosse una verifica da parte delle forze dell’ordine? Replicare che Biden starebbe cooperando lascia il tempo che trova. Anche Trump diceva la stessa cosa, eppure la sua casa fu perquisita. Inoltre, chi ci assicura che lo staff legale del presidente stia collaborando correttamente, se non c’è nessuno che controlla? E non è finita. A esprimere perplessità sul ricorso agli avvocati, anziché alle forze dell’ordine, è stato anche Jonathan Turley, docente di diritto alla George Washington University. «L’utilizzo di un avvocato privato consente a Biden di invocare il privilegio avvocato-cliente. Anche Trump ha usato un avvocato, ma alla fine l’Fbi ha fatto irruzione nella sua casa per cercare e rimuovere non solo materiale classificato, ma documenti trovati nelle scatole con quel materiale», ha scritto sul New York Post, ipotizzando che l’attuale presidente punti a «proteggersi dall’Fbi». Per Turley, l’uso di legali privati «ha inoltre consentito a Biden di controllare il ritrovamento e la registrazione iniziale della scoperta di informazioni classificate».E poi c’è un altro punto da chiarire. Questi documenti classificati risalgono all’amministrazione Obama, che Biden ha lasciato, a scadenza di mandato, il 20 gennaio 2017. Domanda: che cosa ha spinto i legali dell’attuale presidente a mettersi a cercare documenti classificati così vecchi soltanto a partire dall’autunno del 2022? Non è un po’ strano? Insomma, le domande aumentano, mentre la trasparenza, promessa da Biden all’inizio della sua presidenza, continua a latitare. E pensare che, commentando la perquisizione a casa di Trump, Nancy Pelosi aveva detto che «nessuno è al di sopra della legge». Principio sacrosanto, che dovrebbe valere però anche per Biden.
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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